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Aerei ed elicotteri : Articoli : Nakajima J1N1 Night Fighter Gekko Type 11 Early version "Irving"
Inviato da Plamod il 14/6/2006 18:22:46 (1896 letture)

Breve storia del velivolo e realizzazione del modello Kit : Tamiya - item n° 61078-3200 - scala 1/48


LA STORIA
Verso la metà del 1938, la Marina Imperiale Giapponese decise di sviluppare un caccia bimotore a lungo raggio, per la scorta ai bombardieri Mitsubishi G3M basati a terra. Mentre l’autonomia di questi velivoli era molto ampia (da 2800 a 4500 Km), quella dei caccia che costituivano solitamente la scorta, i Mitsubishi A5M, non superava i 1200 Km; mentre le potenzialità del Mitsubishi A6M (Zero) sulle lunghe distanze, ancora non erano note.
Verso la fine del 1938, venne pertanto manifestato l’interesse a sviluppare un caccia bimotore biposto a lunga autonomia, sulla falsariga del Messerschmitt BF 110 tedesco o del Potez 630 francese.
Le richieste del ministero della difesa furono le seguenti :

  • il velivolo doveva avere lunga autonomia
  • doveva essere equipaggiato con numerose armi pesanti in varie configurazioni
  • la velocità doveva essere di 10 nodi superiore al più veloce caccia monomotore del periodo (lo Zero)
  • la manovrabilità doveva essere uguale a quella dello stesso Zero.
La realizzazione pratica delle succitate specifiche, fu alquanto problematica, tanto che gli ultimi due obiettivi non vennero centrati.
Nel marzo del 1939, la Mitsubishi e la Nakajima, iniziarono le fasi di ricerca e sviluppo del nuovo velivolo, ma alla fine la commessa venne vinta dalla Nakajima, e al velivolo venne assegnato il nome di “13 SHI, caccia bimotore basato a terra J1N1”. Il “13” si riferiva al 13° anno dello “SHOWA”, che è il sistema di conteggio degli anni usato in Giappone e “SHI” significa “Prova”. Inoltre la “J” della sigla J1N1, indica che il velivolo è basato a terra e la “N” identifica la Nakajima; i due numeri uno, indicano invece che si tratta della “prima” versione,del “primo” caccia della marina basato a terra.
Il primo esemplare di J1N1 venne completato nel marzo del 1941, venne equipaggiato con due motori “SAKAE”, modello 21 a 14 cilindri radiali (2 livelli di potenza 980 hp e 1130 hp per la spinta al decollo). L’equipaggio era costituito inizialmente da tre membri e, l’armamento era costituito da un cannone da 20 mm, e sei mitragliatrici da 7,7 mm. Una caratteristica particolare del velivolo, era la collocazione delle armi da 7,7 mm in due torrette, controllate a distanza, poste sul retro della fusoliera. Questo sistema si dimostrò troppo complesso, soggetto a frequenti inconvenienti e poco pratico all’uso.
Nel maggio del 1941, iniziarono i test in volo dell’aereo; questi vennero presto ripetuti, a causa delle torrette delle armi da 7,7 mm, che essendo troppo pesanti spostavano il peso del velivolo sulla parte posteriore, riducendo la sua stabilità e, peggiorando la manovrabilità; l’aereo si dimostrò inadeguato al combattimento contro i caccia monomotore. Giunse presto la decisione di abbandonare l’uso come caccia del J1N1.
Lo sviluppo fu pertanto arrestato dopo la produzione dei primi nove prototipi, ma si decise comunque di lavorare, per incrementare le capacità a lunga autonomia, in vista di una sua possibile utilizzazione come ricognitore a lungo raggio, basato a terra.
Venne sviluppata la versione J1N1 – R (ricognizione) Le forze alleate, iniziarono massicci bombardamenti notturni, contando anche sul fatto che i piloti Giapponesi non erano addestrati al volo di notte e, tanto meno erano disponibili velivoli da caccia notturna che potessero costituire un serio pericolo. Il comandante del 251° Sqd. Command Yasuna Kozono, propose un nuovo modo di affrontare il nuovo pericolo. Su due aerei abbandonati, Type 13 –SHI, montò due cannoni da 20 mm e li portò a Rabaul, con lo scopo di usarli come caccia notturni. Le due armi vennero installate in posizione obliqua, dietro l’abitacolo nella parte superiore della fusoliera, inclinate di 30° in avanti. Questa configurazione, faceva sì che il velivolo doveva seguire una rotta parallela, ad una quota inferiore, rispetto al bersaglio. In effetti l’attacco, per essere efficace, doveva avvenire a brevissima distanza dal bersaglio; la differenza di altitudine non poteva superare i 50/70 metri, ed il raggio di fuoco delle armi, doveva essere compreso tra i 100 e i 150 metri. Le armi oblique si dimostrarono subito efficaci; il 21 maggio del 1943, il velivolo condotto dal Sergente Kudo e dal Tenente Sugawara abbatté un B-17, durante un’intercettazione notturna; successivamente un altro B-17 venne abbattuto, sui cieli di Rabaul, dal velivolo armato in questo modo.
Le prime vittorie ottenute, fecero si che i due velivoli, Type 13- SHI e Type 2 da ricognizione, vennero subito riconvertiti e armati in questo modo aggiungendo poi altri due cannoni da 20 mm nella parte inferiore della fusoliera. Ogni arma aveva in dotazione 100 proiettili.
Nacque così il “GEKKO Type 11” (11 significa prima fusoliera e primo motore); per installare il nuovo armamento, vennero rimosse le armi fisse da 7,7 mm e l’antenna al centro della fusoliera. Su alcuni velivoli vennero montate tre armi sulla parte superiore e nessuna sulla parte inferiore. Di questo tipo di velivolo ne vennero prodotti 486 esemplari. La configurazione obliqua delle armi, venne adottata anche su altri tipi di velivoli come il “SUISEI”, (Yokosuka D4Y) bombardiere imbarcato e il “GINGA ( Yokosuka P1Y1) bombardiere basato a terra e, vennero convertiti in caccia notturni.
Anche la Germania aveva il problema di porre freno ai bombardamenti notturni degli alleati e, di conseguenza armi da 20 e 30 mm., vennero installate sul Messerschmitt BF 100, sullo Junkers JU 88 e sull’ Heinkell HE 219. Da notare che nello sviluppo e nell’uso di quest’arma Germania e Giappone non si influenzarono vicendevolmente. Dopo i primi abbattimenti di B-17, nel maggio del 1943, i Gekko abbatterono altri trenta tra B-17 e B-24 nella zona delle isole Salomone.
Vennero realizzate altre varianti di Gekko, come la Type 11 Early Version, con la parte superiore della fusoliera a gradini; la Type 11 Late version, con la parte superiore della fusoliera dritta e due sole armi e la Type 11 KO dotata di radar FD.2 sul muso. Altre modifiche, di una certa importanza, riguardano i collettori di scarico che, in alcune versioni, erano raggruppati e si trovavano dietro i motori nella parte superiore dell’ala e, in altre,erano separati e ai lati dei motori. Tra il 1944 e il 1945, i Gekko vennero impiegati per la difesa aerea del Giappone, contro i B-29 e vengono segnalati altri sei abbattimenti di Super Fortezze. Ma la maggiore velocità dei B-29, il superiore armamento difensivo, e la migliore corazzatura resero presto i Gekko insufficienti a contrastare la straripante offensiva Americana.
La produzione di Gekko si interruppe nel settembre del 1944.

Caratteristiche
Equipaggio: 2 uomini
Lunghezza: 12,77 m
Apertura alare: 16,98 m
Altezza: 4,56 m
Peso: 4852 Kg
Peso a pieno carico: 6900 Kg
Peso massimo al decollo: 7572 Kg
Motori: 2 x SAKAE Type 21 (1130 hp al decollo, 1100 hp a 2850 mt, 980 hp a 6000 mt.)
Capacità carburante: 2460 lt (+ 2 serbatoi alari da 330 lt ciascuno)
Diametro eliche: 3,05 m
Velocità max: 507 Km/h a 5850 m
Velocità di crociera: 333 Km/h 4000 m
Raggio d’azione: 2545 Km
Armamento: 4 cannoni da 20 mm (poi solo due)
Bombe: due da 30 Kg fino a 250 Kg l’una

IL KIT

La box art, rappresenta un Gekko che vola tra le nuvole; aprendo la confezione, troviamo i pezzi (160 circa) suddivisi in sette stampate, più quella dei trasparenti. Quest’ultima prevede una cappottina completamente chiusa, ed una aperta; i trasparenti sono di ottima qualità. Le parti del modello sono estremamente dettagliate; da segnalare in particolare le pareti interne della fusoliera e i vani dei carrelli. I maniaci del superdettaglio, avranno poco lavoro da fare; infatti la qualità generale del kit è ai più alti livelli per la Tamia, molto curati sono i motori (vedere le testate) e i relativi scarichi. Le pannellature, tutte in negativo, sono estremamente fini e correttamente riprodotte. Le decals a disposizione, hanno il pregio di non essere troppo lucide e il difetto di non avere uno spessore particolarmente ridotto; permettono di realizzare due esemplari diversi a scelta del modellista.. Il libretto d’istruzioni, divide la lavorazione in sedici fasi, buona parte delle quali, dedicate alla realizzazione dell’abitacolo a quella delle armi e del vano delle armi. Il cockpit è riccamente dettagliato. Buona parte del tempo di realizzazione, verrà impiegato per questa porzione di modello, e questo è anche dovuto al fatto che, l’opera di colorazione è particolarmente minuziosa, data la gran quantità di vernici da utilizzare. Questo kit può tranquillamente essere realizzato “da scatola”, dato il livello generale del prodotto; volendo, si possono aggiungere e classiche cinture di sicurezza in fotoincisione, (rinunciando però alle figure dell’equipaggio); quelle presenti infatti, sono decal che non vale la pena utilizzare. Come documentazione integrativa, suggerisco per la collana Modeller’s eye series, il fascicolo n° 1 dedicato al Gekko Type 11. Questo volume, strettamente imparentato con la collana Aero Detail, è veramente eccezionale per qualità e quantità di foto (testo in Giapponese e Inglese). Sono presenti gli schemi delle versioni realizzate e le relative descrizioni; alla fine, alcune pagine, vengono dedicate proprio al kit della Tamiya.

LA LAVORAZIONE
La prima cosa nella quale ci si imbatte, è la realizzazione del cockpit e delle due figure dell’equipaggio. Una volta individuate le parti, (quasi tutte in un’unica stampata, la C) queste vengono rimosse e preparate per la verniciatura. La plastica è piuttosto morbida e, il distacco delle parti dal telaietto, è un’operazione che non crea particolari problemi. Oltre alle tinte standard, (22 tipi di vernice) ne vengono evidenziate altre due una, delle quali è l’RLM Grey per alcune parti del pannello strumenti del navigatore, e l’altra è una miscela di tre parti di X13 (metallic blue) e una di X25 (clear green). Questa miscela dovrebbe ricreare l’interior green del velivolo; in realtà lasciando le percentuali come indicato nel fogli di istruzioni, il tono di colore da ancora troppo sul blu. Occorre cambiare la proporzione del verde, (da una a due parti) per arrivare ad una tinta “vagamente” somigliante al verde abitacolo. Sul piano del cockpit verranno inseriti i sedili per l’equipaggio, i pedali di comando, la cloche per il pilota, il pannello strumenti per il pilota e per il navigatore, ed infine (la cosa è opzionale naturalmente) è possibile inserire le figure del pilota e del navigatore/armiere. Le parti da montare in questa fase sono poche, ma occorre parecchio tempo per verniciare tutti i dettagli. Completata la verniciatura, il montaggio non presenta alcuna difficoltà e le componenti si inseriscono tra loro senza problemi.


Successivamente si passa alla realizzazione degli interni della fusoliera; le pareti interne, nella zona dell’abitacolo, vengono verniciate con l’interior green, di cui abbiamo parlato precedentemente,mentre la sezione anteriore e posteriore vengono verniciate in Titanium Silver (X32). Buona parte del tempo viene impiegata a verniciare i pannelli degli strumenti. Per renderli più realistici, ho utilizzato il bianco (XF2), il giallo (XF3) e il rosso (X7) per evidenziare alcuni pulsanti dei pannelli stessi.


Nella parte anteriore della fusoliera vengono poi montate 2 serie di tre bombole d’ossigeno. Ho utilizzato la tecnica del drybrush, impiegando il chrome cilver (X11), per evidenziare scrostature e usura sia sui pannelli dei comandi, che sulle bombole, facendone uso anche per le pareti interne della fusoliera. Alla fine ho inserito il cokpit e ho accoppiato le due semifusoliere. Solitamente elimino i perni di riscontro e accoppio le semifusoliere, allineandole a mano, ma in questo caso, non essendoci stati problemi di allineamento delle parti, non ho effettuato questa operazione. La fase successiva prevede la realizzazione del telaio che contiene le armi; la struttura è complessa, ma si monta con facilità data la precisione degli incastri. A telaio montato vengono inserite le armi oblique sulle quali, in precedenza, era stato montato il caricatore delle munizioni. L’insieme viene verniciato in nero opaco e viene data una passata di drybrush, sempre con X11 chrome Silver, per evidenziare alcuni dettagli delle armi e dare un po’ di profondità al tutto. Successivamente, il cestello così realizzato, viene inserito nel suo vano.


A questo punto, dopo aver inserito il cockpit con i due piloti,vengono accoppiate le semifusoliere. L’allineamento delle parti è praticamente ottimale e non presenta problemi. Dal vano lasciato aperto nella zona superiore della fusoliera, viene inserito il telaio con le armi; l’inserimento avviene con un certo sforzo data la precisione degli incastri. Successivamente si montano la semifusoliera superiore e il muso del velivolo, all’interno del quale, verrà inserita una luce d’illuminazione. La fase di lavorazione n° 9 prevederebbe verniciatura e il montaggio del carrello posteriore di atterraggio e del trasparente sotto il muso per l’osservazione aerea. Come mia abitudine, i trasparenti li assemblo alla fine, come pure i carrelli che temporaneamente mi limito a verniciare ma non a montare. Anche l’accoppiamento delle ali non presenta difficoltà; quella inferiore è un pezzo unico, mentre le superiori sono scomposte in due parti, alle estremità delle quali verranno inseriti i terminali alari. Questi, lasciano un leggero scalino con la parte principale dell’ala, che ho ridotto scartavetrandolo. E’ stato necessario forare, con un mandrino a mano, i punti dove vanno applicati i serbatoi supplementari (zona centrale delle ali) e le due bombe (centro fusoliera) Vengono poi accoppiate la fusoliera e le ali; anche in questo caso non ci sono particolari problemi; viene lasciato un leggere spazio, meno di un millimetro tra la fusoliera e la radice dell’ ala da entrambi i lati della fusoliera, che ho riempito con lo stucco Milliput.


Come step successivi ho provveduto ad assemblare e a verniciare le componenti dei motori; per quanto riguarda le testate radiali dei cilindri, ho eseguito una verniciatura in gun metal ed un successivo dry brush in chrome Silver. Considerato che una volta montata la copertura dei motori e le eliche si vede ben poco, non ho effettuato lavaggi ad olio. I carrelli, non presentano difficoltà particolari; si inseriscono nei vani a loro destinati con grande precisione. Il piccolo carrello posteriore va talmente a pressione che si potrebbe anche non incollare. Come dettaglio aggiuntivo ho inserito i tubi dell’impianto idraulico dei freni, su tutti i carrelli, realizzati con il filo di rame verniciato in nero. Successivamente, ho assemblato e verniciato le due bombe e i due serbatoi supplementari a disposizione nel kit Per quanto riguarda la verniciatura del modello, c’è da dire che trattandosi della versione da caccia notturna, l’aereo è completamente verniciato in Imperial Japanese Navy Green (Tamiya XF11). Ho scelto, per una mia personale curiosità, di non applicare tecniche di lavaggio ed invecchiamento al modello, a parte una preombreggiatura sulle linee dei pannelli, eseguito con un rapidograph ad inchiostro di china. Al termine ho applicato una prima mano di vernice trasparente lucida, prima di applicare le decals. Ho usato il trasparente lucido della Gunze a bomboletta spray. Per la prima volta ho usato lo “spray” e non ho avuto controindicazioni di sorta; l’applicazione ha dato un risultato di buona uniformità. Dopo aver applicato le decals ho ripassato il trasparente lucido (sempre spray) e, alla fine, ho ricoperto il tutto (questa volta ad aerografo) con il trasparente opaco sempre della Gunze. A questo punto ho inserito tutti i trasparenti : le luci di posizione alle estremità alari, la finestra per la ricognizione sotto l’abitacolo e, il trasparente sul muso, che lascia intravedere il faro per l’atterraggio e/o illuminazione del bersaglio. Le cappottine fornite col kit sono due: una completamente chiusa, ed una con i pannelli di accesso alla cabina aperti. Ho optato per quest’ultima verniciando prima l’intelaiatura internamente ed esternamente e, applicando poi la cappottina all’abitacolo, utilizzando la colla Clearfix per trasparenti.

CONCLUSIONI

Il kit presenta diversi meriti tra i quali mi preme ricordare la facilità di montaggio, la corretta scomposizione delle parti e le linee dei pannelli veramente fedeli all’originale. E’ il primo kit sul quale praticamente non ho quasi usato lo stucco e, anche le carteggiature, sono state veramente limitate ( a proposito : attenzione perché la plastica è abbastanza tenera e occorre pertanto scartavetrare con delicatezza) Può essere realizzato sia da modellisti esperti, che sapranno valorizzarlo con una verniciatura adeguata, sia da modellisti alle prime armi che non troveranno difficoltà di nessun tipo e potranno realizzare un buon modello.

 

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