| “Il potenziale del nemico è nei loro carri armati. È diventato ovvio che nel suo insieme la nostra battaglia contro le forze americane è una battaglia contro i loro carri M3 ed M4” Gen. Ushijima, comandante della 32 armata giapponese sull’isola di Okinawa. Molto è stato scritto e moltissimo è stato pubblicato sull’attività dell’M4 in Nord Africa, Italia e soprattutto nella corsa che ha portato le armate alleate dalle spiagge della Normandia e della Francia meridionale fino al cuore del Reich. Molto meno su un’altra corsa, atrettanto sanguinosa ed infinitamente piu’ lunga che, attraverso il piu’ inospitale ed impensabile dei terreni ha portato gli eserciti alleati dalle giungle della Nuova Guinea alle soglie dell’Impero del Sol Levante. Eppure, anche nel contesto operativo del Pacifico, nei piu’ impensabili tra i “tank country”, i mezzi corazzati in generale e gli M4 in particolare si sono dimostrati, in molte battaglie, fondamentali. E in questo contesto, un posto particolare meritano i reparti corazzati dello United State Marine Corp. |
…Alle origini… in principio era l’M3..anzi addirittura M2A4, visto che il primo reparto dell’USMC a prendere parte a combattimenti di un certo rilievo, il 1st Marine Tank Battalion, era equipaggiato con una congerie di carri leggeri della famiglia dell’M2/M3, per la precisione M2A4, M3, M3A1 sia diesel che a gasolio, letteralmente “pompati” alla rinfusa nelle file dei costituendi reparti corazzati dell’USMC dai depositi dell’US Army sulla costa occidentale. Quest’unità, dopo un periodo di addestramento in Nuova Zelanda, fu catalputata nell’inferno verde di Guadalcanal. La prima ad arrivare, tra il 7 ed il 9 agosto 1942 fu la Compagnia A, seguita dalla compagnia B e dalla compagnia C del 2nd Marine Tank Battalion. A dispetto delle condizioni ambientali assolutamente ostili, gli Stuart in molti casi si rivelarono preziosi, a partire dalla battaglia di Tenaru, 21 agosto, quando gli M2A4 della Co. A annientarono una cospicua forza di fanteria giapponese. Era una guerra strana per i carristi, diversa da quella che i loro colleghi dell’esercito avrebbero combattuto in Nord Africa ed Europa. Si operava in piccoli reparti, al massimo plotoni, piu’ spesso in coppia, in modo da potersi coprire reciprocamente, annaffiando l’altro carro con le proprie mitraglaitrici per scrollargli di dosso i cacciatori di carri giapponesi. Non ci furono contatti con la principale unità corazzata giapponese, la 1^ compagnia corazzata indipendente, sbarcata nel tardo ottobre e praticamente annientata in un’imboscata mentre cercava di attraversare il fiume Matanikau dai cannoni A/T da 37mm dei Marines. Conclusa la campagna il 1st Marine tank battalion si ritrovo’ per un meritato ciclo di riposo in Australia, mentre sull’isola di Munda i plotoni carri del 9th, 10th ed 11th defence battalion, sempre con gli M3 falciavano la fanteria del sol levante con i nuovi “canister, fixed, M2 rounds” proiettili decalibrati a submunizioni, in pratica un colpo a pallettoni dagli effetti immaginabili… Poi toccò al 3rd Tk Bn. Sbarcare a Torokina, Bouganville il 1° novembre 1943, ed imbarcarsi in una campagna da incubo . Ma l’M3 stava iniziando a mostrare i suoi limiti. Per far fuori i bunker giapponesi i carristi dell’USMC erano costretti a speronare la fortificazione fino ad arrivare praticamente ad infilare la canna del loro 37mm nella feritoia. Lo “squirrel gun”, il cannone da scoiattoli, come era soprannominato il cannone M6 dello Stuart, era largamente inadeguato per attaccare i bunker e l’inizio della diffusione del pezzo giapponese anticarro da 47 mm rendeva la tattica sopra menzionata alquanto poco raccomandabile… era tempo di cambiare.
…arriva l’M4… ..nonostante il 1st e il 4th Tk Bn. Avessero già ricevuto cospicui quantitativi del piu’ moderno M5A1, ordinati inizialmente nel tentativo di porre rimedio all’incubo logistico che regnava nei reparti carri del Corps, era chiaro che ci voleva qualcosa di piu’…”pesante” . Inevitabilmente la scelta cade sull’M4. La vicenda che porterà il nostro a riequipaggiare i battaglioni di “grease monkeys” (scimmie del lubrificante, così sono soprannominati i carristi del Corpo) inizia al Dipartimento della Guerra a Washington il 28 novembre 1942, quasi un anno prima di Bougainville e mentre a Guadalcanal si muore ancora. Ad una riunione dell’International Tank Commitee, i delegati dell’USMC iniziano a “cercare” il loro carro medio tra le varie versioni dell’M4 . Vista l’impossibilità di avere in tempi stretti M4, M4A1 ed M4A3 destinati prioritariamente all’esercito ed alla Gran Bretagna, i delgati si orientano verso l’ M4A4, una versione destinata a restare negli U.S.A. per l’impiego in addestramento. Ad un certo punto, però, i Marines si rendono conto che potrebbe essere disponibile in tempi ancora più brevi un’altra versione: l’M4A2. Non interessa all’esercito, perché è un diesel ed è destinata all’esportazione tramite i canali Lend – Lease verso Unione Sovietica e Inghilterra…e così, suo malgrado, il Corpo ne diventa l’unico utilizzatore statunitense ed i responsabili programmano di acquisirne inizialmente 168 esemplari. Dunque ecco sfatato uno dei “miti” che troppo spesso circondano questo famoso mezzo corazzato; non fu il tipo di propulsione (diesel anziché benzina, e quindi la possibilità di utilizzare il gasolio delle navi) a far orientare la scelta del corpo verso questa versione del carro, ma semplicemente la disponibilità in tempi ristretti. Infatti, dal punto di vista logistico, non rappresentava affatto un problema per l’USMC adottare un mezzo a benzina piuttosto che uno a gasolio…era semmai una questione di corazzature, calibro del cannone, mobilità a preoccupare i responsabili dei Marines… Era, in ultima analisi, una questione di vita o di morte per le “grease monkeys” che arrancavano nelle giungle del Sud Est Pacifico… tuttavia l’entrata in linea dell’M4 non è affatto indolore o priva di intoppi. I primi ad arrivare, completi di manuali d’istruzione, lista completa delle componenti meccaniche e parti di ricambio sono 22 M4A4, frutto dell’interesse iniziale del Corp per questa versione. Totalmente inutili. Vengono trattenuti presso il Training Command di San Diego, mentre si procede con al decisione di riequipaggiare due Tk Battalion (medium) con l’M4A2. Due battaglioni, inizialmente, solo due perché le 33 tonnellate del nuovo carro medio sono al di sopra delle possibilità dei mezzi da sbarco disponibili in quel momento, e quindi si pensa di destinare i mezzi a due battaglioni del I (poi V) e III Amphibious Corp il cui compito sarà assaltare le isole del Pacifico centrale. Li i mezzi potranno sbarcare direttamete dalle LST (Landing Ship, Tanks) , grossi vascelli capaci di “spiaggiare” e scaricare i carri dalle rampe sulla prua apribile. In realtà solo uno di questi Corp’s Tk Bn (med) verrà formato e vedrà le sue compagnie combattere sparpagliate in supporto di quattro diverse divisioni mentre i battaglioni esistenti, verso la fine del 1943, passano gradualmente da una configurazione leggera ad una con due compagnie di carri leggeri ed una di carri medi, con 17 mezzi ciascuna (anche se in realtà solo il 1st ed il 4th Tk completeranno la trasformazione…) ed il tempo del “primo sangue” si avvicina…
Spiaggia Rosso Uno, isola di Betio, atollo di Tarawa, 20 novembre 1943… … l’inferno, o qualcosa che ci assomiglia molto, è a 1200 yarde dal punto di rilascio dei carri dall’LST. Sono sei, M4A2 75mm (dry stowage) di produzione intermedia con la scudatura M34 e la protezione della trasmissione monoblocco in fusione. Appartengono alla Compagnia C, del I Marine Amphibious Corps Tank Battalion. Il primo carro affonda quasi subito nel cratere di una bomba scavato dal bombardamento navale e nascosto dalle onde della marea. Agli equipaggi degli altri cinque, man mano si avvicinano alla costa, si presenta uno spettacolo allucinante. Davanti ai piloti sulla spiaggia si stende uno strato di corpi, alcuni immobili, altri urlano e gemono per le ferite…sono i Marines colpiti nel corso del primo assalto contro l’isolotto , presidiato dalle forze di elite della 7h Sasebo special Naval Landing Force e dalla 6th Yokosuka SNLF, l’equivalente giapponese dell’USMC, sopravvissuti quasi incolumi al terrificante bombardamento navale. I carri iniziano a muoversi lungo la spiaggia , non possono attraversarla, altrimenti rischierebbero di schiacciare i corpi dei loro compagni, ma così facendo iniziano a cadere uno dopo l’altro vittime del fuoco dell’artiglieria giapponese o a infossarsi nelle buche lasciate dal bombardamento navale…due di loro ce la fanno ad arrivare nell’entroterra, CHICAGO e CHINA GAL. CHICAGO viene messo subito fuori combattimento, mentre CHINA GAL riceve un colpo sulla torretta dal pezzo da 37 mm di uno dei carri Type 95 Ha-Go presenti sull’isola. Il colpo non puo’ penetrare la torretta dell’M4 ma danneggia l’anello del meccanismo di rotazione della torretta, che si inceppa. A questo punto CHINA GAL, privo dell’armamento principale, carica l’Ha Go e lo mette fuori combattimento. Nel frattempo, a 500 yarde dalla spiaggia Rosso 3, otto altri M4 del secondo e terzo plotone si preparano ad entrare all’inferno. Uno affonda subito in un cratere mentre altri tre del secondo plotone riescono a raggiungere Rosso 2; uno diventa il primo dei tanti carri che cadranno vittime delle mine magnetiche giapponesi; un altro si impantana in una buca… i quattro carri del terzo invece vengono tutti colpiti, dall’atiglieria, dagli assalti della fanteria nipponica, addirittura uno, CONDOR, da un bombardiere in picchiata dell’US NAVY. Ma un altro M4, COLORADO, colpito da un lancio di bottiglie molotov, si ributta in mare, spegne le fiamme e ritorna in azione… CHINA GAL, con l’armamento principale inutilizzabile, COLORADO e CECILIA, un carro recuperato a largo della spiaggia Rosso 1, sono tutto il supporto corazzato che hanno a loro disposizione i Marines fino a D+1, il secondo giorno, quando arrivano gli M3 delle compagnie B e C del 2nd Tk Bn. Ma faranno la differenza. Per prendere l’Atollo di Tarawa moriranno 1113 Marines, per cercare di difenderlo 2600 giapponesi e 2200 lavoratori ausiliari. Molti di questi ultimi cadranno proprio sotto i colpi dei 75mm degli M4, capaci a differenza del 37mm dell’M3 di fare a pezzi molti dei bunker giapponesi…alla fine, i sopravvissuti della compagnia C, I Corps Mediun Tank Battalion vengono aggregati al 2nd Tk Battalion come Compagnia A… la lunga corsa attraverso il Pacifico è iniziata.
26 dicembre 1943, Capo Gloucester… Nulla è paragonabile agli orrori del terreno di Capo Gloucester. L’area è ricca di una fittissima foresta, con poche aree aperte e pochissime piste transitabili che diventano torrenti di fango con le pioggie e che anche asciutte sono spesso troppo soffici per supportare il peso di un carro… la compagnia A del 1st Marine Tk Bn. deve combattere li,in appoggio alla 1st Marine Division, sotto il comando di Douglas Mc Arthur. L’obbiettivo è conquistare gli aeroporti giapponesi ed isolare Rabaul. Per farlo ottiene in prestito dai depositi dell’US Army in Astralia 22( secondo altre fonti 14) M4A1 (proprio la versione che NON era disponibile a tempi brevi…) e il 26 dicembre 1943 assalta la Nuova Brittannia. I carri sono M4A 1 75mm dry, di produzione intermedia/tarda. Inizialmente non portano insegne, poi ricevono una numerazione sui tre quarti posteriori della torretta. Questo si rende necessario perché la Compagnia A inizia un lavoro di affinatura delle tattiche di cooperazione tra carri e fanteria che diventeranno uno degli strumenti principali del successo dell’USMC nel Pacifico. I carri appoggiano la fanteria e quest’ultima protegge i lati ciechi dei primi… a Cape Gloucester gli M4 si rivelano preziosi come sempre, anche se per colpire i bunker vicino alla costa in almeno un caso i carri dovranno essere caricati su mezzi da sbarco ed operare come corazzate in miniatura… accade il 6 marzo, durante gli sbarchi nella baia di Volupai. Gli M4, a bordo di LCM dell’esercito(!!!) colpiscono le posizioni giapponesi con il fuoco delle mitragliatricie dei pezzi da 75mm…
Due ore… ...è quanto serve, appunto il primo febbraio 1944, alle compagnie A e C del 4th Marine Tank Battalion, 4th Marine Divisdion, sbarcate in supporto del 23 Marines per ptrendere l’isolotto di Roi, nell’atollo corallino delle Marshall, chiamato in codice “burlesque” . Ad apoggiare i leathernecks ci sono 10 M4A2 e tre M5A1; il 4th Tk Bn. è il primo battaglione corazzato dei Marines ad entrare in azione con al nuova composizion “mista”. Ma se a “burlesque” la situazione si risolve abbastanza in fretta, a “camouflage” , la limitrofa isoletta di Namur, i 10 M5A1 della compagnia B si ritrovano assaltati da ondate di fanti giapponesi e la situazione potrebbe volgere al peggio per il 24th Marines che deve prendere l’isola, farcita di spider hole, tane di ragno, come i marines chiamano il complesso sistema di fortificazioni intercomunicanti presenti a Namur e da cui i difensori infliggono pesanti perdite al ventiquattresimo..… A Roi 4 carri si riforniscono di carburante e munizioni e attraversano una sottile striscia di sabbia che collega le due isolette ... sono tutti e 4 degli M4, perché gli M5 si rivelano incapaci di effettuare la traversata. JENNY LEE, JEZEBEL, JOKER e JUAREZ, come si chiamano i carri ( nel 4th si usano le lettere H, I, J, K), quella notte faranno la differenza spezzando e respingendo un furioso contrattacco giapponese… Il resto è un’operazione di rastrellamento che porterà anche all’eliminazione di diverse Tankette type 94 e di un carro anfibio Type 2 Ka-mi… Ma non è finita, “The Outer Ring” , l’anello esterno, come vengono chiamate le isole estreme del sistema di difesa giapponese, non è ancora del tutto spezzato…
Eniwentok …simile alle Isole Marshall, l’atollo viene assaltato da forze dell’Army e dei Marines il 18 febbraio. Il 22nd Marines Regiment sbarca ad Engebi, appoggiato dal 2nd Separate Tk Coy e i difensori giapponesi vengono spazzati via… poi l’unità si sposterà nell’Isola di Eniwentok vera e propria, eliminando gli ultimi difensori ed un pugno di Type 95 Ha-go interrati in postazioni fisse, una tattica inefficace che sempre piu’ spesso le forze corazzate del Sol Levante adotteranno. Il 22 febbraio tocca all’ultimo tassello, Parry Island, e ancora una volta gli M4A2 della 2nd Sep.Tk. Coy “sbrigano” la formalità rappresentata dalle forze corazzate nipponiche presenti sull’isola; tre Ha-go, seguendo un tragico copione che si ripeterà sempre piu’ spesso, si lanciano all’assalto della testa di ponte e vengono eliminati subito, gli altri, per un totale di una compagnia, nel corso dell’ennesimo inutile contrattacco suicida nella notte. L’anello è spezzato, i giochi sono pronti per il primo di una serie di scontri decisivi…
Le regole del gioco… …sono cambiate da Guadalcanal, dalla Nuova Georgia, da Tarawa…le regole ora sono sempre piu’ consone a quelle del Corpo dei Marines, regole che parlano di gioco di squadra…Niente piu’ carri da soli, prede facili in ambienti angusti della fanteria con i loro numerosi punti ciechi. Prima del 1943 non esisteva alcuna forma di addestramento alla cooperazione tra carri e fanteria, ma dopo una serie di trgiche esperienze durante le prime campgne nel Sud Ovest del Pacifico, le divisioni e le compagnie carri dei vari battaglioni iniziano a studuiare e sviluppare tattiche ad hoc. Ho scritto le compagnie perché raramente, in questa fase del conflitto, i battaglioni combattevano come una singola unità, al contrario le compagnie venivano assegnate ai vari reggimenti o addirittura alle varie divisioni, ed è quindi su di queste che ricade la responsabilità dell’addestramento. Questo porterà a variazioni e differenze tra le varie unità e curiosamente, non si avrà un manuale di tattiche “ufficiale” fino a dopo la conclusione del conflitto!!! Tra le unità che prenderanno molto sul serio questo tipo di addestramento, si distingue la 4th Marine Division, memore delle difficoltà incontrate a Roi-Namur, arrivando addirittura a sperimentare una forma di cooperazione carri- artiglieria, con i primi che attaccano DIRETTAMENTE sotto un bombardamento della seconda effettuato con spolette altimetriche, le airbust, che esplodono ad una certa quota seminando una pioggia di scheggie micidiali per la fanteria… L’unità sperimentò la tattica in esercitazione ed il comandante del battaglione corazzato descrisse le sensazioni sperimentate dai suoi uomini dentro i mezzi sotto bombardamento come “…pioggia su un telo...” nessun carro venne danneggiato ma un carrista si ferì gravemente a causa di una scheggia penetrata dalla feritoia di un iposcopio danneggiato… per quanto se ne sa non fu mai tentata in combattimento.. Ma a parte questo tutto è pronto per la prima partita decisiva, ed i Marines ci andranno come una squadra i cui membri lavorano “tutti insieme” , “Gung – Ho”, appunto, la frase in cinese che per il Corpo ne sintetizza in pieno lo spirito..
Le Isole Marianne sono nella cintura interna del sitema difensivo giapponese, sono piu’ estese degli atolli occupati finora, sono ben protette, con una forte guarnigione appoggiata dal 9 reggimento corazzato, un’unità che dispone oltre che dei piccoli e superati type 95 Ha-go, anche di carri Type 97 Chi-ha, ed anche di alcuni Type 97kai Shinoto Chi-ha, armati di un pezzo da 47 mm capace di penetrare la protezione laterale di un M4. La prima e la seconda compagnia sono a Guam, la terza, quarta e quinta a Saipan. A Guam c’è anche la 24 compagnia indipendente e tanti, molti pezzi anticarro da 47 mm Type 1…. Il 15 giugno 700 amtracs assaltano Saipan e nel pomeriggio sbarcano i carri del 2nd e 4th Tk Bn., nuovamente riorganizzati su tre compagnie con 46 M4A2 e 14-24 M3A1 Satan, dei vecchi stuart convertiti in carri lanciafiamme. La testa di ponte è profonda 900 yarde e gli M4 iniziano subito a “zittire” le postazioni di artiglieria giapponesi. Con la notte arriva il contattacco. Un distaccamento delle Special Naval Landing Force sbarca a Garpang, sul fuianco sinistro della spiaggia piu’ settentrionale, appoggiata da alcuni carri Type 2. Inizia una notte dove la luce artificiale dei proiettili illuminanti Star Shell sparati dalle navi al largo forniscono una cornice irreale ai Bazooka team e agli M4 dei Marines che massacrano le esigue forze corazzate nipponiche. All’alba la stessa sorte è subita anche da alcuni carri Type 95 sempre delle SNLF e della 4 compagnia del 9 reggimento, annichiliti dal fuoco dei carri americani. Il giorno dopo i Marines e L’Esercito sfondano il perimetro della testa di ponte. Durante questa fase, l’M4 del Sgt Bob McCard resta isolato e viene messo fuori combattimento da un pezzo d’artiglieria da 77mm. Mc Card, pur ferito, respinge l’assalto della fanteria giapponese con una mitragliatrice e delle bombe a mano per coprire la fuga del suo equipaggio, fino a restare ucciso. La sua azione gli varrà la Medaglia d’Onore del Congresso e, cosa molto più importante, salverà la vita dei suoi uomini..
L’ultima carica del colonnello Goto La sera del 16 giugno l’Ammiraglio Nagumo ordina un contrattacco generale. Per il 9 reggimento del colonnello Hideki Goto, ridotto ad una quarantina di carri dai distaccamenti di mezzi a Guam e dalle perdite subite nelle trentasei ore precedenti, arriva il momento di immolarsi per la gloria dell’imperatore. I carri, tra le rovine della città di Garapan, si preparano all’assalto insieme al 136 reggimento di fanteria che deve appoggiarli. Alcuni carri erano già stati avvistati dalla ricognizione aerea nel mattino e Garapan è vicina, troppo vicina alle linee del 1/6th e del 2/2nd Marines che sentono i giapponesi e chiamano in rinforzo un plotone della A Co. del 2nd Tk. Bn., diversi semicingolati M3 75mm SPM . Alle 03,00 del mattino el 17 giugno inizia il piu’ grande attacco giapponese con mezzi corazzati di tutta la guerra del Pacifico. Il colonnello Goto dalla torretta del suo carro comando Shi-ki (un type 97 privo di armamento principale) ordina l’inizio dell’attacco secondo un preciso rituale. Alza la sua spada da ufficiale, le fa compiere un cerchio sopra la sua testa e la punta in direzione del nemico. Ogni capocarro del 9 reggimento ripete il gesto. Alle 03,45 i giapponesi arrivano a contatto con le linee americane. Gli “Star Shell” navali illuminano i carri che stanno caricando, i pezzi da 37mm ed i bazooka iniziano a falciare i mezzi di testa. Dietro di loro ci sono i carri e gli SPM, ancora dietro mortai da 81mm e pezzi da 105mm… e al largo, i grossi calibri delle navi. Nella confusione altri carri finiscono in una palude che si trova a lato della scena della battaglia e rapidamente restano immobilizzati nel fango. La loro immobilità non fa che facilitare il lavoro degli artiglieri e dei carristi americani. Per la prima volta, i secondi iniziano a realizzare che i proiettili AP (Armour Piercing) sono del tutto inadeguati per eliminare i carri giapponesi. Infatti la corazzatura di qest’ultimi è talmente esigua che i penetratori balistici degli AP passano da parte a parte senza fare troppi danni (!) e si comincia ad impiegare gli HE (Hig Explosive) generalmente idonei a colpire i bersagli non protetti. E’ un inferno di fuoco e metallo che brucia. L’attacco sembra spegnersi, poi, in un’atmosfera irreale sotto la luce artificiale con la sua voce che urla sopra il fragore dei colpi americani, Goto arringa ancora una volta i sopravvissuti e la carica riprende, il 9 reggimento arriva anche a sfondare le linee americane e a distruggere le postazioni di tre Howitzer ma, uno dopo l’altro quasi tutti i carri giapponesi vengono prima isolati e poi eliminati. Sopravviveranno in dodici, sei Ha go e sei Chi-ha. Ci penserà la C Coy del 2nd Tk Bn. ad elimiare la metà di quest’ultimi il 24 giugno appena fuori Garapang. La notte tra il 16 e il 17 i giapponesi hanno perso almeno 32 carri, ma il conto è difficile, per come sono conciati molti dei veicoli giapponesi… dieci giorni dopo sull’isola ci sono solo tre carri giapponesi..altre cariche suicide, altre sanguinose battaglie, ma il destino di Saipan è segnato nonostante per lei si immolino, inutilmente 29811 giapponesi, il 98% della guarnigione iniziale.
Tinian, Guam… Il 24 luglio tocca a Tinian. Il 18° reggimento di fanteria giapponese ha 15 Ha-go, che svaniranno presto sotto i colpi del 4th Tk. Bn. , due sulle spiaggie, il giorno stesso dello sbarco. Poi, nella notte tra il 24 e il 25, 2000 uomini e i dieci superstiti contrattaccano le forze americane. Moriranno in 1250 perdendo tuti e dieci gli Ha-go. Il 26 l’isola è sicura. Il 21 luglio Tocca Guam, tocca al 3rd Tk Bn. e a due independent tank company, la 2nd e la 4th. Sull’isola ci sono la prima e la seconda compagnia del 9° con 29 Chi-ha e Ha-go, e la 24 compagnia indipendente, con 9 Ha-go. Inizia lo stillicidio di inutili contrattacchi, cinque Ha-go, respinti da bazooka, artiglieria e finiti dagli M4 della 4th Ind. Tk. Co., poi cadono altri cinque Type 95, due sotto i colpi della 2nd Ind. Tk. Co, e così via. Alla fine sopravviveranno solo 11 Chi-ha della seconda compagnia del 9 reggimento che si ritirano versd Agat, e vengono preservati per l’utilizzo in attacchi notturni di disturbo contro le linee americane. Ma il loro destino è segnato e la fine inevitabile è solo rinviata. L’8 agosto cinque mezzi attaccano e sfondano le linee americane. Piove a dirotto, e i Bazooka a funzionamento elettrico, bagnati, falliscono. Il giorno dopo gli M4A2 che non soffrono particolarmente la pioggia, distruggono due dei carri giapponesi e ne catturano (!) altri sette … il 12 agosto, al prezzo di 1290 morti, Guam è in mano americana. I caduti giapponesi sono 10693, i prigionieri 98….
Assestamento… Nelle Marianne i battaglioni corazzati dei marines sono tutti equipaggiati con L’M4A2, alcuni di questi sono nella nuova version wet stowage, con le riserve delle munizioni “bagnate” cioè protette da compartimenti isolanti con del liquido ignifugo. Fanno la loro comparsa anche i dozer tank, M4 equipaggiati con lame apripista, preziosissimi per aprire varchi e preparare sentieri e postazioni, oltre che per “rimuovere” le fortificazioni ed i bunker avversari. E si diffondono le protezioni aggiuntive contro le minacce tipiche di quel teatro di guerra: le mine magnetiche e le tattiche suicide dei caccatori di carri nipponici. Il 4th Tk. Bn. già dalla campagna di Roi Namur aveva iniziato a rivestire le fiancate dei propri carri con tavole di legno per evitare l’aggancio di mine magnetiche, e così pure i carri della 2nd Sep. Tk Co, cosi’ come sulla parte frontale si inizia a stendere uno strato di cemento, sempre per evitare il rischio delle mine. Nel Pacifico i carristi americani devono combattere “buttoned up”, chiusi nei loro mezzi per il pericolo delle cariche della fanteria giapponese… appaiono anche protezioni ausiliarie per i portelli, che spesso i cacciatori di carri cercano di aprire, segmenti di cingolo ricoprono le parti esposte della torretta o dell’arco frontale del carro, aumentandone la protezione contro le “mine a palo”, due mine anticarro legate in cima ad un palo di 10 piedi che i fantaccini giapponesi usano come una lancia contro i mezzi USA…Ma la difesa piu’ efficiente è costituita dalle nuove tattiche carri/fanteria. Quanto elaborato dai Marines funziona, la “physical protection”, come viene chiamata, comporta la scorta ravvicinata di una squadra di fanteria che sorveglia i lati e le aree cieche dei mezzi corazzati pronta a falciare le squadre di cacciatori di carri giapponesi. I capisquadra comunicano con i capocarri attraverso un telefono da campo montato esternamente al mezzo. Nelle aree aperte, si puo’ utilizzare un’altra variante di queste tattiche, il “fire support” che sposta la squadra di fanteria molto indietro e che copre il carro con il fuoco diretto delel proprie armi…quest’ultima opzione fu molto usata nella marianne, che offrivano un ottimo “tank country” con vaste coltivazioni di canna e campi aperti, era tuttavia rischiosa, visto che i carri e la fanteria potevano comunicare solo con il telefono o i gesti, visto che le radio operavano su frequenze diverse(!?!). Nelle Marianne il binomio compagnia di fanteria/plotone di M4 viene integrato da un M3 Satan, un carro lanciafiamme, dove il pezzo da 37 mm è stato sostituito da un lanciaffiamme ronson. Il mezzo gode della scorta ravvicinata di un M5A1 convenzionale. Questi carri sono integrati nella compagnia D di ogni Tank battalion, ma non sono molto popolari.L’M3 è ormai superato, con una corazzatura insufficiente, il lanciafiamme ha una gittata molto limitata e una scorta di liquido infiammabile esigua, inoltre la torretta è molto limitata nel brandeggio per via della sistemazione interna del complesso lanciafiamme. Tuttavia, la tattica funziona, i carri ottengono molti successi e preparano al via a sviluppi futuri.
Un angolo d’inferno dimenticato... …. Si trova nel Pacifico, 730 miglia a sud ovest di Guam, 600 miglia ad est delle Filippine, nellarcipelago delle isole Palau; il suo nome è Peleliu. Sopra c’è un aeroporto costruito dai giapponesi che ne hanno ottenuto il controllo nel 1922 dalla Lega delle Nazioni, dopo averle sottratte alla Germania nel 1914. Non è ancora chiaro quanto e se fosse necessario assaltare quest’isola presidiata da oltre 10000 uomini della marina e della 14° divisione di fanteria dell’esercito imperiale, e ritengo altresì che questo esuli dall’argomento dell’articolo, tuttavia mi sento di puntualizzare che, il 13 di settembre, 48 ore prima dello sbarco, l’Ammiraglio Halsey raccomandò la cancellazione del piano Stalemate II nel cui complesso era incluso l’assalto a Peleliu. La raccomadazione non venne ascoltata e 9500 uomini della 1st Marine Division e dell’81st Infantry Division dell’esercito morino o restarono feriti… Comunque sia, il 15 settembre il 1st Marine Tk.Bn. porta 30 dei suoi M4A2 sulla spiaggia di Peleliu, solo 30, perché l’invasione imminente delle Filippine ha limitato il numero di navi da trasporto disponibili per l’operazione nell Palau. Tutti i carri della prima ondata sono colpiti dal fuoco delle batterie giapponesi, ma i Marines sfondano e nel pomeriggio sono ai bordi della pista dell’aeroporto. Alle 16,05 arriva, puntuale, il contrattacco giapponese. La 14 compagnia carri lancia i sui Type 95 Ha-go in una carica attraverso la pista dell’aeroporto da nord. I mezzi hanno a bordo i fucilieri di una compagnia del 1° Battaglione, 2° Reggimento e puntano verso le linee del 1/5 marines. Il copione si ripete e ai bazooka, ai 37mm ed alle browning M2 da 12,7 dei fanti di marina (tutte armi capaci di penetrare la protezione degli Ha-go) si aggiungono 8 M4A2 delle A e B Co. Del 1st Tk. Bn. I carristi, come già I loro colleghi nelle marianne, realizzano che gli AP non hanno effetto, poichè I carri giapponesi hanno una protezione talmente esigua da non offrire sufficiente resistenza (il perforatore ad enegia cinetica si basa sul principio che l’attrito incontrato nel tentativo di penetrare la protezione del carro produce calore e pioggia di schegge incandescenti all’interno del mezzo e quindi tutta una serie di effetti secondari micidiali… ma se la corazzatura è molto sottile, allora è un pò come sparare un proiettile su un forglio di carta, ottieni solo un buco…). Pochi attimi di smarrimento e poi i capocarro ordinano il passaggio ai proiettili HE. L’effetto è assolutamente devastante. Tale è la violenza della tempesta di fuoco scatenata sugli attaccanti che non si è mai riuscito a dterminare con precisione il numero dei mezzi giapponesi coinvolti, probailmente tra gli 11 ed i 17. I carri del 1st Tk Bn. continuano a supportare i Marines nella difficile opera di conquista dell’isola. E di riduzione delle numerosissime sacche di resistenza nel complesso montagnoso centrale dell’Umurbrogol e sull’isola limitrofa di Ngesebus. I pochissimi Dozer tanks si rivelano preziosissimi per aprirsi la via nella vegetazione, mentre le temperature arrivano ad oltre 44 gradi centigradi con un’umidità del 70%. La resistenza giapponese è come sempre micidiale,ed il 75% dei capicarro viene ferita od uccisa. Poi, il giorno D+14 arriva una decisione clamorosa. Il comandante della divisione, Maj. Gen. Rupertus, ordina il ritiro del 1st Tk Bn che ha ancora una dozzina di carri efficienti. La sorpresa tra i carristi ed i fanti è grande, soprattutto perché l’appoggio a fuoco dei mezzi pesanti si è rivelato preziosissimo. Sconcertati i superstiti si reimbarcano per i loro accuartieramenti di Pavuvu, nelle Salomone, una fetta di giungla piazzata in mezzo al nulla dove, nella stagione dei monsoni, dovevi ancorare la tua branda ad un albero per non andare alla deriva… Molto meglio andavano le cose per il 4th Tk Bn, stanziato a Maui, quello si un vero paradiso tropicale lontano dagli alti comandi e con per giunta, tracce di civilizzazione ed una popolazione locale molto amichevole ed ospitale… Ma c’è ancora una guerra da finire, e due battaglie da combattere…
L’isola di zolfo. Così i Giapponesi chiamano Iwo Jima. Sono 22.000 agli ordini del Generale Tadamichi Kuribajashi. L’hanno scavata, fortificata, imbottita di postazioni di artiglieria e mortai intercomunicanti attraverso una rete di gallerie. Paradossalmente, gli unici a non rappresentare una minaccia sono proprio i carri Type 97 Chi-ha del 26° reggimento; il loro comandante, il Tenete Colonnello Nishi, vorrebbe impiegarli come una sorta di riserva mobile, ma il comando gli ordina di distribuirli in postazioni seminterrate fisse. Verranno tutti eliminati dai bazooka team americani. L’assalto è affidato alle 3rd, 4th. 5th marine division, appoggiate dai rispettivi battaglioni carri. Ma alcune cose sono cambiate. Il 4th e il 5th Tk Bn. hanno appena lasciato i loro amati M4A2 Diesel per dei nuovissimi M4A3 75mm (wet). Il Corpo ormai deve gestire una flotta di oltre 500 carri medi in 6 battaglioni, e la versione Diesel sta per uscire di produzione. L’unica alternativa è stadardizzarsi sulla versione dell’esercito, con un propulsore Ford a benzina di cui gli equipaggi apprezzano subito la maggior potenza (anche se diffidano della propulsione a benzina ritenendo che faciliti gli incendi nel caso il carro sia colpito). Altra gradevole sorpresa è la presenza della cupola del capocarro con i vision block a 360°, presente peraltro anche su alcuni degli ultimi M4A2. Ma non basta. L’impiego dei carri lanciafiamme nella Marianne ha dato ottimi risultati, ma è impensabile continuare ad usare gli M3. Serve qualcosa di piu’ moderno. Una prima soluzione viene dalal possibilità di montare al posto della mg coassiale un lanciafiamme E4-5, dal raggio peò ancora limitato. La risposta arriva dalle Hawaii, dove un gruppetto di tecnici del Chemical warfare dell’esercito, dei Seabees della Navy e di carristi dell’USMC ha modificato un lanciafiamme Mk1 adattandolo per poterlo impiegare all’interno della torretta dell’M4 attraverso un tubo di lancio del tutto simile al pezzo da 75mm. Il sistema funziona puntando il pezzo come fosse un normale cannone e permette di lanciare un getto di napalm infiammato fino a 150 yarde per una durata che varia dai 50 agli 80 secondi. Un successo. Sfortunatamente solo otto M4A3 potranno essere modificati da questo improvvisato team di specialisti, e saranno distribuiti tra il 4th ed il 5th Tk Bn. Il 3rd, inizialmente trattenuto come riserva a bordo dellnavi, dovrà arrangiarsi con i vecchi E4-5. Ogni battaglione ora conta 67 M4, tra cui carri lanciafiamme, Dozer, e veicoli recupero M32B2 e B3. Ancora prima dello sbarco, ci sono già problemi. I carristi non hanno idea del tipo di terreno che troveranno oltre le due terrazze larghe 20 yarde di fronte alla Landing Zone. Lo spettacolo và in scena il 19 febbraio dopo un terrificante quanto inutile bombardamento aeronavale. I primi a sbarcare sono il 4th e 5th Tk. Bn. niente contrattacchi, ma da subito un inferno di artiglieria e mitragliatricida ogni dove. I carri iniziano alavorare le fortificazioni secondo la tecnica detta “screwball and blowtorch”, cacciavite e fiamma ossidrica. I gun tank coprono i lanciafiamme che si avvicinano ai bunker per bruciarli. Le perdite sono subito fortissime. Artiglieria, mine, squadre suicide fanno pagare un pedaggi altissimo ai carri dei marines, inbottiti di protezioni supplementari. Alla fine del primo giorno, dei diciotto carri arrivati per primi sulla spiaggia, solo la metà è ancora operativa. Sette M4 della C Co. del 5th appoggiano, il gorno 22, l’assalto al monte Suribachi che culminerà con il celebre alzabandiera. Il 24, all’alba, 25 M4A2 del 3rd TkBn sbarcano e raggiungono il fronte. La lotta è durissima, si combatte letteralmente per ogni metro di terra, le perdite oscillano per i reparti corazzati sempre sopra il 30%. Ad un certo punto dovranno essere combinati tutti i carri superstiti dei trre battaglioni per un attacco contro l’altopiano di Motoyama, oltre 100 mezzi. La campagna si chiuderà dopo sei settimane d’inferno, e costerà ai Marines 49 dei 150 carri impiegati e 5855 vite umane…
L’ultimo passo, alle porte dell’Impero… …lo compiono la mattina del 1 aprile 1945 1000 amtracs che portano sulla spiaggia di Okinawa Shima una forza d’invasione che potrà contare sull’appoggio di 800 carri armati. A fronte, il Generale Ushijima, comandante della 32 armata giapponese puo’ disporre solo il 27° reggimeto corazzato, sotto organico con 13 Ha-go e 154 Chi-ha. Ma Ushijima è ben conscio che se vuole non dico respingere, ma quantomeno rallentare le forze d’invasione, deve puntare molto sul contrasto dei mezzi corazati. Nell’operazione Iceberg, come è chiamato in codice l’assalto ad Okinawa, sono coinvolti due Marine Divisio, la 1st e la 6th, supportate dai rispettivi Tk. Bn. Il 1st Tk Bn comandato dal colonnello Arthur J. Stuart è riuscito a mantenere i suio fidati M4A2 diesel , mentre il 6th, nella cui compagnia B è confluita la veterana 2nd Sep. Tk. Co. ha in dotazione gli M4A3. Curiosemante nessuno dei due battaglioni ha carri lanciafiamme, che saranno invece forniti come supporto dalla Co. B del 713 Tk Bn. (Flamethrower) , dell’esercito, equipaggiata con M4 armati di lanciafiamme ultimo modello H1. Ai due battaglioni tocca anche sperimentare il sistema T6, un complesso sistema fatto di serbatoi galleggiabili gonfiabili che dovrebbero permettere ai carri di “navigare” fiono alla costa insieme alle prime ondate di mezzi da sbarco. I carri del 6th vvengolo lanciati dalle navi alla distanza giusta ed in perfetto orario e, anche se due affondano, gli altri arrivano a riva tranquillamente. Per il 1st, le cose vanno un po’ diversamente… Il comandante di una LST lancia i sei M4 che ha a bordo con un’ora di ritardo a dieci miglia dalla costa… due affonderanno , gli infuriati superstiti del piccolo contingente ci mettono cinque ore a raggiungere la spiaggia… Nei giorni seguenti i due battaglioni appoggiano le rispettive grandi unità in una lotta senza quartiere con le squadre di cacciatori di carri, le bombe di aereo interrate e trasformate in mine e le fortificazioni del Generale Ushijima. Sfruttando il terreno spesso alcuni carri occupano le alture e da li individuano e colpiscono le postazioni dei cannoni anticarro… Nel 1st Tk. Bn. La tattica si evolve nella forma definita “processing” (letteralmente “processare”) in cui i carri “lavorano” sistematicamente ogni possibile bersaglio in un raggio di 1500 yarde a partire dal punto più avanzato della linea carri. La fanteria copre, immediatamente alle spalle dei carri, poi avanza con tutto lo schieramento di 500 yarde e l’operazione si ripete… Avanti così, fino all’estremo meridionale dell’isona, la penisola di Kiyan, dove l’ultima resistenza della 32^ armata di Ushijima collassa tra il 21 e il 30 giugno 1945 in una inutile sequela di assalti suicidi… La porta dell’impero è spalancata...
Epilogo …ma i carri dei Marines la varcheranno senza sparare un colpo. Il 6 agosto 1945 un solitario B29 con una sola bomba pone fine alla guerra ed ad un’era, spalancandone un’altra. Ma queste considerazioni non interessano le Grease Monkeys. Per loro questo significa solo che non dovranno testare in combattimento il loro nuovi M4A3 105mm appena ricevuto (la versione con il 75mm è uscita di produzione…) e arriveranno tranquillamente a Sasebo e Yokosuka per compiere i loro compiti di occupazione. Il 1st e 6th TkBn. Andranno in Cina, per sovranintendere al disarmo dele forze giapponesi. La nostra storia si chiude, così proprio in quel paese dove, 22 anni prima, con un plotone di carri M1917A1 (Renault FT 17 americani) prestati sulla base di un accordo verbale dall’esercito, iniziò la storia dei reparti corazzati dell’USMC…
Bibliografia: Tank battles of the pacific war - Concord Armour of the Pacific war – Osprey M3 and M4 in Pacific combat – Kagero Japanese Armour – AJ Press Allied Axis journal Vol. 8 Peleliu 1944 – Osprey Okinawa 1945 – Osprey US Marine Corps Tank Crewman 1941-1945 - Osprey
Fabrizio1966 |
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