| Appunti a margine ai Gruppi da Combattimento |
Un periodo della storia delle FF.AA. italiane di certo interesse, e per contro poco studiato, è quello che nell'inverno 44-45 e nella successiva primavera vide la nascita e l'impiego sulla linea gotica a fianco degli alleati dei “GRUPPI da COMBATTIMENTO”.
I gruppi da combattimento costituiti furono sei: Friuli, Legnano, Cremona, Folgore, Mantova e Piceno; tutti avevano la medesima struttura su due reggimenti di fanteria motorizzata ed un reggimento di artiglieria oltre genio e servizi.
Dei sei gruppi solo quattro presero parte attiva alle operazioni, parte non trascurabile se è vero che i gruppi LEGNANO e FRIULI furono le prime unità alleate ad entrare a Bologna.
I gruppi furono costituiti utilizzando sia le unità già impiegate dal Corpo Italiano di Liberazione, sia reparti del Regio Esercito che erano riusciti a mantenere la propria integrità, pur dopo lo sfascio seguito all’armistizio ed all’8 settembre: a queste furono aggregati numerosi volontari (partigiani delle zone liberate, militari sfuggiti ai rastrellamenti tedeschi) affluiti dalle zone dell’Italia liberata. Particolarmente alta fu l’affluenza di volontari toscani (dal solo paese di Castelfiorentino raggiunsero il Legnano ben 117 volontari), prevalentemente ex partigiani.
Durante il ciclo operativo ai gruppi si unirono anche intere formazioni partigiane: emblematico il caso della 28^ Brigata garibaldina “Gordini”, che, attiva per l’intero ’44 nella zona a sud delle valli di Comacchio, dopo il ricongiungimento con gli alleati fu aggregata stabilmente al Gruppo da Combattimento Cremona, rimanendovi fino alla liberazione.
Relativamente semplice la genesi di Friuli e Cremona: si trattava delle due omonime divisioni di fanteria che, sorprese l’8 Settembre in Corsica, impegnarono in combattimento le forze tedesche presenti sull’isola (SS Reichs Fuhrer Brigade) e quelle lì evacuate dalla Sardegna (20° Pz. Div.): furono scontri duri, che costarono alle due unità numerose perdite e durarono fino all’abbandono della Corsica da parte dei tedeschi (che riuscirono comunque a portare la gran parte del loro personale e molti materiali sul continente), abbandono ultimato il 4 di ottobre.
Alla fine dei combattimenti le due divisioni si trasferirono in Sardegna, abbandonando però la quasi totalità del materiale pesante, per disposizione dell’Autorità militare francese.
In Sardegna le due unità rimasero inattive, con pochi rifornimenti e soffrendo grave scarsità di qualsiasi tipo di materiali (e persino di alimenti - con le inevitabili conseguenze sul morale e sulla disciplina che si possono facilmente immaginare) fino alla estate successiva, quando - decisa la loro trasformazione in gruppi da combattimento ed il loro impiego bellico - furono trasferite in Italia per essere completamente riequipaggiate e rinforzate anche nella dotazione organica: in particolare - oltre ai ricordati volontari - ciascuno dei due reggimenti di fanteria (87° ed 88° - 35° art.) del Friuli ricevette un battaglione granatieri, mentre il Cremona (21° e 22° rgt. fant. - 7° art.) assorbì varie unità minori già presenti in Sardegna.
Anche Mantova e Piceno furono costituiti utilizzando le preesistenti omonime divisioni di fanteria del Regio Esercito: in questo caso si trattava però di unità sorprese dall’armistizio in Puglia, prive di esperienza bellica (Piceno era addirittura una divisione “da occupazione”, senza artiglieria e con supporti – salmerie e genio - ridotti) la cui preparazione richiese tempi più lunghi, impedendone l’entrata in linea entro la fine delle ostilità.
Da notare che la Divisione Mantova già alla fine del Settembre 1943 aveva ceduto il suo 11° Reggimento di artiglieria al I Raggruppamento Motorizzato.
Diversa origine ebbero invece i gruppi Folgore e Legnano, costituiti con le unità che già avevano fatto parte del CIL (Corpo Italiano di Liberazione).
Il Gruppo Folgore risultava costituito dai Reggimenti Nembo e San Marco, oltre al reggimento artiglieria della disciolta Divisione Nembo. Il primo raccoglieva i veterani della Divisione Paracadutisti Nembo, mentre il secondo era stato costituito (all’inizio del ’44) per iniziativa della Regia Marina.
La Divisione Nembo, alla data dell’armistizio, si trovava in Sardegna con il grosso delle forze (reggimenti 183° e 184°, reggimento artiglieria oltre ai supporti divisionali); il solo 185° reggimento era invece in Calabria e Puglia.
Delle unità dislocate in Sardegna il solo 12° battaglione passò con i tedeschi mentre gli altri reparti mantennero fede al giuramento prestato al re: non impegnarono però - come per il resto delle unità italiane di stanza in Sardegna alla data dell’8 Settembre - combattimento con i tedeschi, che poterono lasciare la Sardegna indisturbati.
Seguì, anche per i parà, come per Friuli e Cremona, un lungo periodo di inattività, che durò, però, solo fino all’aprile del 1944, quando la divisione Nembo (riordinata sui due rgt.183° e 184° su due battaglioni ciascuno) fu chiamata a far parte del C.I.L., e prese posizione di fronte ai tedeschi sulla linea Gustav.
Con il CIL la Nembo risalì la penisola, impegnando i tedeschi in violenti scontri (Filottrano – luglio ‘44), fino a raggiungere la linea Gotica. Alla fine dell’estate ’44 la divisione fu ritirata per essere riorganizzata: mentre artiglieria e genio andavano a costituire i supporti del Gruppo da Combattimento Folgore, con quello che restava dei due rgt. 183° e 184° furono costituiti il 1° ed il 2° battaglione del Reggimento Paracadutisti Nembo.
Quanto alle unità che l’8 settembre erano in Calabria (i battaglioni III, VIII e XI del il 185° rgt.) l’ottavo battaglione si disperse a seguito dei combattimenti con gli alleati, combattimenti in corso ancora nelle ore immediatamente precedenti l’annuncio dell’armistizio; l’undicesimo mantenne la propria fedeltà al re, mentre parte del terzo (8° compagnia e parte della 7°) passò con i tedeschi.
Con ciò che rimase del terzo battaglione (9° compagnia e parte della 7°) si costituì, grazie all’iniziativa del comandante della 9° compagnia, Cap. Gay, una unità che immediatamente si schierò con gli alleati partecipando a tutta la campagna d’Italia come Squadrone da ricognizione Folgore (Recce Squadron Folgore), ed operando prevalentemente in azioni di infiltrazione nelle immediate retrovie tedesche.
L’XI battaglione invece fu ben presto prescelto per entrare a fare parte del I Raggruppamento motorizzato: in realtà ciò che il comando italiano voleva erano i mitra Beretta (di cui il battaglione era adeguatamente fornito – a differenza delle altre unità del Regio esercito); sennonché i parà fecero sapere che non avrebbero ceduto le armi: al generale Utili (comandante del I Raggr. Mot.) non rimase che prendersi il battaglione al completo. Dopo l’impiego con il I Raggruppamento motorizzato l’undicesimo restò nel C.I.L. come CXXXV (135°) battaglione paracadutisti: al termine di quel ciclo di operazioni andò a costituire il 3° battaglione del Reggimento Nembo.
Il Reggimento San Marco fu costituito, con personale della Regia Marina, su due battaglioni Bafile e Grado: entrò in linea, alle dipendenze della 2° Div. Fanteria inglese il 9 aprile del 1944 sul fronte di Cassino: solo il successivo 19 maggio entra a fare parte del CIL, di cui seguì l’avanzata ed il successivo ritiro dalla linea. Infine, dopo l’aggiunta del neocostituito battaglione Caorle, rappresentò il secondo reggimento del Gruppo Folgore.
Il Gruppo Legnano risultava formato dal 68° reggimento di fanteria e da un reggimento di “fanteria speciale” su due battaglioni alpini ed un battaglione bersaglieri, oltre che dall’11° artiglieria (già della Divisione fanteria Mantova - in linea con il I raggruppamento motorizzato già ai primi di dic.’43).
Si trattava dei veterani, delle unità che avevano costituito l’ossatura e la prima dotazione (lo zoccolo duro) del CIL fin da quando ancora si chiamava Raggruppamento motorizzato (divenne ufficialmente Corpo Italiano di Liberazione solo il 18.04.44): protagonisti della occupazione di Monte Marrone (30-31.03) e della successiva battaglia difensiva (durata fino al 10.04) furono soprattutto gli alpini (btg. Piemonte) ma anche le altre unità ebbero modo di mettersi in luce.
Nel Reggimento di Fanteria Speciale, al battaglione Piemonte (già citato), si unirono gli alpini de L’Aquila (in sostituzione del Monte Granero già del CIL) ed i bersaglieri del battaglione Goito, ottenuto per contrazione del 4° reggimento bersaglieri (già del CIL – su due battaglioni).
Nel 68° reggimento organizzato sui battaglioni di fanteria Palermo e Novara, confluì il IX reparto d’assalto che prese il nome di “battaglione d’assalto Col Moschin”: si trattava in entrambi i casi di unità che avevano raggiunto il I raggruppamento motorizzato nel febbraio ‘44.
EQUIPAGGIAMENTO E DIVISE
Già nel ’43 i magazzini del Regio Esercito non erano particolarmente forniti: dopo un altro anno, senza approvvigionamenti da parte delle industrie (rimaste nelle zone d’Italia occupate dai tedeschi), la situazione era desolante; oltretutto l’equipaggiamento del soldato italiano durante la II G.M. era sensibilmente inferiore, per qualità e quantità, a quello degli altri belligeranti.
Era quindi inevitabile, per potere mandare in linea delle truppe che non assomigliassero ad una banda di straccioni, dotarle di equipaggiamento fornito dagli alleati: i gruppi dovevano operare sul versante adriatico dell’appennino, cui era destinata l’8 armata, quindi ricevettero equipaggiamento inglese.
Ben poco distingueva il combattente dei gruppi dal tommy: la divisa era costituita dal praticissimo ed ottimo battle dress (mod.37) con la usuale tascona sulla coscia sinistra, con scarponi neri e ghette in canapa. Frequente l’uso dei tipici giubboni inglesi senza maniche in pelle marrone. Anche la buffetteria era quella dell’esercito inglese, così come gli zaini, gli elmetti (la classica padella – Mk II steel helmett) e gli attrezzi da zappatore.
Ovviamente simile a quello degli inglesi era anche l’armamento individuale: fucili Lee Enfield (N.4 Mk. 1 – principalmente) mitra Thompson (più frequente nella versione per il Royal Army a doppia impugnatura), mitragliatori Bren (Mk. II) e lanciagranate Piat: stranamente non risulta distribuito il mitra Sten (che invece armò tanti partigiani).
Chi ne aveva la possibilità (i paracadutisti in testa, ma anche i bersaglieri) conservò il M.A.B. 38 A (ritenuto migliore dei mitra alleati), che risultò quindi relativamente diffuso, così come gli ufficiali, che non abbandonarono le loro Beretta 34 cal.9 corto.
Conservati furono pure i vari tipi di copricapo italiano (berretto alpino, fez da bersagliere, basco da parà o da marò, bustina mod.42): anzi, non è dato trovare foto di alpini che non con il berretto e la penna.
L’elmetto italiano non fu del tutto abbandonato, risultando utilizzato, seppure sporadicamente; è documentato l’uso dell’elmetto italiano da un carabiniere del gruppo Friuli: l’elmetto è dipinto in bianco, con una riga rossa a pochi centimetri dal bordo inferiore e la scritta PM nera in fronte. L’elmetto inglese (che i bersaglieri ornavano del tradizionale piumetto) era spesso dotato di retino mimetico e veniva, dai nostri, portato “sulle ventitrè”
Sull’uniforme inglese erano portati i distintivi di grado simili a quelli già in uso nel R.E., che però, per gli ufficiali, passarono dalle manopole alle spalline (con qualche eccezione). Furono anche conservati i distintivi di specializzazione (ad es. paracadutista, autiere ecc.) già precedentemente in uso.
Quanto ai distintivi di reparto, tutti gli uomini dei gruppi portavano le mostrine (nel colore dell’unità di appartenenza) con le stellette e, sul braccio sinistro, una striscia di celluloide o di metallo verniciato riproducente la bandiera italiana con il simbolo del gruppo (in nero) sul campo bianco. I marò del San Marco portavano anche il loro tradizionale rettangolo rosso con leone di San Marco sui polsini della divisa.
Inglese anche l’equipaggiamento di lancio per i paracadutisti impegnati nell’operazione Herring, che vide il lancio dietro le linee tedesche, la notte fra il 20 ed il 21 aprile 45, di 111 uomini del Reggimento Nembo e di 144 dello Squadrone da Ricognizione Folgore.
Sopra il normale battle dress alcuni indossavano un giaccone senza maniche (Oversmoke ’42) simile al Denison Smock ma privo di tasche e di colore grigio chiaro; altri un giaccone tre quarti con maniche (1942 Pattern Gabardine Jump Jacket) copiato per intero dall’analogo capo dei parà tedeschi. In testa l’elmetto da paracadutista inglese Mk. 1-1942 o Mk. 2-1943, anche se alcuni portavano l’elmetto da motociclista Mk.1-1942.
I MEZZI IMPIEGATI
I Gruppi da Combattimento furono equipaggiati quasi interamente con materiale di provenienza alleata e più specificamente inglese.
In particolare il materiale impiegato fu quello standard delle divisioni di fanteria britanniche: jeep, autocarri da 15 cwt (7,5 q.li) Bedford MV 4x2 , Dodge D 15 e CMP Chevrolet 4x4, trattori d’artiglieria Morris C 8, carrette cingolate universal carrier e loyd carrier, cannoni controcarro da 6 e 17 lbs. e contraerei Bofors da 40 mm., obici campali da 25 lbs. Probabilmente l’elenco non è esaustivo; di altri e diversi veicoli, però, mancano fonti attendibili, come, ad esempio per le motociclette di produzione inglese, delle quali un certo numero risulta impiegato.
JEEP: risultano distribuite con relativa abbondanza e varietà, d’altronde fu uno dei mezzi più diffusi nelle armate alleate: i veicoli utilizzati appartenevano al modello FORD GPW, di cui esiste ampia offerta sul mercato modellistico.
BEDFORD MW 4x2: autocarro leggero (15 cwt di portata, corrispondenti a circa 750 Kg.) diffusissimo nell'esercito inglese, utilizzato prevalentemente quale autocarro per il trasporto della squadra di fanteria (10 uomini): è disponibile la scatola di montaggio (in resina della ditta inglese Lead Sled, reperibile presso Scale Link (http://www.scalelink.co.uk/acatalog/index.html). Del mezzo esistevano varie versioni: quelli del Regio Esercito appartenevano alle ultime serie di produzione (D), caratterizzate da parabrezza di grandi dimensioni.
DODGE D 15: autocarro leggero (15 cwt di portata, corrispondenti a circa 750 Kg.), meno diffuso del precedente, probabilmente assegnato a reparti logistici: c’è una foto che ne ritrae un esemplare nel corso dell’attraversamento di un fiume su un traghetto. (Il kit in resina è attualmente disponibile presso Wespe models: http://www.panzershop.iol.cz/wespeaj.htm)
CMP CHEVROLET C15: autocarro leggero (15 cwt di portata) a trazione integrale (4 x 4) di produzione canadese; è riprodotto in scala 1:35 dalla ITALERI. Ritengo sia stato usato soprattutto dai reparti di artiglieria e del genio, prevalentemente per il trasporto di materiali, pur potendo essere, ovviamente, adibito al trasporto di truppe.
MORRIS C 8 FAT (field artillery tractor): è stato il trattore d’artiglieria più utilizzato dalle forze armate inglesi; purtroppo ne esiste la scatola di montaggio solo in scala 1:72 (Airfix), mentre non è stato riprodotto in scala 1:35. Risulta essere stato assegnato ai gruppi di artiglieria per il traino di tutti i pezzi in dotazione. La versione utilizzata era la più recente (mk III) sia con la carrozzeria tradizionale dei trattori di artiglieria inglesi (con una portiera per lato e tetto parzialmente coperto in tela) che con la “no 5 body”, contraddistinta da due portiere per lato e parte posteriore a cassone coperto da telone centinato. Quest’ultima variante equipaggiava sicuramente il 35° rgt.art. Friuli, mentre un esemplare della versione mk III con carrozzeria tradizionale è tuttora esistente presso il Museo della Motorizzazione Militare in Roma.
UNIVERSAL (BREN) CARRIER: famoso tuttofare dell'esercito inglese, fu distribuito ai reparti di fanteria dei Gruppi come trasporto (truppe e materiali) e veicolo esplorante. Di universal mortar carrier erano dotati i plotoni mortai dei battaglioni di fanteria. Nel dopoguerra (anni ‘50) fu utilizzato come trattore per il cannone contro carro da 6 lbs. Dalle foto d’epoca i carrier dei Gruppi erano generalmente in cattive condizioni, e comunque sempre privi dei predellini posteriori. Il modello è riprodotto sia in scala 1:72 che in scala 1:35 (TAMIYA). A proposito del Kit di montaggio Tamiya c’è da segnalare la non esaltante qualità del modello, che può essere migliorato con appositi “updating set” e con la sostituzione dei cingoli.
LOYD CARRIER: apparentemente stretto parente dell'universal carrier (4 ruote portanti per lato anziché 3), non era un veicolo blindato, ma, a dispetto dell’aspetto “bellicoso”, un autocarro cingolato da una tonnellata: si trattò, indubbiamente, di un mezzo non perfettamente riuscito, dato che poteva sì portare un carico di dieci quintali, ma non aveva lo spazio dove alloggiare detto carico. L’esercito inglese risolse il problema dell’uso di questi mezzi (di cui aveva grande disponibilità), utilizzandoli per il traino dei cannoni controcarro da 6 libbre (57 mm.); data la scarsità di spazio a bordo era però previsto che ogni pezzo fosse accompagnato da due trattori, uno per le munizioni e l’altro per il personale. Non risulta però che tale doppia dotazione sia stata mantenuta, anzi: tutte le foto che è dato di vedere del loyd carrier al traino del 6lbs, mostrano il personale arrampicato, più o meno scomodamente, sul mezzo: se ne può agevolmente dedurre che, nei fatti, con un unico trattore si provvedeva a tutte le esigenze del pezzo, deduzione ancora più plausibile se riferita ai mezzi in servizio nelle unità italiane cobelligeranti, afflitte da una cronica insufficienza di veicoli. Non esistono Kit di questo veicolo, che peraltro risulta di autocostruzione relativamente facile: treno di rotolamento, ruote, differenziale e cingoli sono infatti simili a quelli del bren carrier; inoltre il mezzo è esaurientemente descritto sul numero 48 di “Whells and tracks”, rivista inglese di facile reperibilità (presso Albertelli).
CANNONE contro carro da 6 lbs., in Italia noto come cannone c.c. da 57/50 In dotazione alle compagnie c.c. dei battaglioni di fanteria, data la scarsa presenza, da parte tedesca, di mezzi corazzati nei combattimenti che coinvolsero i gruppi, i cannoni da 6 libbre furono sostanzialmente usati come armi d’accompagnamento della fanteria. Era la versione a canna lunga, e con freno di bocca, del più diffuso cannone controcarro inglese: è stato riprodotto, male, in scala 1/35 da TAMIYA ed in scala 1:72 da Airfix. Esiste anche un Kit del cannone (di migliore qualità) di Italeri, ma si tratta della versione con canna corta. Nel dopoguerra rimase in servizio nell’E.I. per alcuni anni ancora, benché fosse tutt’altro che l’arma temibile che era al momento del suo ingresso in servizio
CANNONE contro carro da 17 lbs., in Italia noto come cannone c.c. da 76/55. Il più potente cannone controcarro alleato (utilizzato anche come armamento di carri - Shermann Firefly – Achilles …), fu dato in dotazione al gruppo contro carri (tre batterie di sei pezzi) del reggimento di artiglieria. E’ stato il primo pezzo di artiglieria ad utilizzare proiettili perforanti a scartamento di involucro (APDS), per questo era in grado di competere con armi di maggior calibro (88/55 tedesco, 90/50 americano, 90/53 italiano), avendone capacità di perforazione pari, se non superiore. Per contro risultava pesante (il doppio del PAK 75 tedesco) e di non facile manovra. Venne mantenuto in servizio (al traino del TM40 prima e TM48 poi) nell’E.I. per molti anni nel dopoguerra. Risulta uscita di recente la scatola di montaggio in 1/35 di Accurate Armour (a prezzo, ahi noi, da favola).
CANNONE contraereo Bofors da 40/50. In dotazione in ragione di un gruppo (su 18 pezzi) al reggimento di artiglieria, è stato sicuramente uno dei pezzi di artiglieria più longevi della storia. Basti pensare che ancora oggi (in versione aggiornata ed allungata a 70 calibri) è in uso presso le principali marine mondiali come pezzo antiaereo ed antimissile e che due Bofors da 40/70 costituivano l’armamento del semovente contraerei americano Sgt.York (sviluppato negli anni ottanta e poi abbandonato).
Nell’esercito italiano è stato in servizio, seppure in versione aggiornata, fino a pochi anni fa’ nelle unità di artiglieria contraerea. Esiste scatola di montaggio (di prezzo piuttosto elevato.
OBICE da 25 lbs., in Italia noto come obice campale da 88/27. In dotazione a 4 gruppi del reggimento artiglieria, nella versione più aggiornata con freno di bocca a due luci. Ebbe lunga vita (non solo nell’E.I.) nel dopoguerra; negli anni 50 alcuni esemplari in dotazione all’artiglieria italiana furono sottoposti al rialesaggio della canna: questa fu portata al calibro 105 mm., risultando lunga circa 22 calibri. Bello il modello TAMIYA in scala 1:35, che però presenta il difetto di tutti i modelli di cannoni in scala: scudo troppo spesso. Per il trasporto delle munizioni veniva usato il classico avantreno (compreso nella confezione).
NOTE DI COLORAZIONE
Tutti i veicoli in dotazione dei gruppi erano in colore verde scuro uniforme (British Army bronze green di Humbrol), con un paio di varianti: 1) le jeep talvolta avevano radiatore, paraurti e bordo dei parafanghi anteriori di colore bianco, spesso portavano la fodera di tela cachi sul parabrezza. 2) anche gli autocarri, a volte, presentavano strisce bianche alle estremità del paraurti e posteriormente. 3) i trattori del 35° rgt. art. Friuli sembrano avere, da foto che ho potuto visionare, la mimetica "ad orecchie di topolino", forse in verde e nero.
DISTINTIVI
Sia sulla parte anteriore che su quella posteriore, a destra per l’osservatore era portata una Bandiera italiana (senza bordo) con stemma del gruppo in nero sulla fascia centrale bianca.
Gli stemmi dei gruppi che presero parte ai combattimenti erano: - per il FRIULI una torre medioevale (castello di Udine), - per il LEGNANO la silhouette di un guerriero medioevale con spada sguainata, - per il FOLGORE un fulmine stilizzato, - per il CREMONA una spiga di grano.
Sulla parte anteriore e su quella posteriore, a sinistra dell’osservatore era riportato un rettangolo (senza margini) nel colore delle mostrine reggimentali per il Friuli (azzurro con barra verticale nera) con numero distintivo del reparto in bianco (Friuli: 40 = Comando divisione, 44 = 87° rgt., 48 = ?, 50 = Nucleo ufficiali alleati di collegamento, LEGNANO: 65 = rgt. fanteria speciale, 57 IX reparto d'assalto).
Il WD number, in cifre bianche, su entrambe le fiancate non risulta sempre presente, mentre alcune foto mostrano, anteriormente, il disco giallo con la classe del ponte (come per tutti i veicoli alleati).
Altresì presente la stella bianca (bordata e non) per la identificazione aerea.
Andrea Sansoni |
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