| Così si chiamava una speciale componente dell’esercito Sannita organizzata intorno ad una scelta cerchia di soldati che formavano una "Devotio" alle divinita protrettrici sannite; questi, dopo una cerimonia religiosa, venivano consacrati come guerrieri votati al sacrificio estremo pur di difendere il popolo sannita. |
Sulla cerimonia di consacrazione abbiamo una testimonianza scritta ad opera di Livio. L’archeologia ha poi confermato in parte questa descrizione. In particolare Livio ci documenta un rito avvenuto nel 293 a.C. presso la fortezza di Aquilonia al fine di consacrare giovani guerrieri sanniti alla Legione Linteata: ”...alla guerra questi (i Sanniti) s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio.” Giuramento dei Linteati TITO LIVIO - Ab Urbe Condita - X, 38. Traduzione di M. Scandola. Ivi, quasi nel centro dell'accampamento, si racchiuse tutt'intorno con tramezzi di graticci e plutei e si coprì con drappi di tela uno spazio che s'estendeva al massimo per duecento piedi, ugualmente in ogni direzione. Ivi si offrì un sacrificio secondo quanto s'era letto in un vecchio libro linteo; il sacerdote era un certo Ovio Paccio, un uomo di età avanzata, il quale affermava ch'egli ricavava tale sacro rito da un antico cerimoniale dei Sanniti, cui s'erano un tempo attenuti i loro antenati, quando avevano preso segretamente la decisione di togliere Capua agli Etruschi. Compiuto il sacrificio, il comandante fece chiamare da un messo i più nobili per stirpe ed imprese; essi vennero introdotti ad uno ad uno. Oltre agli altri sacri apparati, atti ad infondere nell'animo il timore religioso, v'erano anche nel centro del recinto, tutto coperto all'intorno, are e vittime uccise, e v'erano schierati in giro guerrieri con le spade sguainate. Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come vittima che come iniziato, e gli si faceva giurare che non avrebbe rivelato ciò che avesse visto o sentito in quel luogo. Lo costringevano a giurare secondo una formula terribile fatta apposta per invocare la maledizione su di sè, sulla famiglia e sulla sua stirpe, se non fosse andato a combattere là dove i comandanti lo avessero condotto e, se fosse fuggito dal campo di battaglia, oppure avesse visto fuggire un altro e non l'avesse immediatamente ucciso. Alcuni che s'erano dapprima rifiutati di prestare tale giuramento furono trucidati attorno agli altari; i loro cadaveri, abbandonati in mezzo all'ammasso delle vittime, servirono d'esempio agli altri perché non si rifiutassero. Quando i più ragguardevoli tra i Sanniti si furono impegnati con tale imprecazione, il comandante ne designò dieci, e ad essi fu ordinato di scegliersi ognuno il proprio compagno, finché avessero raggiunto il numero di 16.000. Quella legione fu chiamata "linteata" dalla copertura del recinto in cui era stata consacrata la nobiltà; a questi guerrieri furono date fulgide armi ed elmi con pennacchio perché si distinguessero da tutti gli altri. V'era poi un altro esercito, di poco più di 20.000 uomini, che non sfigurava di fronte alla legione linteata nè per aspetto fisico dei soldati, nè per la gloria, nè per le armi. Questo contingente di uomini, che rappresentava il cuore delle milizie, s'accampò nei pressi di Aquilonia La Legio Linteata è descritta anche in un altro avvenimento accaduto però nel 309 a.C. I guerrieri sanniti sono descritti con armi d'oro e d'argento: ”Due erano gli eserciti: gli scudi del primo li cesellarono in oro, quelli del secondo in argento; la forma dello scudo era la seguente: più larga la parte superiore, da cui son protetti il petto e le spalle, e orizzontale in cima; più appuntito in basso, per lasciare libertà di movimenti. A protezione del petto avevano una corazza a maglia, e la gamba sinistra era riparata da uno schiniere. Elmi con paragnatidi e pennacchio, per mettere maggiormente in evidenza la statura gigantesca. Tuniche variopinte ai soldati con lo scudo dorato, a quelli con lo scudo argentato di candido lino” La descrizione di Livio risente pesantemente dalle gesta e dalle panoplie utilizzate dai gladiatori detti appunto Sanniti. Questi gladiatori avevano fama d’esseri crudeli e molto abili nel combattimento individuale. Anche la descrizione delle panoplie in oro e argento sembrano poco credibili visto il costo di un simile equipaggiamento. La descrizione della corazza sannita, molto simile alla lorica hamata romana utilizzata dal III secolo a.C. in poi, era, a quel tempo, particolarmente costosa in termini di materie prime e lavorazione, tantè che nell’esercito romano coevo era appannaggio solo degli ufficiali. Potrebbe essere più probabile che i Sanniti, viste le numerose influenze subite dai greci italici, adottassero corazze e schinieri sul modello greco come testimoniato da ritrovamenti archeologici. |
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