| Rimane tuttora un mistero su come l'Italia nel 1939/40 non abbia sfruttato la favorevole posizione geografica e strategica dell'Etiopia e della Somalia Italiana, le sue colonie dell'Africa Orientale Italiana (A.O.I.). |
Questa considerazione si basa sul concetto che, in quel periodo, qualora si fosse provveduto a realizzare un progetto di questo tipo, avrebbe permesso un'azione militare, attraverso il Sudan, congiunta fra le truppe dell'AOI e le rilevanti truppe stanziate in Libia, nell'ottica di ottenere facilmente il controllo dell'Africa e dell'area del Canale di Suez. Chiudendo così di fatto, questa via d'accesso al Mediterraneo alla Gran Bretagna. Inoltre, l'apporto militare che quest'ultima poteva fornire a quel momento ed in quel teatro era quantitativamente e qualitativamente molto inferiore a quello italiano, ma i mille tentennamenti e le indecisioni da parte italiana, convinsero gli inglesi che il vero punto debole dell'Impero, non era l'aspetto militare ma la capacità decisionale dei suoi capi. Le azioni belliche che si sarebbero sviluppate in quel settore negli anni a seguire, avrebbero potuto tranquillamente definirsi "la guerra dei compagni di scuola".
Gli inglesi, inviarono al Cairo nel 1939 il secondo barone Francis Rennel Rodd, figlio di Sir James, ambasciatore a Roma dal 1908 al 1921, amico personale e compagno di scuola del Viceré d'Etiopia Amedeo duca D'Aosta, e subito dopo anche l'Ammiraglio Andrew Bare Cunnigham, anche lui compagno di scuola di Amedeo. I due funzionari furono scelti proprio per la loro amicizia con il principe italiano, con il quale ebbero diversi incontri informali. Nel febbraio del 1939, essi inviarono a Londra a firma del generale Sudafricano William Platt, un rapporto sconfortante sulla situazione delle forze armate inglesi nella zona, respingendo l'idea di ogni azione offensiva verso gli italiani, "….esercito europeo dotato di materiale moderno, padrone totale dell'aria…". Proprio sulla base di questo rapporto gli inglesi inviarono al Cairo nell'aprile dello stesso anno, due comunisti italiani Bruno Rolla e Lorenzo Taezaz, già distintisi nella guerra civile Spagnola, accompagnati da due ufficiali inglesi. Questi riuscirono a penetrare in Etiopia e dopo varie peripezie tornare al Cairo nel maggio del 1940 portando con loro due fatti certi:
1) che l'organizzazione e la situazione tecnico-logistica dell'esercito italiano erano molto meno efficaci di quanto si fosse supposto sino allora.
2) che era possibile organizzare una ribellione della popolazione etiopica su vasta scala contro gli italiani.
Ignorando totalmente questi fatti, da Roma venne ordinato al Viceré di occupare la Somalia Britannica, fatto che avvenne nell'agosto del 1940 senza alcuna resistenza da parte inglese, anche perché non c'era nessun interesse da parte loro nel tenere quel lembo di terra. Invece con gran sollievo degli inglesi, l'Aviazione e la Marina Italiana si disinteressarono completamente dell'unico porto del Mar Rosso in mano agli inglesi, Porto Sudan, nel quale lentamente stavano cominciando ad affluire truppe e mezzi. Sarebbe stato facile tendere agguati ai convogli inglesi con i sommergibili di stanza a Massaua, o bombardare il porto che distava circa mezz'ora di volo dalle basi dei bombardieri italiani, ma nulla fu fatto. Cunnigham e Rennel cominciarono a credere che gli italiani non fossero così temibili come avevano creduto sino allora, e Wavell con la sua trionfale avanzata in Cirenaica gliene diede la certezza.
La politica attendista di Amedeo stava portando sempre più la situazione a favore degli inglesi, quando sarebbe stato facile agendo con decisione 18 mesi prima, occupare tutta l'Africa del Nord. Basti pensare che nel 1939 dai funzionari inglesi di stanza nell'Egitto e nel Sudan, veniva data per scontata anzi inevitabile un'occupazione italiana di quei territori, ed ognuno di loro cercava di trattenere rapporti personali più' che cordiali con il Principe Amedeo d'Aosta. Il viceré si cullò nell'illusione che "..i suoi compagni di scuola…" non lo avrebbero mai imbrogliato, anzi che la cosa si sarebbe risolta cavallerescamente. Appena un anno dopo dentro una tenda sull'Amba Alagi, si sarebbe reso conto di quanto si fosse sbagliato. Intanto Platt, comandante inglese in quel settore, aveva ricevuto da Wawell, se pure con molta riluttanza di quest'ultimo, nel Natale del 1940, la 4a Divisione Indiana raddoppiando di fatto i suoi effettivi. Il 19 Gennaio 1941 con la 4a e la 5a divisione Indiana, già a sua disposizione, iniziò l'attacco alle posizioni italiane, inviando verso Cassala l'11a brigata. L'attacco ebbe inizio quando l'intera linea italiana era stata arretrata senza un motivo apparente sulla linea Kerù, Akorà e Biscia. Si trattava di un forte contingente di truppe al comando del Generale Carmineo con la 5a e la 44a brigata coloniale, la 4a Divisone del Generale Baccari con la 12a, la 41a e la 42a brigata coloniale e la 8a, la 16a e la 2a brigata coloniale del Generale Rangoni. Gli inglesi avanzarono con grande circospezione e furono molto sorpresi di non trovare nessun tipo di resistenza, occuparono Cassala e avanzarono di ben 110 km in un solo giorno fino alle gole del Kerù. Nel frattempo la 1a e la 5a Divisione marciarono a tutto vapore verso Tesseni e trovandola intatta proseguirono la loro avanzata per Alcatà. Finalmente dopo 5 giorni di avanzata inglese, gli italiani si fecero vivi, quattro Fiat CR42 (tutto cio' che la Regia Aeronautica puo' mandare in volo nel ruolo di appoggio tattico, ma questo gli inglesi non lo sanno) mitragliarono la 10a brigata inglese mentre la 5a Divisione, davanti a Kerù, si imbatté nella 41a brigata coloniale che oppose una forte resistenza. La 10a brigata inglese riuscì a prendere alle spalle la 41a brigata coloniale, che iniziò a ripiegare verso Agorat. A questo punto si verifica uno degli episodi più belli di tutta la campagna, con la carica del gruppo bande Amhara sui pezzi di artiglieria inglesi, carica condotta dal Tenente Togni e dal Tenente Guillet. I pezzi di artiglieria nemici vengono presi e superati di slancio, ma lo squadrone si imbatte in una mitragliatrice Bren appostata nei pressi e viene sterminato. Il Tenente Togni (M.O.V.M.) muore, mentre il Tenente Guillet si salva. La ritirata della 41a brigata, da ordinata divenne una vera e propria rotta, tanto che il Generale Tognoli e il suo Stato Maggiore furono catturati. Il 15 gli inglesi sono a Biscia, e con notevole sorpresa costatano che la stazione di questo importante nodo ferroviario è intatta. Di colpo Platt risolve tutti i suoi problemi logistici e puo' impiegare piu' proficuamente i pochi autocarri a sua disposizione. La linea ferroviaria penserà alla maggior parte delle necessità. A seguito di queste operazioni, la nuova linea di difesa italiana parte da Agorat e finisce a Baratù, dove vengono collocate tre brigate indigene, la 42a, la 20a e la 12a con 76 cannoni e 24 carri medi. A Baratù, inoltre, c'e' l'intera 2a Divisione con 6.000 uomini e 36 carri leggeri. Il 29 gennaio inizia la battaglia di Agorat. Per tutta la giornata del 29, le brigate indigene tengono le posizioni senza affanno, ma il 30 agli inglesi arrivano i primi mezzi corazzati. Si tratta di 4 carri pesanti Matilda, che seminano il terrore fra le truppe indigene. Nella stessa giornata un attacco italiano sferrato con 9 carri medi contro i carri inglesi si conclude con la distruzione di tutti i nostri carri senza perdite da parte inglese. Il 31 gennaio Agorat è persa, gli italiani si ritirano verso Cheren. Gli automezzi della "Gazzelle Force" si lanciano all'inseguimento degli italiani, con il Generale Messervy al comando della piccola forza mobile. Alle otto del mattino del 1 Febbraio, gli inglesi giungono al Ponte Mussolini, sul fiume Barca, trovandolo ancora intatto ma seriamente danneggiato dai genieri italiani. Dopo aver impiegato una notte e una mattina di lavoro, i genieri inglesi rendono di nuovo praticabile il ponte, permettendo alla "Gazzelle Force" di lanciarsi verso Cheren. Ma gli italiani hanno guadagnato 36 preziosissime ore. Ore che costeranno agli inglesi 54 giorni di assedio e, per un soffio, la possibilità di perdere la partita. Quelle 36 ore, nelle mani di un vecchio soldato come il Generale Carmineo, forse uno dei pochi ufficiali di SM all'altezza del compito affidatogli, diventano un'arma micidiale, Carmineo è convinto che la gola di Cheren sia una posizione fortissima una specie di fortino naturale, e bisogna passare di li' se si vuole arrivare all'Asmara. Carmineo può contare solo sul 1° Btg, del 11° Rgt. "Granatieri di Savoia" e sulla 11a Brigata indigena, in tutto appena 650 uomini. Questo pugno di soldati resisteranno al primo attacco inglese e renderanno possibili i 54 giorni di Cheren. Il 3 febbraio, agendo con estrema energia e durezza, Carmineo riesce a recuperare ed inquadrare tutti gli uomini di cui dispone, raccogliendo sbandati e riorganizzando interi battaglioni, tanto da poter disporre di 6.500 uomini. Gli inglesi hanno a disposizione appena 2.500 soldati ma un buon vantaggio in termini di artiglieria; ma i loro carri pesanti, come i nostri medi del resto, nella stretta gola di Cheren sono perfettamente inutili. Gli inglesi si producono fino al 12 febbraio in sterili attacchi che costano loro perdite altissime e che soprattutto non possono rimpiazzare in breve tempo. Il 13 passa senza nessun attacco, Carmineo intuisce che Messervy è agli sgoccioli e chiede con veemenza al Generale Frusci, comandante in capo del settore di passare all'attacco, di spostare le riserve a Cheren e ricacciare gli inglesi fino in Sudan e oltre. Ci sono gli uomini i mezzi e i rifornimenti per farlo. Inspiegabilmente invece Frusci ritiene che l'offensiva britannica si sia esaurita, strategia rinunciataria che il Viceré appoggia nel timore di infastidire i suoi "vecchi compagni di scuola"… Per le truppe inglesi la decisione di Frusci è una autentica manna dal cielo, dal 14 Febbraio al 13 marzo, fanno arrivare 180.000 proiettili d'artiglieria da 25 libbre, 140 tonnellate di viveri e medicinali al giorno, nuove truppe indiane. Migliaia di cammelli portano dal Sudan fino alla ferrovia del Sanchil, gentile omaggio degli italiani, 10 latte ciascuno da 10 litri di benzina costruite appositamente dalla Shell a Porto Sudan, riducono al minimo gli effettivi necessari per tenere le loro posizioni, si vive con una sola borraccia di acqua a testa al giorno, è impossibile eliminare cadaveri e feci che finiscono per mandare un fetore insopportabile. Ma almeno arriva qualcosa, agli italiani non arriva nulla. Il 15 marzo tutta l'artiglieria inglese concentrata comincia a battere l'asse centrale della gola del Dongolas. Subito dopo partono all'attacco la 4a e 5a Divisione indiane. La reazione italiana è magnifica, ma con un ultimo disperato tentativo gli inglesi riescono con appena nove uomini ad occupare e a tenere due piccole colline che sono i rilievi più alti delle gole del Dolgorodoc. Gli inglesi temono un contrattacco che potrebbe spazzarli via e costringerli a una precipitosa ritirata, ma questo attacco non arriverà mai semplicemente perchè il giorno prima Frusci ha reclamato da Carmibeo un battaglione alpino e tutta la 44a brigata coloniale, per rafforzare le difese intorno ad Asmara che contano già 6.000 uomini. Uomini sottratti che Carmineo saprebbe benissimo come impiegare! Il vecchio soldato si infuria, fa fuoco e fiamme ma è costretto ad obbedire agli ordini del suo comandante in capo, altro che rinforzi per un contrattacco decisivo, gli si tolgono addirittura soldati! Il 25 marzo tutto sarebbe ancora in bilico senza la sciagurata decisione di Frusci, ma complice l'assottigliamento delle nostre linee, gli inglesi riescono a portare a buon fine qualche ricognizione, ed un ufficiale inglese scopre cosi' che la galleria ferroviaria che sbuca sull'altro lato della valle, proprio ai piedi delle due colline tenute dagli inglesi ed alle spalle delle nostre truppe, è ostruita con appena due camion carichi di pietre. I genieri inglesi nella notte rimuovono facilmente l'ostacolo. Il 26 marzo consistenti forze inglesi passano nella galleria appoggiate dai carri pesanti che possono finalmente venire impiegati, dall'altro lato avrebbe dovuto esserci la 44a brigata indigena che invece sta andando ad Asmara, viene preso il versante del Sanchil e tutto il Dolgorodoc, le nostre postazioni vengono prese alle spalle, la battaglia di Cheren è finita, le truppe di Carmineo esauste si arrendono. Alla fine di marzo il Duca d'Aosta si convince che Addis Abeba era ormai indifendibile e che l'ultima cosa da fare era organizzare un'estrema resistenza in un ridotto fortificato. Sceglie il brullo altipiano dell'Amba Alagi, dove già nel 1895 il maggiore Toselli era stato annientato dagli Etiopi. Con 7.000 uomini il Viceré Amedeo vive l'ultima epopea della sua vita avventurosa. "Meglio vivere fra le cannonate, i proiettili, la terra e la sporcizia, che lindo e pulito con le gambe sotto un tavolo pieno di carte", aveva scritto. Alla fine il momento della resa fu deciso dalla mancanza d'acqua potabile. Il 19 maggio 1941 Amedeo d'Aosta scenderà dall'Amba Alagi per arrendersi ai suoi "compagni di scuola",. Lui e i suoi uomini sfilarono davanti agli Inglesi, che resero loro l'onore delle armi, per poi avviarsi verso la prigionia, dalla quale l'ex-Viceré non sarebbe mai tornato, stroncato dalla tubercolosi. Fu quella la fine dell'Impero italiano, durato solo 5 anni, anche se fino al novembre 1941 avrebbero ancora resistito la piazzaforte di Gondar, guidata dal generale Nasi, e la piccola guarnigione di carabinieri di Culquaber, al comando del colonnello Ugolini. Ma la storia ormai era stata scritta. Da Cassala a Cheren la Regia Aeronautica, agguerritissima sulla carta, brillo' invece per la sua assenza, al 19 Gennaio 1941 erano a disposizione 138 bombardieri (84 Caproni Ca 133, 42 SM 81 e 12 SM 79), 64 caccia (30 CR32 e 34 CR42) ed alcuni ricognitori RO37, contro la RSAF poteva opporre 24 Gloster Gladiator, 3 vetusti Hawker Fury e 12 Blenheim, piu' alcuni Lysander. Al di là dei numeri. Gli unici aerei di una qualche efficacia bellica erano CR 42 e SM 79. Il primo giorno d'operazioni il Commodoro Slatter, comandante delle forze aeree inglesi del settore aveva mandato i 12 Hawker Hurricane nuovi di zecca arrivati dall'Inghilterra il giorno prima ed unici velivoli realmente efficaci di cui disponesse, all'attacco sugli aeroporti di Asmara e Gura e senza subire perdite distruggono al suolo la bellezza di 50 aerei, addirittura ad Asmara i piloti Sudafricani trovano 30 CR42, il nerbo della caccia della Regia allineati in bell'ordine lungo la pista come ad una parata, e fanno una vera strage. La Regia Aeronautica in A.O.I. perde virtualmente la capacità di poter operare senza neanche tentare di abbozzare un'azione offensiva. Al 1 Marzo, a dare una mano ai nostri soldati si può contare su 3 SM79, 3 SM81, 9 vetusti e logori CA 133 e 2 CR 42 mentre la RSAF viene rinforzata da consistenti aliquote di Hurricane, al 15 Marzo, tutta la massa di aerei residua, 12 CR42, 3 SM79 e 2 Ca133 viene impiegata nei cieli di Cheren, e riesce anche sfruttando la sorpresa ad ottenere diverse vittorie sui velivoli avversari, ma è l'ultimo guizzo, il 26 Marzo la Regia Aeronautica A.O.I. non esiste piu'. Gli avieri e piloti rimasti a terra vennero inquadrati nei "Battaglioni azzurri" e armati con le mitragliatrici tolte ai velivoli distrutti a terra, combatterono con valore come normali truppe di fanteria fino al 27 Novembre 1941, quando si arresero insieme a quello che restava delle truppe del generale Nasi nella zona di Gondar.
Giulio Gobbi |
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