| L'occasione per costruire questo modello che giaceva da diverso tempo assieme ad qualche altro metro cubo di plastica e resina in attesa di attenzioni, ni è venuta decidendo di partecipare alla campagna "Cold War Cook-off" su Armorama (un sito americano di modellismo di cui sono editor e parte dello staff) i cui soggetti dovevano aver servito, o essere stati concepiti, durante la guerra fredda. |
Un po' di storia All'inizio degli anni '80 l'Esercito Italiano dimostrò un rinnovato interesse nei veicoli blindati, in considerazione dei progressi fatti dalle tecnologie degli organi elastici per l'assorbimento del rinculo dei cannoni ad alta velocità iniziale, e dal miglioramento della mobilità fuori strada raggiunto dai veicoli multi-asse. Verso la metà degli anni '80 l'esercito stava ancora cercando un valido sostituto dell'M47 che era ancora in servizio con le unità di seconda linea. La probabilità di dover fronteggiare un attacco non più proveniente da "est" ma da altre parti della nostra penisola, risvegliò l'interesse nei veicoli che disponessero di elevata mobilità strategica e la possibilità di essere prontamente ridislocati senza la necessità di essere trasportati per via aerea o ferroviaria. La nuova minaccia era costituita principalmente da unità di fanteria meccanizzata o da blindati e fu ritenuto valido l'approccio di una soluzione ruotata. Nel 1984 l'Esercito Italiano fece richiesta l'industria nazionale di fornire una soluzione basata su di un mezzo ruotato:
- non pesantemente corazzato
- dotato di elevata mobilità
- munito di un'arma controcarro efficace
da adibire a compiti di difesa territoriale e di controllo di vaste aree con capacità anticarro e di esplorazione. Le specifice iniziali prevedevano:
- un peso di 20-25 tonnellate
- il motore frontale
- la torretta brandeggiabile sui 360°
- un pezzo da 105mm di calibro (in grado di utilizzare il munizionamento Nato standard correntemente in linea per il Leopard 1A1/A2I e l'M60A1
- un sistema di controllo del tiro in grado di ingaggiare il nemico di giorno, di notte ed in ogni condizione atmosferica
- la capacità di agganciare e distruggere mezzi blindati e corazzati da una distanza di 2000m
I primi prototipi furono presentati all'Esercito nel 1986 e fu scelta la soluzione proposta dal consorzio Iveco/Fiat/Oto Melara per arrivare al primo ordine di 400 esemplari nel 1988. Nel 1989 Edward N. Lutwak, professore dello Stategic and International Studies Centre di Washington D.C., disse in un suo intervento al Congresso che l'Italia con la Centauro era sulla strada giusta per fronteggiare la nuova dottrina messa in campo dal Patto di Varsavia. Disentata inizialmente per il supporto delle unità della fanteria meccanizzata, la Centauro fu assegnata solo ai reparti di Cavalleria. Alcuni esemplari furono acquisiti dalla Spagna (una ventina in servizio presso l'8° Lusitania) ed altre sono state prestate all'US Army per elaborare la dottrina della brigata leggera ad elevata mobilità.
Perchè la scelta di questo soggetto Da circa una decina di anni mi interesso solo di mezzi che hanno servito nei nostri Eserciti ed in particolar modo in Cavalleria. Anche se il mezzo (quello in scala 1:1 intendo) non mi convince molto a livello di concezione, progetto e prestazioni devo dire che mi sono innamorato a prima vista di questo mezzo della linea poderosa ed aggressiva solo per questioni estetiche. Non mi chiedete perchè ma mi piace davvero da matti! Come molti altri modellisti ho una discreta quantità di kit da costruire fra i quali "giacevano" un paio di Centauro. Così quando ho visto il reclutamento per la campagna ho pensato che fosse finalmente arrivato il momento di metterci su le mani e di condividere con altri il piacere di una costruzione senz'altro inusuale.
Il modello Il modello l'ho acquistato più tre anni fa. Si tratta di un kit "multimedia" di Corazzati prima che marchio e stampi fossero acquisiti da Italian Kits, ed è composto principalmente da parti in resina, un set di fotoincisioni ed un foglio di decalcomanie. Ad un primo sguardo la torretta sembrava corretta, lo scafo era letteralmente ricoperto di bolle d'aria, i bulloni integri per il fissaggio delle corazzature dello scafo erano forse due o tre, le ruote oltre a non avere quasi nessuno dei bulloni intatti mancavano di circa il 50% del battistrada una volta tolte dalle "materozze". Onestamente, pur riconoscendo a Corazzati il merito di aver realizzato un modello che altrimenti avrei dovuto autocostruire, per un controvalore attuale di circa 130 Euro credo fosse lecito aspettarsi di meglio.
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Come si presentava lo scafo |
La torre Come mio solito (e probabilmente sbagliando come vedremo in seguito) ho iniziato il montaggio partendo dalla torre. Lo scudo frontale del cannone presentava fori di dimensioni errate sia per il cannocchiale di puntamento che per la mitragliatrice coassiale ed i relativi tappi presentavano delle grosse bolle d'aria, cisì ho deciso di rifarli. Con un trapano ho forato lo scudo in modo da alloggiare delle sezioni di tubo di rame di diametro appropriato e di costruire dei nuovi tappi in metallo aiutandimi nel sagomarli con una fresa montata su di un trapanino elettrico. Anche il cannone presentava problemi essendo leggermente corto e con le parti molto storte che sono state addrizzate riscaldandole con un asciugacapelli, forate per alloggiare un'anima metallica ed è stato allungato con una rondella metallica. Trattandosi di una prima serie, la torre avrebbe dovuto montare dei lanciagranate come quelli del Leopard 1A1/A2, ma quelli provvisti sembravano ripresi da quelli di un M113 o derivato. Li ho sostituiti autocostruendo con del plasticard un nuovo supporto e dei tubi provenienti da un Leopard trovati nella "scatola magica" (quella degli avanzi) e li ho dettagliati con una catenella autocostruita utilizzando due fili di rame intrecciati ed appiattiti con l'aiuto di un piccolo martello ed una piccola incudine. Per riprodurre il telino di protezione ho utilizzato un pezzo di camicia replicando con filo di rame di diverso spessore gli anelli ed il cavetto che lo assicurano alla torre ed allo scudo. Il cesto posteriore è stato fatto con del filo di rame utilizzando i supporti in fotoincisione forniti con il kit. Ho preferito saldarli invece che incollarli per conferirgli maggiore robustezza. Ho anche costruito i maniglioni di sillevamento con lo stesso procedimento dei tappi e riproducendo le saldature con del Milliput.
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Lo scudo prima e dopo la cura | Il cesto posteriore |
Lo scafo Per iniziare ho dovuto rimuovere dallo scafo tutti i bulloni ed il loro alloggiamenti in quanto danneggiati e comunque errati nella forma e nelle dimensioni. Spremendomi un po' le meningi ho utilizzato la tecnica descritta nella guida
Come riprodurre le rondelle e per i bulloni ho usato un Punch & Die a sezione esagonale. Ed arriva il momento di porre rimedio al problema delle bolle. Le più grandi le ho riempite con dello stucco, mentre per quelle più piccole l'unica soluzione è stata quella di utilizzare della colla cianoacrilica. E' stata la parte più seccante della costruzione perchè ad ogni passata di carta abrasiva per spianare stucco e colla in sovrappiù se ne aprivano di nuove. L'idea originale era quella di fare il veicolo con i primi due assi sterzati, cosa non consentita dalle sospensioni fornite, così ho costruito da zero una sospensione completa e funzionante con tubi di rame molle, ecc. ma una volta montata mi sono accorto che il vano passaruota non era abbastanza profondo da alloggiare la ruota all'angolo di sterzata desiderato e quindi non ho perso altro tempo e le ho montate diritte, visto che sarei andato oltre il tempo limite consentiro dalla campagna se avessi dovuto fare le altre sette sospensioni mancanti e le modifiche allo scafo. Un altro lavoro abbastanza lungo e chiaro fin dall'inizio sono state le ruote con una grossa porzione di battistrada mancante e quasi tutti i bulloni da rifare. La prima idea è stata quella di ricostruirle da zero ma anche qui il tempo non sarebbe stato sufficiente, per cui mi sono limitato a ricoprire di Milliput la parte mancante e a riscolpire il battistrada di tutte e otto le ruote a mano e, sempre con l'aouto del Punch & Die a sezione esagonale, a sostituire tutti i bulloni. Non sono stato soddisfatto al 100% del risultato ma anche qui non avevo alternative. Sui lati dello scafo ci sono due modanature che montano le luci di ingombro per i trasferimenti stradali e che di norma vengono smontate in ziona operativa. Ho cercato di lavorare quelle in resina che vengono con il modello ma non sono riuscito a raddrizzarle in modo tale che si fissassero correttamente, così le ho ricostruite utilizzando del plasticard e della lamina di rame, riproducendo le luci con dell'half rod di Evergreen. Un'altra cosa che ho notato è che buona parte delle fotoincisioni mi sembra, anche dopo aver consultato la documentazione in mio possesso, che si devono piegare al contario rispetto al verso normale per ottenere la corrispondenza con la documentazione fotografica. Terminato il lavoro sullo scafo, avevo la sensazione che ci fosse qualche cosa che non andava, ma esaminando lo scafo e la torre separatamente non riuscivo a capire cosa fosse. Poi montando la torre sullo scafo e messo mano all'archivio fotografico, finalmente la lampadina si è accesa: lo scafo era di un veicolo della seconda serie, mentre la torre era di uno della prima! Se devo essere onesto la tentazione di lasciar perdere (o di far di peggio) è stata forte, ma alla fine ha prevalso il fatto di vedere chi avesse la testa più dura: se lei o io!
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Il lavoro di dettaglio svolto sullo scafo |
La torre della seconda serie Le torri delle Centauro della seconda serie differiscono leggermente da quelle della prima. Montano di tubi lanciagranate da 80mm che non sono più montati sulle pareti laterali della torretta ma esternamente in verticale davanti al cesto posteriore. E' stata una modifica che non ha preso più di un paio d'ore utilizzando tubi e prifilati in plasticard. Inoltre devono essere eliminati due contenitori cilindrici sui lati della torre. L'unica cosa un po' complessa è stato stabilire il sistema giusto per replicare le corazzature aggiuntive. Il primo tentativo l'ho fatto utilizzando della lamina di rame ma non mi ha soddisfatto. Allora ho realizzato il prototipo di una singola piastra utilizzando fogli e profilati in plasticard e replicandone la testurizzazione incollando sopra di essa della stagnola presa da un pacchetto di sigarette. Completati i tre prototipi li ho passati ad un amico (grazie Siro!) perchè me li stampasse in resina. Una volta ricevute le stampate ho posizionato i supporti sulla torre facendoli con del filo di rame, striscioline di plasticard e tubicini di ottone e sono poi passato a sagomare individualmente le dieci piastre che compongono le corazzature aggiuntive di cui solo due hanno la stessa forma e dimensione.
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La torre di prima serie | Il primo esperimento della seconda | La torre di seconda serie |
Colorazione e insegne Se mi piace molto dettagliare ed autocostruire, non posso dire altrettanto per quanto riguarda la colorazione. Ogni volta che arrivo al punto di dover mettere mano all'aerografo ho bisogno di una sorta di training autogeno di un paio di giorni prima di decidermi a farlo! Una volta presa la decisione ho applicato una mano di primer acrilico bianco applicata ad aerofrafo al fine di omogeneizzare i vari materiali che compongono il kit. Una volta asciutto ho applicato, sempre ad aerografo, la preombreggiatura nei punti plausibilmente in ombra e nei recessi del modello con del Tamiya XF-1 (Flat Black). Lo stesso è stato fatto per le ruote. Lasciati asciugare modelli e ruote ho mascherato le ruote lasciando scoperti solo i cerchi. Ho quindi steso sul modello una miscela di Tamiya XF-67 (NATO Green - 3 parti), Tamiya XF-2 (Flat White - 1 parte) e Tamiya XA-20 (diluente - 5 parti). Ho poi applicato una mano di Future, sempre con l'aeropenna per preparare il modello per l'applicazione delle decalcomanie e del lavaggio. Volevo realizzare un mezzo del Reggimento Cavalleggeri Guide (19°) fra i più noti al pubblico perchè spesso impegnato in missioni di pace all'Estero. Come al solito le decal provengono dal catalogo A.W.D. Essendo tali decal sottilissime, non necessitano di alcun prodotto aggiuntivo se non l'applicazione di una goccia d'acqua distillata per facilitarne il corretto posizionamento. Dopo che si sono asciugate passo un'altra mano di Future per fissarle.
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Lo scafo con primer e preombreggiatura | Lo scafo dopo la verniciatura | Future e decal applicate |
Invecchiamento Non sono un amante dei modelli troppo o esageratamente invecchiati, mi piace rappresentarli in condizioni di normale operatività. Ho iniziato l'invecchiamento con l'applicazione di un lavaggio selettivo con della Terra di Siena Bruciata ad olio di Winsor & Newton diluita al 90% con del White Spirit attorno ai particolari in rilievo e nei recessi del modello. Una volta soddisfatto dell'effetto ottenuto fisso il lavaggio con del Testors/Modelmaster Dullcote diluito al 50% con il suo diluente applicato ad aerografo. Successivamente ho applicato un filtro (98%-99% di diluente contro 1-2% di colore) con dell'Olive Gree Winsor & Newton ad olio applicandolo cin un pennello umido, non intriso di soluzione. per smorzare gli eventuali contrasti troppo forti fra il colora di base ed il lavaggio. Per chi mastica l'inglese un'ottima spiegazione di cosa si aun lavaggio la può avere leggendo
questo articolo di Miguel "Mig" Jimenez. Lasciato il modello ad asciugare per una notte ho fatto due leggeri passaggi a pennello secco sui particolari in rilievo e sui punti dove la luce rifrange maggiormente. Il primo utilizzando un misto di Olive Green, Naples Yellow e Titanium White a olio della Winsor & Newton; il secondo, più selettivo, usando solo Olive Green e Titanium White. Perchè gli oli? Perchè diventando vecchio e brontolone preferisco lavorare con quello di cui sono in controllo. In caso di errori gli oli si miscelano bene e sono facilmente rimovibili anche dopo diversi minuti utilizzando un panno asciutto, pulito e che non lasci pelucchi.. Completato il drybrush ho messo al centro dei pannelli una puntina di Naples Yellow, sempre ad olio e sempre Winsor & Newton "tirandolo" verso l'esterno con un pennello inumidito con del White Spirit. Sono poi passato all'applicazione di pigmenti per riprodurre gli accumuli di polvere a "secco" usando un mini pennellino di quelli sollitamente usati dalle signore per il trucco. Anche sull'uso dei pigmenti c'è un
ottimo articolo di "Mig". Le poche parti che mostrano il metallo nudo sono state evidenziate utilizzando una matita 3B.
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Tre particolari del modello dopo l'invecchiamento |
Conclusioni Non sarei così critico come lo è stata la rivista francese "Steel Master", definendo come unico merito del kit della Centauro di Corazzati "quello di esistere". Tutto sommato è stato un gran lavoro e le sfide proposte dalle imperfezioni presenti nel modello di base hanno aggiunto pepe alla costruzione e mi hanno fatto aguzzare l'ingegno. Non consiglierei il montaggio di questo kit ad un principiante o a qualcuno che si avvicina per la prima volta ad un kit in resina viste le particolari problematiche che presenta ed in tutta onestà, almeno per il kit che mi è capitato, per quello che l'ho pagato potevo senz'altro aspettarmi di meglio. Una cosa che mi ha lasciato quantomeno perplesso è che ci sono alcuni particolari, come ad esempio la MG 42/59, di pregevolissima fattura mentre molte altre lasciano assolutamente a desiderare. In ogni caso questo kit non dovrebbe essere di facile reperibilità ed il suo successore, prodotto e commercializzato da Italian Kits, a prima vista sembra non soffrire dei problemi del modello originale di Corazzati. Ne ho appena ricevuta una e sarà mia premura iniziare a lavorarci al più presto in modo tale da poterla mettere a confronto con quella oggetto di questo articolo. Come anticipazione posso dire nel modello di Italian Kits le sospensioni sono state rifatte, così come le ruote, le modanature laterali (fornite questa volta in fotoincisione) e diversi altri dettagli così come mi sembra che scafo e torre siano virtualmente prive di bolle.
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Alcune viste del modello finito ed ambientato |