Il kit si presenta bene, le stampate di plastica sembrano MPM con un buon livello di dettaglio e con grande facilità di lavorazione. Le resine sono curate e a prima vista l’abitacolo sembra la versione pantografata degli interni del 1/48 hasegawa (vedi bombola ossigeno sul pannello di dx) che del resto è uno dei più belli. Alcuni particolari però non sembrano di facile lavorazione come per esempio i due braccetti del vano carrelli che, come descriverò in seguito, danno l’idea di essere decisamente caustici nel separali dalla resina di supporto. Anche i fotoincisi hanno un aspetto notevole che viene confermato dalla marca incisa sul telaio e cioè la Eduard. Le decals sono cartograf e non spenderei altre parole poiché meglio non c’è.



Io ancora non ho capito se quando un modello viene dato per ”esperti” si intenda che
1) è così dettagliato che è un peccato sprecarlo se non hai la giusta manualità per valorizzarlo
2) è da rifare tenendo le varie parti come “esempio” o meglio “idea” della strada da seguire
Il primo dubbio sorge quando vengono assemblati gli interni. Il cruscotto non combacia con le parti laterali che riproducono la fusoliera interna all’abitacolo, addirittura coprono parte della strumentazione e sono troppo strette nella sede che lo accoglie. Certo allargarlo non è un problema… Sulle istruzioni sono indicate la posizione corretta sia del collimatore, sia della bussola. Invece sul pezzo le due parti sono rovesciate: il collimatore a sinistra e la bussola a destra. Inoltre la bussola è completamente fuori scala( 1/48 al posto di 1/32?). Sulla destra del collimatore in originale c’è l’orologio totalizzatore completamente assente nel kit eppure presente in qualsiasi fotografia d’epoca o recente degli esemplari esposti nei vari musei.


Il momento più critico che io ho trovato è stato il momento di assemblare l’abitacolo dentro la fusoliera. Le resine laterali dell’abitacolo sono troppo spesse come la stampata della semifusoliera il risultato è semplice: non ci sta. Le soluzioni sono due: riprodurre i longheroni e tutte le parti interne col plasticard, riutilizzando i pannelli fotoincisi e i comandi posti sui lati del pilota oppure assottigliare con molta cautela ( quando me ne sono reso conto era terminato e colorato) sia la resina del cockpit sia la semifusoliera. Una volta ridotti gli spessori ho fissato le resine laterali direttamente sui pannelli piuttosto che assemblare la cellula , come da istruzioni, separatamente per poi inserirla nella fusoliera assemblata. Ho preferito modificare i pannelli e fissare il cruscotto su una base di plasticard, costruita nella fusoliera come supporto, per poi inserire i laterali. A questo punto si inserisce la pavimentazione della cabina con seggiolino e ci si accorge che il seggiolino è troppo indietro, cioè entra nella fusoliera. Per capirci la testa del pilota rimane sotto l’antenna. Per esperienza, anche passata, sono abituato a “puntare” con microgocce di attack prima di fissare definitivamente il pezzo e rismontare il tutto è stato “facile” in modo da modificare opportunamente la parte bassa e fissare il pavimento della cabina nella posizione più “comoda” per il pilota.

Le resine dei radiatori, sotto il muso e nella parte ventrale del 202 appaiono subito particolarmente fragili. Separarle dalla resina di supporto è da farsi con tutta la cautela e pazienza di cui si dispone.
Il radiatore dell’olio sotto il muso è delle dimensioni giuste ma il foro dove deve essere collocato è troppo grande, inoltre deve essere fissato alla parte inferiore del muso, in resina, tramite un supporto plastico con la difficoltà di fissare una parte plastica con la resina epossidica. La conseguente stuccatura in milliput è fisiologica per evitare di intravedere il vuoto del cofano interno.
L’assemblaggio delle parti interne del carrello non è difficoltoso mentre la luce tra le due semiali e la fusoliera costringe all’uso pesante di stucchi con successiva reincisione dei particolari carteggiati.
Il carrello dispone di due coppie di ruote. Le prime inserite all’interno dei telai di stampa sono definite nelle istruzioni come errate e infatti si dispone della seconda coppia di ruote in un telaio a parte. Sinceramente non ho trovato differenza tra le due coppie di ruote né in spessore né in diametro. Entrambe, una volta assemblate coi mozzi in resina, risultano troppo larghe, di circa 1.5mm, rispetto alle forcelle. In questo caso ho ricostruito le due forcelle unendole all’ammortizzatore con un perno interno.


Come ho accennato all’inizio, i due braccetti della chiusura del pozzetto ruote, sono molto difficili da separare dalla resina di supporto essendo una resina molto strana e cioè flessibile come polistirolo iniettato ma fragile come la più vetrosa delle resine. Anche in questo caso li ho dovuti ricostruire con filo elettrico rigido.
Seguendo le istruzioni è il momento di assemblare la parte inferiore del cofano motore alla fusoliera inserendo prima gli scarichi realizzati in resina e molto ben fatti, la loro sede però è molto imprecisa e si richiede nuovamente di assottigliare le plastiche del vano motore per riuscire a posizionarli in modo esatto. La parte inferiore della cofanatura non risulta in piano e una eventuale carteggiatura porterebbe ad abbassarla troppo con la difficoltà di allinearla alla parte centrale del ventre. Una volta fissato e spessorato il tutto nei punti troppo larghi col plasticard sono passato alla stuccatura col milliput.
Per scelta personale ho preferito optare per il tettuccio chiuso come nella maggior parte della documentazione fotografica esistente.


Come avete potuto osservare nei vari W.I.P. ho rilavorato il tettuccio in modo da aprire le parti scorrevoli che normalmente erano aperte. Credo però che il tettuccio non sia stato pensato che per essere assemblato in posizione aperta, poiché chiudendolo sporge di circa 2 mm oltre la trave anti cappottamento del pilota, l’accoppiamento tra parabrezza e tettuccio risulta poi molto impreciso e necessita di corteggiamento così come l’accoppiamento verso la fusoliera.


Nessun intoppo, imprecisione o quant’altro deriva dall’utilizzo dei fotoincisi ne tanto meno dalle decals.
Voglio sottolineare che tutto quanto descritto fin qui è una mia personale esperienza che potrebbe essere anche data da un cattivo approccio verso questo modello e da una discutibile capacità modellistica. La Pacmodel è presente adesso sul mercato col 205 (di cui ci sono molte parti all’interno del 202, probabilmente per riutilizzare gli stessi telai di stampa) con la versione che riproduce il velivolo di Adriano Visconti di cui sarebbe mio desiderio averne una riproduzione. Purtroppo a seguito di questa parentesi poco positiva, preferisco rinunciare anche se il risultato del “gatto nero” del tentente Mazzoleni, basato in Sicilia del ’42 è , per me, molto soddisfacente.
Andrea Francavilla