| Noi siamo un gruppo di amici più che una vera associazione. Un gruppo di amici che hanno in comune una passione: il modellismo. Non abbiamo nulla a che fare con l’aviazione ne con altre armi come l’esercito, i carabinieri o la marina. Siamo, volendo, anzi il volendo lo toglierei, degli storici della tecnologia. Coltiviamo un hobby dove ci arabbattiamo, a volte nel vero senso della parola, nel ricostruire fedelmente, con la migliore approssimazione del termine, i mezzi che hanno fatto parte della storia. Comunque sappiamo bene che questi mezzi sono stati manovrati da uomini che hanno creduto nei loro ideali e che hanno costruito la storia. L’intitolare la mostra al Cap. Pil. Boetto è stato un modo per dare ufficialità e lustro alla nostra manifestazione, ma sapevamo davvero poco di lui. |
Nostro concittadino gli è stata dedicata una piazza che all’epoca era un importante centro cittadino. Da sul teatro, che sembra il Regio in miniatura, e sulla parte storica di Cuorgnè. Ci è sembrato quasi scontato dedicargli la mostra. Poi, grazie alla collaborazione del comune, abbiamo rintracciato la figlia che vive a Ferrara. Lì ci siamo permessi di contattarla per presentarci e ascoltare la sua storia, per conoscere qualcosa in più di suo padre. Gentilmente le abbiamo chiesto un incontro per poter disporre di un archivio fotografico privato da fare invidia all’archivio storico della stessa aeronautica. Siamo stati accolti come amici, con calore, in casa, senza remore e con un vassoio di paste fresche tipiche di Ferrara che avevano un gusto speciale, il gusto del benvenuto, il gusto di una buona educazione cresciuta nei valori semplici della vita. Siamo rimasti sbalorditi dalle immagini, scoprendo cose che nessuno sapeva, come il fatto che il nostro eroe non è nato come aviatore ma come marinaio. Dopo aver seguito un anno di accademia a Livorno, in un epoca in cui gli aerei imbarcati entravano a far parte della marina moderna, ha chiesto e ottenuto di frequentare i corsi per conseguire il brevetto da pilota. Ma una volta assaggiato l’ebbrezza del volo ha preferito il trasferimento definitivo in aviazione cominciando la sua avventura a Ferrara, iscrivendosi al “XI corso Marte”. E’ stata grande l’emozione nel vedere e toccare le due medaglie d’oro, una cosa di cui abbiamo sempre sentito parlare in senso astratto ma nulla più. Questa volta l’ho avuta in mano e vi confesso che fa un effetto particolare. La mostrina di riconoscimento, l’aquila simbolo della Regia Aeronautica, gli attestati di merito. In mezzo a uno degli album abbiamo trovato una lettera, era della moglie che annunciava al marito che sarebbe diventato papà. E’ una lettera toccante e molto dolce soprattutto per la semplicità con cui è scritta. In un primo tempo ho pensato di scannerizzarla ma poi mi sono reso conto che era un momento privato, unico e assolutamente inviolabile che nulla aveva a che vedere con gli aerei, con il periodo storico e con la guerra se non il fatto che ha impedito di vivere la gioia di crescere una bimba. Poi ho cominciato a rendermi conto che quest’uomo è stato decorato dal Re per il suo attaccamento al dovere, per il suo coraggio e per ciò in cui credeva, fino al sacrificio. Era un periodo particolare per il nostro paese, il bisogno di credere era grande come il bisogno di eroi e di esempi da seguire. Però, finita la guerra, la Repubblica ha voluto verificare cosa o chi davvero fosse spinto dalla dedizione a servire la patria. Patria non intesa come istituzione, bandiera o statua da venerare, ma patria come popolo, come uomini e donne di tutti i giorni, come futuro da costruire per una vita migliore. Là dove questa verità era stata davvero il motore di una vita spesa per tutti noi, fu riconosciuta una seconda onorificenza. Così, guardando le due medaglie d’oro, una con lo scudo crociato sabaudo e l’altra con la stella sovrapposta all’ingranaggio, ho cominciato a pensare. A pensare a un uomo che aveva una moglie per niente carina ma bella, proprio bella. I suoi album, le sue foto la ritraggono come una ragazza solare che se non fosse per il bianco e nero, sarebbe difficile credere che non siano state scattate il mese scorso, sia nell’abbigliamento che nella grazia delle pose. Una Ragazza che a 21 anni, col dolore di una occasione perduta per la stupidità umana, ha preferito crescere e accudire sua figlia ma senza cercare di ricostruirsi una vita, senza mai dimenticare l’amore che la univa a suo marito. Due medaglie d’oro al valore militare, una sposa bellissima rimasta fedele, una figlia che è l’esempio vivente della cordialità e dell’ospitalità. Qui mi sono reso conto che Il capitano Boetto era prima di tutto un uomo che ha fatto la differenza, un uomo i cui principi e la coerenza sono davvero un esempio da vivere. Ai suoi tempi l’acqua si attingeva dal pozzo e in fondo al balcone c’era il gabinetto che faceva passare la voglia, nel gelo della notte, di soddisfare alle proprie necessità. Le passioni erano ridotte alle balere nelle feste di paese e all’osteria che dava modo per poche ore di dimenticare col vino l’infelicità quotidiana. Invece oggi siamo qua: doppi servizi, riscaldamento autonomo, macchina per ogni patentato, ipermercati dove scegliere, ormai con noia, cosa mangiare a cena, tv al plasma, minimo quattro cellulari in una famiglia di tre persone e anche negozi di modellismo. Ma tutto questo non è gratis, non è la conseguenza dell’evoluzione di Darwin. Tutto questo c’è perché uomini che facevano della coerenza una virtù, ci hanno dato la possibilità. Uomini di buona volontà come Armando Boetto e a questo punto dedicargli la nostra mostra non è più motivo di lustro o di sterile ufficialità ma un atto dovuto a chi vale la pena di essere ricordato.