| In questo articolo, vedremo in dettaglio gli interni del Carro Veloce L3/35, impiegato dal Regio Esercito durante la II Guerra Mondiale e da altri eserciti nel periodo compreso fra la metà degli anni '30 e la fine degli anni '40. |
Questa prima parte della nostra analisi suddivisa in tre parti del CV33/35 è stata redatta da un nostro collaboratore brasiliano, Celso Tondin Valente. Sue sono anche le foto a colori a corredo dell’articolo che sono relative ad un esemplare conservato al Museo dell’Accademia dell’Esercito Brasiliano AMAN. Nella parte finale vengono fornite maggiori informazioni sugli interni del veicolo, per la maggior parte a cura di Pietro Podavini. Ma iniziamo ora con la storia e il progetto del minuscolo CV33/35 redatta dal TondinValente. Dopo la Grande Guerra, il carro armato fu una delle nuove armi che godettero di grande attenzione in tutto il mondo, non solo da parte degli eserciti che avevamo partecipato al conflitto, ma anche da coloro che lo avevano osservato e studiato. Se si esclude il Renault FT-17, tutti i mezzi corazzati prodotti o in fase di studio o proptotipo, erano molto pesanti e lenti progettati per effettuare brevi puntate offensive attraverso le linee trincerate. Presto però ci si rese conto della necessità di fornire al carro una maggiore autonomia e velocità, dato che era stato dimostrato che la guerra di trincea era una situazione di stallo, che conduceva solo al completo esaurimento delle risorse umane e logistiche di entrambi i contendenti. Con l’esclusione di Inghilterra, Francia e Unione Sovietica, dove si continuò a produrre ingombranti veicoli sperimentali, il carro pesante venne rapidamente confinato nel dimenticatoio o quasi. Solo in URSS si arrivò alla fase di produzione industriale e di impiego in combattimento di questo tipo di mezzi, che furono il carro medio T-28 da 32 tonnellate ed il carro pesante T-35 da 50 tonnellate, che comunque avevano molti problemi. Le loro grandi dimensioni li rendevano un grosso bersaglio, la visibilità per i loro equipaggi era limitata ed il loro impiego era complesso. Inoltre erano molto costosi da produrre, complessi meccanicamente e complicati come manutenzione e assolutamente poco affidabili. Quest’ultimo punto rappresentò lo svantaggio principale di questi grandi veicoli del periodo tra le due guerre quando di fatto la tecnologia del tempo non era sufficientemente avanzata per risolvere i problemi dovuti al grande peso e la conseguente resistenza all’avanzamento. I Russi infatti richiesero ai Tedeschi collaborazione tecnica per produrre i primi prototipi e fu solo sulla scorta di questa esperienza che poterono in seguito sviluppare i due veicoli. Il problema con la grande dimensioni e peso di questi mostri di acciaio era soprattutto costituito dalla trasmissione. Dei circa 60 carri pesanti T-35 messi in campo dai Russi al tempo dell’invasione tedesca nel 1941, più dell’80% venne messo fuori combattimento da problemi della trasmissione. Va anche detto che le risorse disponibili per la ricerca e lo sviluppo di nuovi carri e cannoni nel periodo tra le due guerre erano molto limitate e di conseguenza anche quelli disponibili per lo sviluppo dei treni di rotolamento e dei propulsori. Questo ebbe come risultato di dirigere la ricerca e la costruzione dei prototipi verso il tipo opposto di carri armati, quelli leggeri e veloci. Questi mezzi, in ragione della loro economicità, semplicità produttiva e meccanica, facilità di impiego, suscitavano un grande interesse in diversi paesi. All’epoca tutti desideravano dei carri armati con cui addestrare le truppe e studiare nuove dottrine tattiche. L’Inghilterra divenne il paese dominante in questo senso nel periodo tra le due guerre – gli Inglesi furono di fatto coloro che si incaricarono di proseguire lo sviluppo dei concetti di carro veloce e leggero negli anni 20. Fu anche creata una denominazione specifica per questo tipo di piccolo veicolo, “tankette”. La britannica Carden-Lloyd produsse svariati modelli di tankette che furono esportate con buon successo in molti paesi. Queste tankette britanniche furono le ispiratrici di diversi modelli realizzati in Francia, URSS, Italia, Polonia, Cecoslovacchia, Svezia e Giappone. Più di venticinque paesi alla fine produssero, copiarono o acquistarono questi mezzi direttamente dall’Inghilterra e la loro influenza si fece sentire per molto tempo nella concezione del carro leggero. La loro popolarità scemò tuttavia con la stessa velocità con la quale era cresciuta e i piccoli mezzi divennero obsoleti per il combattimento a causa dello sviluppo di nuove dottrine di combattimento e con il progredire negli anni ‘30 dell’evoluzione tecnologica delle armi anticarro. Originariamente prodotte in grandi quantità, le tankette erano rapidamente diventate poco utili. Con la possibile eccezione della Guerra d’Etiopia (Abissinia) 1934-36 dove gli Italiani usarono con successo 150 di questi mezzi, tutti gli altri conflitti antecedenti alla 2GM, inclusa la Guerra Civile Spagnola, l’invasione giapponese della Cina, e gli incidenti di frontiera Russo-Giapponesi, evidenziarono con chiarezza che questi veicoli erano ormai diventati obsoleti. Tuttavia, quando la 2GM scoppiò, tutto il materiale disponibile venne impiegato e il gran numero di carri leggeri esistenti venne mandato al combattimento. Dal 1941 la produzione italiana di carri leggeri era cessata e la maggior parte di questi mezzi era stata distrutta o ritirata dalla prima linea, con grande soddisfazione degli equipaggi! Quello illustrato è un prototipo di CV33, armato di una mitragliatrice raffreddata ad acqua FIAT 35 da 6.5 mm. Da notare lo scafo rivettato e saldato e i due rulli tendicingolo montati sulla stessa grande staffa usata per la ruota di rinvio. Benché i due rulli saranno in seguito ridotti ad uno su ciascun lato sugli esemplari di serie, la staffa in comune e altri elementi del progetto resteranno fattori identificativi fondamentali dei primi esemplari di carro leggero CV33.
Durante la prima Guerra Mondiale l’Italia ricevette dalla Francia a scopo valutativo un carro Schneider ed alcuni carri Renault FT-17. La FIAT raggiunse un accordo per produrre la propria versione dell’FT-17 equipaggiata con componenti italiani a livello di motore, corazzature e armamento. Di questo mezzo denominato FIAT 3000 (Carro Armato M21) ne furono prodotti un centinaio di esemplari a partire dal 1919. Nel 1928 il veicolo venne limitatamente modificato e venne poi denominato FIAT Ansaldo 3000B. Questi veicoli furono utilizzati per molti anni ed alla fine della 2GM, si trovavano ancora in servizio attivo adibiti alla protezione dei perimetri aeroportuali ed a servizi di ordine pubblico. Nel corso degli anni 20 in Italia, vennero studiati una serie di prototipi sviluppati in loco o acquistati all’estero, ma nessuno di essi venne accettato per la produzione di serie. Nel 1929 alcuni esemplari di tankette britanniche Carden-Lloyd Mark VI furono acquistati per sottoporli a valutazione e sviluppo. Le prove furono positive e condussero alla firma di un contratto che ne consentì una produzione nazionale. L’Ansaldo, utilizzando motori e trasmissioni FIAT, produsse 25 di queste tankette Mark VI e le denominò CV 29. L’armamento consisteva di una mitragliatrice da 8mm Revelli Modello 1914 con raffreddamento ad acqua. A seguito di esperienze successive la tankette CV 29 venne modificata e il risultato fu la CV 3, che fu testata dal Regio Esercito nel 1931-32. La nuova tankette ottenne l’approvazione per la sua produzione e venne battezzata Carro Veloce CV 33. Il primo lotto di produzione doveva consistere di 1300 veicoli, 1100 con 2 mitragliatrici da 6.5mm FIAT Modello 35 e 200 con cannoni da 37mm. In realtà di questi carri mitraglieri ne vennero prodotti solo 300 dalla FIAT-Ansaldo, conosciuti come Serie I. La mitragliatrice FIAT Modello 35 era a tutti gli effetti uno sviluppo della Revelli Modello 1914 modificata con l’adozione del raffreddamento ad acqua e ricalibrata a 6.5mm. Tale mitragliatrice non si rivelò molto valida, anzi dimostrò prestazioni nettamente inferiori rispetto alla sua progenitrice Modello 1914, dato che a differenza di questa, sparava da un otturatore chiuso con la conseguente detonazione spontanea delle munizioni causata dal calore provocato da tiro ad alta cadenza. Questa arma ricevette il soprannome di “distruggi nocche” a causa dell’azzardato suggerimento di come liberare l’arma da una cartuccia inceppata all’interno della canna arroventata. Nel 1935, ne fu prodotta la Serie II del CV 33, che si differenziava dalla precedente per l’installazione di 2 mitragliatrici da 8mm FIAT 18/35 al posto della FIAT da 6.5mm. La Serie II utilizzava anche un diverso tipo di rullo tendicingoli montato su una apposita staffa semplificata, ora separata dalla staffa della ruota di rinvio. Viste le buone prove delle due mitragliatrici FIAT accoppiate, tutti i veicoli della Serie I furono portati allo standard della Serie II mediante l’installazione delle 2 FIAT 18/35 da 8mm. Nel 1933/34, il CV 33 fu nuovamente modificato, questa volta nella sovrastruttura che fu assiemata mediante bulloni conici al posto della precedente combinazione di saldature e rivetti. Nello scudo anteriore del comandante/servente erano collocate due mitragliere da 8mm Breda 38, anche se le FIAT 18/35 erano talvolta usate se si rendeva necessario. In quest’epoca, il veicolo fu ridenominato CV 35, il 35 stava ad indicare l’anno della sua introduzione presso i reparti. Secondo alcuni l’armamento del CV 35 era costituito da una mitragliera da 13,2mm Breda, ma sembrano essere state utilizzate anche altre combinazioni di armamento come le due Breda 38 gemellate. L’ultima variante della famiglia fu la L3/38 dotata di un nuovo sistema di sospensioni dotate penso di barre di torsione, ma reputo che questa versione sia stata riservata principalmente all’esportazione al Brasile. Tali mezzi inoltre sembra fossero stati armati per la maggior parte con 2 mitragliatrici da 8mm Madsen gemellate. Nel 1938 le designazioni vennero cambiate da CV 33 a L-3-33 e da CV 35 a L-3-35, spesso i veicoli venivano comunemente indicati assieme come L-3-33/35 o semplicemente L-33/35.
Tutte le tankette CV33 erano realizzate con piastre di acciaio indurito rivettate e saldate su di telaio strutturale su cui erano attaccati i componenti meccanici. La costruzione del CV35 fu rese più semplice, utilizzando piastre imbullonate mediante un bullone conico speciale come si vede in questo CV35 di normale produzione. Lo spessore della corazza era di 14mm frontalmente, 9mm lateralmente e 7mm posteriormente, questa protezione era valida solo nel caso di proiettili di calibro 8mm e schegge di granata che esplodessero ad una certa distanza dal veicolo. Il motore era un FIAT SPA CV3-005 a quattro cilindri montato trasversalmente posteriormente, era stato espressamente sviluppato per il suo impiego su mezzi corazzati. L’asse della trasmissione attraversava tutto il veicolo dalla parte posteriore a quella anteriore ed era collegato alla scatola del cambio montata anteriormente. Il cambio era a quattro marce, con riduttori duplici che permettevano di disporre di altre quattro marce. Nella parte anteriore della scatola del cambio era posta la scatola del riduttore con le frizioni e i freni necessari alla guida del veicolo. La ruota dentata anteriore e la ruota di rinvio regolabile posteriore tenevano il cingolo nella sua sede, il movimento del veicolo era assicurato da sette ruote profilate in gomma. Di queste, sei erano accoppiate con balestre laminate. Non c’erano rulli di rinvio e il cingolo stesso era composto da 72 paia di maglie di acciaio forgiato. Il primo componente del paio era la maglia principale, ricoperta di gomma e la seconda era la maglia di collegamento. Perni di acciaio tenevano assieme i pattini del cingolo.
Due portelli di accesso sulla parte superiore del veicolo consentivano l’accesso e l’uscita del pilota e del comandante. Il sedile del pilota era sul lato destro ed aveva tutti i comandi a disposizione, mentre il comandante/armiere era posto a sinistra ed azionava l’armamento. L’elevazione arrivava a +15° la depressione a -12° mentre il brandeggio era di 12° su ciascun lato. Il dispositivo di mira era situato tra le due mitragliatrici e consisteva di un’apertura dotata di un periscopio. Lo spazio interno era molto limitato ed una persona di alta statura di sicuro doveva avere problemi con l’altezza del cielo. L’osservazione diretta anteriore, posteriore e laterale era resa possibile dalla presenza di una serie di aperture che potevano essere richiuse dall’interno del veicolo. Inoltre i due portelli superiori erano provvisti di due aperture per periscopi fissi. Non esisteva una predisposizione per la radio, ma il montaggio di essa sui veicoli comando era realizzabile facilmente in caso di necessità. In questa foto vediamo un CV-35 con scafo imbullonato, fotografato durante la guerra civile spagnola. Da notare proprio davanti alla ruota di rinvio, il rullo tendicingolo singolo, che verso la fine della produzione del CV-33 aveva sostituito il gruppo doppio con staffa di grosse dimensioni.
Lo scafo del CV-33 fu utilizzato per diversi altri impieghi. Il primo fu il carro lanciafiamme, illustrato qui, sul quale una o entrambe le mitragliatrici erano sostituite da un lanciafiamme. Nei primi esemplari di questo veicolo, il serbatoio di combustibile per il lanciafiamme, era montato sul vano posteriore ed aveva una capienza di 60 litri. Si scoprì ben presto che era insufficiente e si realizzò un carrello ad un asse contenente 500 litri di benzina in gelatina, trainato dal carro. Il lanciafiamme aveva una gittata di 100 metri e venne impiegato frequentemente in Abissinia e in Africa Settentrionale. Poi ci fu un veicolo trasmissioni, denominato Carro Radio, dotato di radio con antenna fissata sul vano motore posteriore. Ci fu anche un prototipo di carro recupero, il Carro Veloce Recupero, che non ebbe seguito. Un gettaponte, Passerella, che trainava un rimorchio con un ponte di 7 metri suddiviso in quattro parti; l’equipaggio doveva lasciare il veicolo per poter assemblare il ponte, ma il processo richiedeva solo una decina di minuti. Su alcuni CV-33/35 il loro armamento principale fu sostituito con un cannone anticarro svizzero Solothurn S18-1000 da 20mm, che sparava un proietto perforante a 750 metri/secondo, essi furono principalmente impiegati in Africa Settentrionale. Almeno un CV-35 fu privato della sua sovrastruttura e armato di un cannone anticarro da 47mm. Denominato Semovente L3 47/32, pare accertato non fu mai impiegato in combattimento. Produzione: Dal 1932 al 1941, la produzione di CV33/35 raggiunse i 2500 veicoli, di cui 200 vennero esportati. I paesi di esportazione compresero: Afghanistan, Albania, Austria, Bolivia, (riesportati in Brasile), Brasile (23 veicoli nel 1938), Bulgaria (14 unità nel 1934), Cecoslovacchia, Cina (20 esemplari nel 1936), , El Salvador, Grecia, Iraq, Jugoslavia, Spagna (durante e dopo la guerra civile)e Ungheria. Impiego bellico: Il primo ed unico efficace impiego del CV 33 si ebbe durante la campagna di Abissinia nel 1934. La combinazione tra la mancanza di strade e l’arretratezza dell’avversario furono fattori importanti che portarono al successo del veicolo. Anche se i piccoli veicoli avevano un valore palesemente limitato, gli Etiopici non potevano opporvi niente tranne fucili e mitragliatrici leggere, e in certi casi lance e frecce! La maggioranza degli Etiopici non aveva mai visto prima un carro armato e per combattere i CV-33 italiani, risolsero di accerchiare in massa i veicoli e a cercare di colpire con armi da taglio gli occhi dell’equipaggio attraverso le feritoie del carro. Inoltre tentarono di bloccare i cingoli con pezzi di legno, o di versarvi benzina (quando ne avevano) e appiccare il fuoco. Verso la fine della campagna gli Etiopici riuscirono a distruggere o catturare 13 CV-33. Solo due Italiani sopravvissero in questo scontro, evacuando i loro mezzi e alzando le mani, urlando “Cristo! Cristo!” Anche gli altri equipaggi si arresero alzando le mani, ma gli Etiopici non riconobbero il gesto di resa e trovarono così ancora più semplice, massacrarli. I primi due carristi sopravvissero solo perché i loro avversari erano Cristiani Copti e conoscevano il significato di “Cristo!”. Alla fine della campagna fu evidente che anche a questa data il CV 33 poteva fare ben poco di fronte a truppe ragionevolmente equipaggiate ed addestrate. La guerra successiva per il CV-33/35 fu la Guerra Civile Spagnola, dove il Corpo Truppe Volontarie, inviato da Mussolini, impiegò i carri leggeri in considerevole quantità. Il risultato fu un fiasco; era impossibile opporsi ai carri Repubblicani, specialmente il T-26 sovietico che aveva maggiore corazzatura e un cannone da 45mm come armamento principale. Anche con tutti suoi limiti, il CV 33 venne spesso impiegato ed in una dimostrazione di particolare eroismo un CV33 lanciafiamme attaccò dal retro un T-26, l’attacco ebbe termine quando il T-26 ruotò la torretta e fece fuoco a bruciapelo. L’equipaggio del CV 33 ricevette una decorazione alla memoria per il coraggio dimostrato. Durante la 2GM, il CV-33/35 fu usato in tutte le campagne dell’Esercito Italiano: Francia, Grecia, Jugoslavia, Albania, Creta, Nord Africa, Russia, Corsica, Sardegna, Sicilia e Italia. In tutti questi casi le loro perdite furono spaventose, esse non avevano alcuna possibilità di combattere contro i carri medi usati dal nemico.
Il Brasile ricevette una fornitura di CV 35 nel 1938 in modo da sostituire i Renault FT-17 che aveva adottato nel 1921. Il CV 35 non fu classificato come Carro de Assalto come era stato il Renault, ma Autometralhadoras, un nome al tempo spesso usato e di origine francese. In Brasile essi vennero sempre citati come Ansaldo. In base al coevo programma di modernizzazione dell’Esercito, l’obiettivo era di avere un reggimento di Autometralhadoras in ciascuna divisione di cavalleria, con due compagnie di 20 veicoli ciascuna. Lo storico Adler Homero Fonseca afferma che il Brasile ricevette solo 23 veicoli: 17 armati con due mitragliatrici da 7mm Madsen, 3 armati con una mitragliera da 13.2mm Breda, e tre carri comando privi di armamento. Tutti erano di base a Rio de Janeiro, dove furono impiegati solo per scopi addestrativi fino al 1942, quando furono sostituiti dai carri leggeri americani M3 Stuart. Due diverse fonti affermano che le tankette CV 35 furono ricondizionate da una ditta di Rio negli anni 50 e ri esportate in Bolivia; una delle fonti sostiene che furono inviate in quel paese senza armamento come “trattori agricoli”. Un’altra fonte afferma che i CV 35 furono assegnati ad uno Squadrone di Addestramento Corazzato alla Escuela de la Motorisacion (1 per il plotone comando e quattro per ciascun plotone carri). Il carro del plotone comando sarebbe stato armato con una mitragliera da 13.2mm, mentre gli altri sarebbero stati armati con due mitragliatrici da 7mm Madsen. Si dice che nel 1948 essi furono consegnati alla Repubblica Domenicana. Attualmente in Brasile sopravvivono quattro esemplari di questo carro leggero, uno in mostra presso la sezione di cavalleria dell’ Accademia Militare di Agulhas Negras a Resende, un altro esemplare in condizioni di marcia si trova nella sezione di artiglieria della stessa accademia. In Deodoro, Rio, è presente un esemplare usato come monumento negli acquartieramenti della cavalleria e l’ultimo CV 35 in condizioni di marcia in Brasile nel Museo dei Mezzi Corazzati dell’Esercito. Crediamo che questi due esemplari di CV 35 siano gli unici al mondo in condizioni di marcia, anche se uno di essi ha un motore di un trattore agricolo Ford al posto del motore originale.
Abbiamo avuto la possibilità di effettuare un breve test di guida con l’autorizzazione speciale del Maggiore Luiz Antonio Duizit de Brito della sezione di artiglieria dell’Accademia Militare AMAN. Non è un cosa di tutti i giorni avere la possibilità di provare un veicolo così raro; è stata una cosa sorprendente. La tankette è in ottime condizioni e appare essere stata poco utilizzata, tuttavia problemi di manutenzione e mancanza di ricambi costrinsero a cambiare il motore originale. Ora è installato un Ford quattro cilindri e per poterlo utilizzare si sono rese necessarie alcune modifiche interne in modo da non alterare l’aspetto estetico del carro. Guardando all’interno del veicolo abbiamo notato che non solo il motore ma anche il radiatore, il serbatoio, la protezione corazzata del radiatore, la marmitta e l’impianto elettrico sono stati sostituiti. Il veicolo era dipinto esternamente nel vecchio schema dell’Esercito Brasiliano, mentre erano stati installati nuovi fari e sirena. Tutto il resto del veicolo è completamente originale nei componenti e funziona regolarmente.
Accedere all’interno del veicolo è reso semplice dai due portelloni posti sul tetto della sovrastruttura. Lo spazio interno è appena sufficiente per due persone. La postazione del pilota è quella che ci si potrebbe attendere per un veicolo di queste dimensioni e la visibilità è molto limitata. La mancanza di una torretta per le armi è il problema principale per il comandante/armiere, che manca di adeguata visibilità e direzione di tiro per l’armamento. I sedili di questo veicolo non sono quelli originali e pensiamo che in origine avessero due diverse posizioni in altezza dato che in molte foto d’epoca l’equipaggio appare con le teste ben fuori dal veicolo. Questo risulta impossibile con i sedili attualmente montati. Le due mitragliatrici Madsen originali sono state eliminate dato che il veicolo è solo un pezzo da esposizione, ma al loro posto i curatori del museo hanno collocato due canne Madsen nello scudo. Ringrazio la AMAN per avermi consentito di esaminare il veicolo e il Maggiore Luiz Antonio Duizit Brito responsabile della sezione di artiglieria.
Proseguiamo il nostro esame in tre parti del carro leggero italiano CV-33/35. Continueremo ora con una ulteriore descrizione del veicolo modificato del Museo AMAN utilizzando altre foto del veicolo forniteci da Celso Tondin Valente. Come questi ha già fatto notare, la maggior parte dell’interno del veicolo è stata modificata , soprattutto nel vano motore. Anche il serbatoio del combustibile, visibile a sinistra, a lato del comandante/servente, non è originale. Il serbatoio era originariamente montato sul retro a destra dietro al pilota, ma fu spostato quando fu installato il motore Ford. Normalmente la fiancata laterale conteneva un grosso contenitore di legno per i caricatori di munizioni, agevolmente a portata di mano del servente.
Questo angolo di visuale un po’ diverso ci consente di osservare attraverso i portelloni superiori dei dettagli relativi alle due postazioni dell’equipaggio. Direttamente davanti al comandante/armiere è presente l’affusto e lo scudo delle MG gemellate, in questo caso il veicolo ha due Madsen. La trasmissione è anche visibile sul pavimento tra le due postazioni e parte dei pannelli strumenti posti sulla destra davanti al pilota. Quest’ultimo ha anche un ampio portello a battente davanti a sé, qui mostrato in posizione aperta. Molti CV 35 italiani erano equipaggiati con la mitragliatrice da 8mm Breda 38 anziché le Madsen e come ricorderete la famosa Breda usata nei mezzi corazzati italiani era un semplice adattamento della loro valida mitragliatrice da fanteria. L’arma era molto simile alla Breda antiaerea da 13.2mm ed era caratterizzata da un paio di interessanti soluzioni tecniche. Per esempio il carrello di armamento poteva essere collocato su ambo i lati del castello e quando il caricatore è vuoto è spinto in avanti. Inoltre il regolatore a gas aveva almeno 10 diverse regolazioni e il cannone aveva una vampa molto pronunciata. Le munizioni erano alimentate verticalmente e ogni caricatore conteneva circa 21 proiettili. Le due armi dovevano occupare la maggior parte dello spazio davanti al comandante e le munizioni erano impilate alla sua sinistra sulla fiancata.
Ecco una vista della postazione del pilota e dei suoi comandi sul veicolo conservato al museo. Le leve della trasmissione e del cambio sono a sinistra e si possono intravedere alcune delle leve di sterzatura che salgono dal pavimento davanti al sedile. Non penso che nessuno dei due cruscotti presenti sia originale, anche se il secondo assomiglia molto come dimensioni e posizione ad uno originale. Tipicamente questo pannello principale in legno conteneva il grosso tachimetro graduato con un settore rosso che indicava i regimi elevati. Inoltre sul pannello erano presenti un indicatore pressione olio con luce di emergenza, l’interruttore principale della fanaleria e la chiavetta di accensione. Il pilota aveva anche una rastrelliera di legno per le munizioni della mitragliatrice posta a destra sulla fiancata, ma era più piccola rispetto a quella a lato dell’armiere e comunque qui è del tutto mancante. Il motore era raffreddato ad acqua, e le tubature che collegavano il blocco motore al radiatore erano notoriamente di scarsa qualità. Le continue perdite erano all’origine della cattiva reputazione del veicolo come bisognoso di frequenti rabbocchi di acqua, non una caratteristica positiva se si parla di impiego nei deserti etiopico e nordafricano.
Questa è un’immagine ravvicinata del visore corazzato del pilota, la maniglia dell’attuatore è appena visibile all’estrema destra. In posizione chiusa, il pilota poteva vedere davanti solo attraverso le sottili feritoie ricavate sul visore, o forse attraverso il piccolo periscopio nel portello sopra la sua testa, e sui lati solo attraverso due ulteriori feritoie sulla corazzatura laterale. Quando il visore anteriore era aperto la visibilità era ottima, ma mancava il blocco di vetro a prova di proiettile dietro alle feritoie del visore, quando questo era in posizione chiusa e quindi non c’era protezione contro i proiettili di rimbalzo. Come precedentemente citato, la prima vera azione di guerra italiana di queste tankette si verificò nella primavera del 1936 in Africa Orientale, quando circa 500 carri e tankette trovarono impiego nella campagna di Abissinia. Carri e tankette furono poi inviate in Spagna per combattere con Franco durante la guerra civile e molte furono perdute durante le furiose battaglie con i carri russi T-26 e per il tiro controcarro. Nel 1937 venne formata una nuova unità corazzata, chiamata brigata motorizzata, comprendente un reggimento carri, quattro battaglioni leggeri, un reggimento motorizzato Bersaglieri, due compagnie controcarro, una batteria contraerea e una compagnia genio. Questa unità venne battezzata Prima Brigata Corazzata ed avrebbe rappresentato il modello su cui sarebbero state formate le future unità corazzate.
Benché non perfetta questa immagine consente di comprendere la sistemazione dei comandi sotto il cruscotto. Le due leve di sterzatura sono collocate su ambo i lati delle gambe del pilota, queste leve sono collegate ad un ingranaggio epicicloidale ed alla parte finale dell’azionamento collegata a sua volta alla parte anteriore della trasmissione, appena visibile davanti ai pedali. I pedali comprendono il freno, l’acceleratore e la frizione, ed alcuni dei loro cavi di collegamento sono qui anche visibili. Una piastra di lamiera metallica dovrebbe essere normalmente attaccata al telaio visibile di fronte a destra del pedale dell’acceleratore, ma qui è mancante. Dopo la formazione della 1a Brigata Corazzata venne formata la 2 a Brigata Corazzata. Dal Febbraio 1939 la 2° Brigata Corazzata divenne la 132° Divisione Corazzata, chiamata Ariete. Il mese successivo la 1° Brigata Corazzata divenne la 131° Divisione Corazzata, denominata “Centauro”. Alla fine dello stesso anno era stata formata la 133° Divisione Corazzata, battezzata “Littorio”. Queste divisioni corazzate avevano tipicamente questo organigramma: un reggimento carri su quattro battaglioni, un reggimento Bersaglieri, un battaglione motociclisti, un battaglione mobile di fanteria autocarrata, un reggimento di artiglieria motorizzata, una sezione contraerea e una compagnia genio. In molti casi in questo periodo (inizio 1940) le divisioni corazzate includevano solo un battaglione carri leggeri (tankette) e un battaglione carri medi.
L’affusto per le due mitragliatrici gemellate è posto direttamente davanti al sedile del comandante/armiere, ma qui mancano sia l’affusto che le relative mitragliatrici. Potete farvi un’idea dell’aspetto delle Breda 38 dalla pagina di AFV Interiors dedicata al M13/40, ma sto ancora cercando immagini delle Madsen in uso nei veicoli brasiliani. Il mirino telescopico andava montato nel foro visibile in mezzo e sopra i fori per le canne; qui dei simulacri di canne che fuoriescono dallo scudo tappano il foro previsto per le canne. Alla vostra destra compare una staffa di sostegno per l’estintore portatile, e al di sotto la trasmissione e le leve del cambio a destra e a sinistra le leve di comando dei freni davanti alla pedaliera. Nell’estate del 1940 l’Italia invase la Francia meridionale e le unità corazzate italiane subirono gravi perdite contro i carri delle divisioni alpine francesi. In quest’epoca, la maggior parte dei carri armati italiani era composta da 1300 tankette, assieme a circa due dozzine di carri leggeri e un centinaio di carri medi M11/39. Per compensare i loro ridotti numeri, verso la fine del 1940 gli Italiani vi aggiunsero due gruppi di battaglioni corazzati e con questa composizione combatterono nel deserto nordafricano. L’Ariete fu la prima a ricevere i nuovi M13/40, ma la maggior parte del suo organico era composta da tankette CV 33 e 35. Nell’agosto del 1941 venne creato il Corpo d’Armata di Manovra, unendo assieme l’Ariete con la divisione motorizzata di fanteria Trieste ed un’unità corazzata da ricognizione.
Guardando dai portelloni superiori verso il muso del veicolo è possibile notare il portello di accesso per gli epicicli e i tamburi dei freni. Lo scudo delle due Madsen è in basso a sinistra e le due canne posticce sono visibili. Ben visibile è anche la costruzione imbullonata della corazza della CV 35. La mitragliatrice leggera Madsen da 8mm fu progettata in Danimarca dal Capitano di Artiglieria W.O.Madsen. Funzionava a recupero di gas e aveva una cadenza di tiro attorno ai 450 colpi al minuto. La mitragliatrice base poteva essere fornita in diversi calibri e fu venduta a molti paesi, inclusa la Russia che la utilizzò diffusamente nel conflitto russo-giapponese. Era un’arma notevole che funzionava in modo diverso da tutte le altre armi contemporanee. Tuttavia era anch’essa alimentata dall’alto mediante caricatore. Dopo la 2GM la ditta cambiò nome in Dansk Industrie Syndikat e iniziò una produzione di fucili mitragliatori ma nel 1970 dovette abbandonare il mercato delle armi a causa delle scarse vendite.
Guardando verso la parte posteriore della sovrastruttura è visibile una piastra che separa il vano motore dal vano dell’equipaggio. Alla destra il nuovo serbatoio di carburante, e sopra quello che penso sia lo schienale del sedile compare un battente che probabilmente aiutava ad espellere i fumi prodotti dal fuoco delle mitragliatrici. Non penso che la lamiera dello schienale del sedile sia originale in quanto blocca completamente le due feritoie di visione sulla parete posteriore. Benché sia stato scritto che i due portelli superiori per l’equipaggio potessero essere dotati di periscopi per il comandante ed i pilota, tuttavia ritengo che queste aperture fossero solo usate per segnalazioni, in quanto troppo piccole per un periscopio, a meno di non trattarsi di apparati molto piccoli. Verso la fine del 1941 anche la divisione “Littorio” fu inviata in Nord Africa, si componeva di un reggimento su tre battaglioni di carri M13/40 (comprendente due gruppi di Semoventi da 75/18), due unità di pattugliamento desertico, elementi di supporto, un gruppo da ricognizione dei Bersaglieri ed un gruppo di carri leggeri L6/40. Sfortunatamente tale unità combinata non venne di fatto impiegata in quanto la sua componente di fanteria venne annientata nel trasferimento e molti degli altri suoi componenti furono utilizzati per rimpinguare gli organici di divisioni già sul posto. L’Ariete fu anche ristrutturata nello stesso modo, ma entrambe le divisioni furono più o meno distrutte nei combattimenti a El-Alamein.
Dalla parte posteriore del CV 35 si può osservare lo stesso battente con feritoie di visione su ambo i lati. Il vano motore riusciva appena a contenere il motore SPA CV3, i serbatoi di carburante e il radiatore e annessa ventola, su ambo i suoi lati sono visibili le marmitte degli scarichi montate esternamente. Lo SPA CV3 era un 4 cilindri in linea a benzina con una cilindrata di 2 746 cc che erogava circa 42 CV a 2400 giri. Con i 65 litri di carburante contenuti nel serbatoio, la tankette aveva un’autonomia di circa 130 km su strada. La velocità su strada era di 42 km/h, mentre quella fuoristrada era di 15 km/h. Penso che il portello circolare presente sulla piastra posteriore dello scafo sia l’alloggiamento della ventola circolare per raffreddare il radiatore ed il vano motore, ma per ora non ho trovato immagini del motore ed del suo vano motore. Lo spessore delle corazze del CV33/35 era variabile ed esse potevano essere, come già detto, rivettate o imbullonate. La piastra frontale del pilota, la prua della scafo avevano uno spessore di 13.5mm, mentre la parte inferiore della prua era di 8mm e la parte inferiore dello scafo 6mm. Sia la sovrastruttura che i lati avevano uno spessore di 8.5mm, mentre il cielo del vano motore era di 6mm.
La dotazione per le mitragliatrici era in totale di 3200 colpi. Forse uno degli sviluppi più interessanti del CV33 fu la sospensione mediante cinghie di una tankette dal ventre di un Savoia Marchetti SM82, ma questo progetto non ebbe seguito. Questo è uno degli ultimi CV33 entrati in produzione, dotato di tendicingolo separato, talvolta identificato come Serie II. Il carro leggero FIAT Ansaldo CV 35 fu di gran lunga il mezzo corazzato italiano più usato durante la Guerra Civile Spagnola. Quando i nazionalisti richiesero assistenza all’Italia, Mussolini inviò nel settembre del 1936 dei “consiglieri” per i carri assieme ai CV33/35, e si dice che gli italiani entrassero in battaglia con le uniformi della Legione Straniera Spagnola. In seguito gli Italiani addestrarono gli equipaggi nazionalisti spagnoli per subentrare nell’impiego delle tankette inviate mentre altre tankette giunsero per essere utilizzate da reparti italiani autonomi. Come già citato dal signor Valente la maggior parte di queste tankette fu distrutta o catturata durante la battaglia di Guadalajara, quando i CV 35 armati solo di mitragliatrici si dimostrano incapaci di resistere ai carri sovietici armati di cannone usati dai repubblicani. Credo che la denominazione spagnola delle tankette durante la guerra civile fu Carro Libero Rapido CV3-35. Mi risulta anche che l’Esercito Italiano usasse la denominazione “CV33” per tutti i diversi modelli di tankette e non usasse la denominazione “CV35”. Se tutto questo vi sembra molto confuso, lo è anche per me. Se aveste ulteriori informazioni da aggiungere su questo piccolo carro armato, o ulteriori immagini degli interni, saremmo molto lieti se ce lo comunicaste.
La maggior parte delle immagini da qui in avanti sono state inviate da Pietro Podavini, e lo ringrazio molto per la sua generosità e interesse per il nostro progetto relativo all’L.3. Questa è una sezione laterale del CV-35, che mostra alcuni dei componenti principali che abbiamo precedentemente discusso. Da notare come il sedile del pilota sia molto basso sul pavimento e come il suo schienale sia direttamente attaccato al serbatoio di carburante posteriore. L’albero di trasmissione passa in mezzo ai due membri dell’equipaggio. Il radiatore occupa la maggior parte dello spazio posteriormente al vano motore. La leva di sterzatura a sinistra è mostrata colla sua annessa tiranteria che la collega direttamente agli ingranaggi epicicloidali di sterzatura e lo schizzo comprende anche il cricchetto arcuato alla base della leva, che mostra la levetta di rilascio sull’impugnatura che serviva a bloccare la leva in una posizione specifica mediante il cricchetto. Rammentate che il veicolo fu costruito dalla Ansaldo Fossati di Genova Sestri, ma utilizzava parti meccaniche FIAT, motore compreso.
Questa è la parte frontale del motore FIAT; l’attacco dell’albero di trasmissione è nella parte centrale inferiore. Il motore era montato trasversalmente nel carro e se osservate con attenzione vedrete la lunghezza della coppa dell’olio nella parte bassa e le teste di due cilindri in alto. Il motore utilizzava valvole laterali e la sua cilindrata era di 2 746 cc. Il motore FIAT era raffreddato ad acqua e forniva circa 43 CV a 2400 giri durante la guida normale, con un regime limite di 2900 giri. I pistoni erano ricavati da una speciale lega di alluminio chiamata “Bonalite” ed il carburatore era uno Zenith TTHVI con valvole a farfalla. Il serbatoio dietro al pilota conteneva 65 litri di carburante; il sistema di alimentazione comprendeva anche una pompa carburante oltre al filtro montato vicino al carburatore sulla parte alta del motore. Un indicatore di carburante era montato sopra al serbatoio e il consumo del veicolo era circa di mezzo litro di carburante per chilometro. L’ acqua contenuta nel radiatore arrivava a 23 litri ed il radiatore di forma circolare circondava quasi completamente la ventola di raffreddamento. L’accensione usava un magnete Marelli F.L. 4, ed un generatore, azionato dal motore, forniva elettricità per le luci interne ed esterne del carro. La frizione era del tipo a secco ed era azionata col metodo della pedaliera ed col freno, anch’esso a pedale, faceva parte della pedaliera del pilota.
Un’altra vista del motore FIAT-SPA CV3-005, questa volta illustrato da un disegno della sua parte posteriore. Particolarmente ben mostrata è la sistemazione generale del motore a 4 cilindri. L’albero a camme zigzaga lungo la parte inferiore della scatola mentre i due pistoni alla sinistra mostrano i loro alberini a cuscinetti attaccati all’albero a camme. Il lato sinistro del motore fa vedere la sistemazione delle valvole e dei loro attuatori, i sollevatori e le camme sono azionate da sotto e non da sopra. L’oggetto cilindrico che si vede in alto a sinistra è il filtro dell’olio.
Il motore poteva essere avviato solo mediante azionamento a manovella, sia dall’interno del suo vano, come in questo caso, o dalla parte posteriore. Stiamo osservando ora la paratia antifuoco posteriore con il portello di accesso rettangolare al vano motore rimosso e la mano sinistra del pilota sulla manovella di avviamento L’albero di trasmissione non protetto è sotto il suo avambraccio ed una delle piastrine di identificazione del veicolo è presente sulla paratia sopra la sua mano. Il serbatoio di carburante occupava la maggior parte dello spazio sul lato sinistro della fotografia e lo schienale del sedile del comandante/armiere è stato asportato dalla paratia antifuoco, anche se la staffa è ancora montata (proprio sotto la piastra di identificazione del veicolo).
I due portelli superiori aperti ci consentono una ottima visione della paratia posteriore. Da notare che è ancora una volta aperto il portello di accesso del motore e questo consente di vedere bene il serbatoio del carburante originale dietro al sedile del pilota. Lo schienale del sedile dell’armiere è in questo caso direttamente attaccato alla paratia antifuoco mediante la sua staffa, e le impugnature delle due mitragliatrici da 8mm FIAT 35 sono visibili appena sopra il bordo del portello aperto. Sulla paratia posteriore sono anche posti i due battenti rotanti di visione che avevamo già visto, e su entrambe le paratie sono visibili i contenitori dei tamburi delle munizioni per le mitragliatrici, i questo caso i tamburi sono protetti da coperchi in tela. A destra il piccolo estintore montato sulla paratia antifuoco. I due sedili posti nel vano di combattimento potevano essere separati da un divisore in cuoio che era assicurato al longherone superiore e si fissava in basso vicino all’albero di trasmissione. I bulloni a testa conica che tenevano assieme il CV 35 sono particolarmente ben visibili in basso a sinistra. Questa ed altre immagini qui presenti provengono dalla collezione del Tank Museum.
Questa vista dei contenitori munizioni posti sulla paratia sinistra consente di esaminare la sistemazione di almeno una parte dei caricatori. La feritoia di visuale sinistra è qui visibile, come pure a destra il serbatoio ricoperto di tela di una delle mitragliatrici. I sedili dell’equipaggio erano ricavati da un telaio ligneo con molle e l’imbottitura era rivestita di cuoio marrone. Gli schienali dei sedili erano anch’essi di cuoio con imbottitura in crine di cavallo, quello del pilota era fissato al davanti del serbatoio della benzina e quello del comandante/armiere era attaccato mediante la staffa precedentemente vista alla paratia antifuoco. Nel CV-33 il pavimento era rivestito di quattro pedane di legno, ricoperte di linoleum (molto adatto ad incendiarsi!), mentre nel CV-35 questi pannelli erano in compensato verniciato con una vernice impermeabilizzante. All’estrema sinistra è posto il piccolo estintore, stretto tra i contenitori di munizioni laterali e il portello di accesso al motore sulla paratia posteriore.
Questa famosa fotografia illustra i due diversi tipi di armamento, con i due diversi scudi delle mitragliatrici usati, in questo caso FIAT 35 da 8mm sul veicolo a destra e senza mitragliatrici sul veicolo a sinistra. Molti caricatori circolari di munizioni (conosciuti come “bobine”) sono sparsi per terra davanti ad uno dei veicoli. Un caricatore aperto è appoggiato sul parafango ed alcuni nastri srotolati sono gettati alla rinfusa. Un caricatore conteneva una striscia arrotolata di 80 cartucce, ed il veicolo quando era armato con le FIAT 35 era tipicamente dotato di 29 tamburi di munizioni da 8mm. Tutti e tre i veicoli fotografati sembrano essere in mostra presso un deposito di carburanti. Questa è una fotografia dell’Imperial War Museum, forse presa a Tobruk, e benché i soldati qui presenti siano truppe del Commonwealth, la loro esatta nazionalità non mi è chiara. Qualche suggerimento?
Tornando all’interno della tankette, questa immagine mostra le due mitragliatrici gemellate FIAT 35 da 8mm con le loro caratteristiche impugnature doppie, simili a quelle dell’americana Browning da 12.7mm. Ancora una volta il contenitore dei caricatori delle munizioni è ben visibile a sinistra sulla paratia, mentre l’albero di trasmissione e la trasmissione sono visibili a destra. Un numero sorprendente di paesi utilizzò in varie epoche queste tankette. Finora abbiamo trovato prove del loro uso in Afghanistan, Bolivia, Brasile, Bulgaria, Cina, Croazia, Ungheria, Iraq, Spagna, Inghilterra, Grecia e Jugoslavia. Alcuni di questi paesi utilizzarono veicoli italiani catturati, mentre altri li acquistarono dall’Italia. Secondo “I Carri Armati del Regio Esercito” di Bruno Benvenuti, Roma Storia dei Mezzi Corazzati, pubblicato da Fratelli Fabbri, la Germania utilizzò l’L.3 nei Balcani contro i partigiani di Tito. Le tankette erano condotte principalmente da unità di SS tedesche, secondo alcune fonti della 7. SS-Freiwillige Gebirgs Division “Prinz Eugen”. Gli italiani,i tedeschi e i fascisti croati combattevano tutti contro i guerriglieri comunisti di Tito, mentre le forze monarchiche serbe, i Cetnici, combattevano contro l’uno o l’altro dei due schieramenti, a seconda del momento. Alla fine i partigiani con l’aiuto alleato e dei rinforzi sovietici, prevalsero sulle truppe tedesche costringendole alla fuga o ad abbandonare il paese. E’ interessante notare come dopo la guerra molta dell’ostilità etnica e tribale nella regione non era stata risolta, ma solo congelata politicamente, per poi riaccendersi, come si vide, negli anni 90. Inoltre, a seguito della confusa situazione venutasi a creare in Italia dopo l’8 Settembre 1943, alcune unità corazzate italiane continuarono a combattere a fianco delle forze tedesche; questi L.3 portavano come contrassegno la Balkankreuz. Ci sono foto di Fallschirmjäger tedeschi a bordo di L.3 catturati dopo la battaglia di Roma, nel settembre 1943.
Ora stiamo osservando dalla parte posteriore le due mitragliatrici Breda gemellate nel loro affusto. I caricatori delle Breda contenevano solo 24 colpi, ma c’erano più o meno 79 caricatori ricurvi stivati nel veicolo. Come potete rammentare, i bossoli esplosi delle due Breda venivano raccolti da due sacche di tela fissate sotto alle due armi. L’oculare del mirino con il supporto circolare per l’occhio è stato angolato verso l’alto ma, la parte posteriore di entrambi i serbatoi dei bossoli e le loro caratteristiche maniglie sotto di essi sono chiaramente visibili. Da notare il volantino all’estrema destra che eleva e abbassa l’affusto delle armi. L’affusto veniva brandeggiato semplicemente spostando le armi verso destra o verso sinistra. I primissimi L.3 armati con le mitragliatrici FIAT 14 da 6.5mm avevano circa 3 800 colpi stivati in 50 caricatori, anche questi collocati in contenitori simili situati sulle fiancate sopra i cingoli.
Non c’era molto spazio per una radio all’interno dell’L.3, ed in generale non veniva installata. Ma quando esse erano installate nei carri comando, di solito erano collocate sulla paratia sinistra al posto di alcuni caricatori di munizioni. In alcuni casi i carri comando non avevano armamento, oppure delle armi fittizie, ma solitamente le mitragliatrici erano mantenute a bordo e le relative munizioni solo ridotte di quantità. Il disegno mostra l’impianto generale del sistema radio R.F.C.A. mod. 1937. I numeri 1 e 2 del disegno sono il trasmettitore/ricevitore della radio, il 3 la caratteristica antenna ricurva, e i due numeri 4 sono i connettori della base dell’antenna. Il numero 5 è il generatore, il 6 le batterie del veicolo, il 7 identifica i cablaggi, e l’8 è l’altoparlante che era separato dalle scatole della radio. Questo modello di antenna curva era quella più diffuso all’inizio della guerra. Mi sembra che molte radio italiane montate sui carri fossero chiaramente influenzate dai modelli tedeschi loro contemporanei e molti componenti erano anche di produzione tedesca. Ci furono varianti dell’ L.3 prodotte per impieghi specifici, le più numerose erano le versioni lanciafiamme che abbiamo già citato. Un numero limitato di tankette fu modificato per poter montare un cannone anticarro Solothurn da 20mm al posto delle mitragliatrici, ed alcune di queste furono affrontate dai Britannici durante i combattimenti nel deserto occidentale del Nord Africa. Forse addirittura i tre quarti delle formazioni corazzate italiane affrontate dai britannici nel deserto occidentale alla fine del 1940/inizio 1941 erano composti da L.3. E benché la tankette continuò ad essere impiegata per tutto il corso della guerra, dopo il settembre 1943 essa fu principalmente impiegata solo dalle unità della RSI. La RSI era lo stato fascista costituito in Nord Italia sotto Mussolini dopo l’Armistizio dell’8 Settembre 1943.
I miei ringraziamenti vanno ancora a Celso Tondin Valente e Pietro Podavini per il loro indispensabile aiuto nella stesura di queste pagine, non solo per le illustrazioni, ma con un’ampia parte del testo. Senza il loro aiuto queste pagine che esplorano il minuscolo CV-33/35 non sarebbero state possibili. Bibliografia - Christopher F. Foss, “Illustrated Enciclopedia of the World’s Tanks and Fighting Vehicles”, Salamander Books, 1978
- A.J.Baker, “A Conquista da Etiopia”, Editoria Renes, 1979
Siti su internet - AFV Museum Bovington – England
- AFV Museum Saumur – France
- Historia dos Blindados Italianos – Italia
- AFV News
Web Magazine | Questo articolo è una traduzione della versione originale pubblicata su AFV INTERIORS di Vincenzo Valentini, ed è stato cortesemente concesso per la pubblicazione su Modellismo Più da Mike Kendall ed AFV INTERIORS Web Magazine. This article is a translation of the original English version from AFV INTERIORS, and is provided only by permission of Mike Kendall and AFV INTERIORS Web Magazine. | |
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