| Breve studio sui simboli di uno Stato: La Repubblica Sociale Italiana: 1943-45 |
Stemmi e bandiere della Repubblica Sociale Italiana Gli avvenimenti che portarono alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana sono noti: la crisi politica e militare conseguente lo sbarco alleato in Sicilia, la caduta del fascismo, la lunga estate del ’43 vissuta tra i tedeschi che discendevano la Penisola e gli alleati che si preparavano allo sbarco sul continente, l’8 settembre. Una data spartiacque. Una data, in assenza di governo e di punti di riferimento certi, che pose migliaia di giovani e non a fare i conti con la propria coscienza. Le scelte furono certamente dolorose e produssero ferite che a tutt’oggi stentano a rimarginare. Con la liberazione di Mussolini e il suo trasferimento in Germania da parte dei tedeschi fu annunciata la costituzione di un nuovo Stato che comprendeva la parte della nazione non ancora raggiunta dagli alleati e si provvide, nell’autunno del ’43 alla costituzione di una nuova entità territoriale: la Repubblica Sociale Italiana. Uno Stato per essere “visibile” deve avere dei simboli quali l’inno, lo stemma, il sigillo e la bandiera. Subito dopo la formazione del governo, si provvide a cancellare i simboli che ricordavano il periodo regio. Dalle bandiere scomparve lo scudo sabaudo, il cui “buco” fu rattoppato con stoffa bianca, come scomparvero dai fregi degli ufficiali le coroncine reali. Intanto si studiavano i simboli del nuovo Stato che furono ufficializzati solo nell’anno successivo. Con decreto legislativo, n. 15 in data 23 gennaio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Sociale Italiana n. 38 del 16 febbraio 1944, furono istituiti lo “Stemma e il sigillo dello Stato”. Questo il testo: «Il Duce della Repubblica Sociale Italiana, Capo del Governo, ritenendo opportuno stabilire la foggia e l’uso dello stemma e del sigillo dello Stato; sentito il Consiglio dei Ministri; d’intesa col Ministro della Giustizia; decreta: Art. 1 – Lo stemma dello Stato è formato da uno scudo sannitico dai colori nazionali interzati in palo, sormontato da un’aquila, col bianco caricato del Fascio Repubblicano. Art. 2 – Il sigillo dello Stato porta impresso il Fascio Repubblicano e la legenda “Repubblica Sociale Italiana”. La foggia di detto sigillo è effigiata nella tavola annessa al presente decreto. Art. 3 – I sigilli delle Amministrazioni dello Stato riproducono il sigillo dello Stato e recano inoltre, in un cerchio interno, l’indicazione dell’Ufficio cui si riferiscono. Art. 4 – Il Fascio Repubblicano di cui al precedente art. 2 dovrà fregiare anche i sigilli dei notai e le fasce dei Podestà. Il presente decreto verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ed inserito, munito del sigillo dello Stato, nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti. Dal Quartier Generale addì 23 gennaio 1944-XXII. Mussolini». Visto, Il Guardasigilli: Pisenti
Stemma e sigillo della Repubblica Sociale Italiana.
Successivamente con decreto legislativo, n. 141 in data 28 gennaio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Sociale Italiana n. 107 del 6 maggio 1944, furono istituiti la “Foggia della bandiera nazionale e della bandiera di combattimento delle Forze Armate”. Questo il testo: «Il Duce della Repubblica Sociale Italiana, Capo del Governo, ritenendo opportuno stabilire la foggia della bandiera della Repubblica Sociale Italiana; sentito il Consiglio dei Ministri; decreta: Art. 1 - La bandiera della Repubblica Sociale Italiana e formata da un drappo di forma rettangolare interzato in palo di verde, di bianco e di rosso, col verde all’asta sormontato dal Fascio Repubblicano. Il drappo deve essere alto due terzi della sua lunghezza ed i tre colori vanno distribuiti nell’ordine anzidetto ed in parti uguali. Art. 2 – La bandiera di combattimento delle Forze Armate è caricata di un’aquila in nero ad ali spiegate su di un Fascio Repubblicano posto in senso orizzontale, il tutto come dalla tavola annessa al presente decreto. Il drappo deve essere alto un metro e lungo metri 1,50. Il presente decreto verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ed inserito, munito del sigillo dello Stato, nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti. Dal Quartier Generale addì 28 gennaio 1944-XXII. Mussolini». Visto, Il Guardasigilli: Pisenti
R.S.I.: Bandiera di Stato
R.S.I.: Bandiera di combattimento della FF.AA.
Il secondo decreto, nella parte relativa alla bandiera per le forze armate, è manchevole. Infatti a differenza dei decreti istitutivi delle bandiere e degli stendardi dei reggimenti e corpi del Regio Esercito Italiano il cui drappo era in pesante seta, per le bandiere dei corpi della Rsi non fu stabilita la qualità della stoffa del drappo. Esso fu confezionato in semplice tela, come risulta dai filmati, dalle foto e da quei pochi reperti salvatisi. E’ il caso di ricordare che l’aquila che guarniva il drappo era di forma e dimensione diversa. Dai filmati si notano “aquile” più o meno stilizzate di dimensioni tali da non toccare i colori laterali come pure si vedono “aquile” più elaborate con ricami in filo bianco che ne evidenziano le penne i contorni ecc. Pertanto anche per le bandiere, come per quasi tutto l’equipaggiamento della Rsi, la fretta, la mancanza di materie prime e di precisi disegni riportanti le misure, difficilmente se ne vedono due perfettamente uguali. Questo fu ampiamente notato, soprattutto dagli ufficiali anziani, tanto che ne fu prevista una di diverso disegno più rispondente ai dettami delle FF.AA.
R.S.I. Progetto per una nuova bandiera per le FF.AA.
Infatti rimase allo stato di progetto l’adozione di una bandiera, con drappo in seta con frangia dorata, per le forze armate della Rsi costituita da un Tricolore, di forma quadrata, con al suo interno gli stemmi dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e della Milizia, contornati da un ricamo di foglie d’alloro e di quercia in ricamo dorato.
© Bar49-Modellismopiù 2006
Opere consultate:
H. Küchler, Fregi, mostrine e distintivi della RSI, Milano, 1974. G. Rosignoli, RSI, uniformi, distintivi, equipaggiamento e armi 1943-45, Parma, 1989. U. Bellocchi, Il tricolore: duecento anni 1797-1997, Modena, 1996. |