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La Battaglia di Pidna
Argomento: Storia : Antica Data: 12/7/2007
La fine della Falange Macedone
Siamo in Grecia, più precisamente in Tessaglia, l'anno è il 168 aC. In questa regione i Romani hanno spinto e asserragliato l’esercito di Perseo e si preparano a chiudere questo capitolo delle guerre in suolo greco. Tutto inizia con le lamentele di Eumene, Re di Pergamo ed alleato dei Romani, che nel 172 aC si reca a Roma per presentare di persona il problema “Perseo”. In particolare Eumene si preoccupa della politica del re macedone in Tracia e in tutta la Grecia.


I Romani , dal canto loro, non sono ancora pronti alla guerra e prendono tempo per meglio organizzare la campagna. In questa situazione Perseo non osa attaccare per primo e d il conflitto inizia così nel 171 aC. La segreta speranza che tutta la Grecia si unisse a Perseo contro l’imperialismo romano sfuma subito, gli Etoli si schierano subito con Roma in modo da contrastare la crescente forza del regno macedone, la Lega Achea segue subito l’esempio etole, Pergamo ovviamente resta a fianco dei Romani così come Rodi. I macedoni sono così isolati.
I primi scontri sono favorevoli ai macedoni, i Romani si battono in modo disorganizzato e spesso si abbandonano a violenze sulle popolazioni locali. Questa tendenza crea un forte sentimento di astio nei Greci che cominciano a cambiare schieramento. Perseo però non sfrutta queste vittorie per il timore di perdere poi quello che conquista ( si dice che fosse molto avaro ed ossessionato dalla possibilità di perdere i territori e le ricchezze conquistate), nel 170 /169 aC i macedoni riescono però a vincere alcune battaglie navali nell’Egeo. Dopo queste battaglie Rodi intavola trattative separate con Perseo pensando che i Romani non sono in grado di sconfiggere il regno macedone. A fronte di questa piega non proprio positiva i Romani rompono gli indugi e nel 168 aC Lucio Emilio Paolo prende il controllo delle operazioni. Come primo intervento ripristina la disciplina nelle legioni.
Arriviamo quindi a Pidna, i due eserciti sono schierati.

22 giugno 168 aC

Mattino: gli eserciti si schierano sul campo di battaglia, a dividerli un fiumiciattolo profondo una cinquantina di centimetri ( Leukos). Il guado non è un problema ma toglie il non trascurabile vantaggio della difensiva. L’esercito romano non attacca.

Mezzogiorno: I macedoni si ritirano nel campo sperando che i romani attacchino, questi restano fermi in assetto da battaglia.

Primo pomeriggio: nulla si muove.

Circa le 15: un piccolo corpo di foraggiatori liguri posti all’estrema destra ha uno scontro con 800 traci, questi attraversano il fiume e caricano i Liguri e gli Italici che sono costretti a ritirarsi. Perseo approfitta della situazione e lancia il segnale di battaglia, per primo si muovono i mercenari che sono destinati a schierarsi sulle due ali, seguono poi 3.000 Ipaspisti ( corpo scelto della Guardia Reale), i calcaspidi ( falangiti pesanti con scudi di bronzo) e i leucaspidi ( falangiti pesanti co scudi d’argento). Questa manovra tattica pregiudicherà tutta la battaglia poichè toglierà ai macedoni la simultaneità dell’attacco e l’integrità del fronte. A questo punto Traci, Mercenati e Ipaspisti travolgono l’avamposto romano e i pochi squadroni giunti in loro soccorso sono costretti a ritirarsi con molte perdite. Il Console Emilio manda contro i calcaspidi la fanteria della I legione che forma la destra del centro romano ed ordina a Lucio Postumio Albino ( comandante la sinistra del centro romano) di attaccare i leucaspidi con la II legione. Vedendo la sua ala destra in difficoltà ordina alla sua ala sinistra, composta di 5.000 uomini e 3.000 extra straordinari (Soci italici, elefanti e cavalli) di passare dietro le legioni d unirsi all’ala destra. L’ala sinistra macedone in vantaggio fino ad allora viene travolta essendo numericamente inferiore ed isolata dai calcaspidi. La guardi reale tenta una disperata resistenza. In questo momento i due corpi della falange vengono a trovarsi disallineati e senza copertura, sono vinti dalla più flessibile tattica manipolare romana e dal miglior armamento offensivo romano. La resistenza della falange si conta in minuti, la guardia reale si sacrifica inutilemente.

Ore sedici circa: in meno di un’ora la battaglia è perduta. Il resto dell’ala sinistra macedone ed i due corpi della falange vengono incalzati dalla fantaria romana verso il mare e quindi annientati. Coloro che fuggono verso il mare finiscono nelle mani della squadra navale romana. Lo stesso Perseo, che ha a disposizione ancora tutta la sua ala destra e gran parte della cavalleria, si rifugia a Samotrace seguito dai suoi tesori. Le perdite macedoni sono di circa 20.000 unità mentre altri 11.000 soldati sono fatti prigionieri. Le perdite romane sono di qualche migliaia di legionari.

Questo conflitto segna la fine dell’uso della falange sui campi di battaglia e spinge i Romani verso una politica più aggressiva verso i popoli che verranno sottomessi al loro impero

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