: Corazzati italiani in Albania 1939-43 |
Inviato da Vito Zita il 24/11/2004 18:53:37 (2287 letture)
| enza dubbio l’Albania, all’interno del contesto storico della Seconda Guerra Mondiale, non è stato un teatro operativo che ha rivestito una particolare rilevanza, tuttavia, perlomeno per noi italiani, è stato senza dubbio un fronte assolutamente non secondario, visto che dall’Albania partì la guerra contro la Grecia e poi contro la Jugoslavia.Fu inoltre il teatro dove venne impiegato per la prima volta il carro M13/40, anche se in un contesto assolutamente non ottimale per l’utilizzo del carro armato e con criteri di impiego legati più ad un concetto di carro appoggio alla fanteria che a quello della “blitzkrieg” tedesca. | Senza contare poi che, stabilizzatosi il fronte greco, fu sostanzialmente una guerra di trincea combattuta su aspre montagne con strade incassate tra profonde gole, dove i mortai erano i veri dominatori della situazione. In questo contesto i carri, sia leggeri che medi, furono quindi utilizzati come riserva tattica ed impiegati per il collegamento e per rari tentativi di sfondamento, che avevano più il sapore della sortita della disperazione che quello della azione lungimirante e tesa a scardinare le potenti e ben disposte difese greche, anche se la sortita su Quota 731 fu senza dubbio un successo, pur pagato a caro prezzo. Ben diverso il fronte nord contro le forze jugoslave, li il terreno, aperto e pianeggiante, ben si confaceva alle operazioni con mezzi corazzati, che infatti sfruttarono tali caratteristiche dopo lo sfondamento del fronte. Per una migliore esposizione si possono individuare tre periodi distinti: 1) Occupazione dell’Albania 2) Guerra con la Grecia e la Jugoslavia 3) Presidio del territorio sino all’armistizio
Occupazione dell’Albania
Nell’agosto del 1939 le truppe italiane occupano l’Albania spodestando Re Zog, sovrano in carica, con una operazione di sbarco navale e aereo. Si trattò in realtà più di una grande esercitazione, con manovre combinate tra truppe aerotrasportate e truppe sbarcate nei porti di Durazzo e Valona, visto la natura incruenta di tale occupazione. Tra le truppe del contingente di occupazione faceva parte la Divisione Centauro, con il 31° reggimento carristi su quattro battaglioni, dove i carri veloci C.V. 33 e C.V. 35, dettero dimostrazione della loro agilità e robustezza, percorrendo velocemente le logore strade che conducevano alla capitale Tirana. In totale parteciparono alla campagna i quattro battaglioni carri veloci del 31° Rgt. Carristi e la compagnia carri veloci del 2° Rgt. Bersaglieri. Durante l’occupazione venne trasferita nella zona di Scutari, nel nord dell’Albania ai confini con la Jugoslavia, una compagnia della Guardia alla Frontiera (GaF), dotata di carri armati Fiat 3000/21 e Fiat 3000/30. E’ da ricordare che alcuni Fiat 3000, venduti all’Albania negli anni trenta, e alcune autoblindo Bianchi furono catturate intatte, ritornando in mano italiana. Nella primavera del 1940 il 31° veniva dislocato nella zona tra Klisura-Tepeleni-Argirocastro, preparandosi alla imminente azione contro la Grecia.
Guerra contro la Grecia e la Jugoslavia
Il 28 ottobre1940 iniziano le ostilità contro la Grecia, probabilmente la campagna militare più disastrosa e funesta, data la breve durata, tra quelle condotte dai militari italiani. Fu una campagna nata male, condotta con pressappochismo, insipienza dei vertici, mal gestita, male organizzata, che se non si trasformò in una tragica rotta fu solo perché, ancora una volta, i soldati italiano seppero resistere in condizioni disumane al gelo, alla fame, alla stanchezza, alle ferite e, comandati da quei pochi ufficiali che onorarono il grado portato, riuscirono a bloccare l’avanzata delle truppe greche che ormai erano ben dentro i confini albanesi. In quella immensa tragedia i carristi del 31° furono i primi a passare il confine con due colonne, una principale con tre battaglioni L.3 e una leggera con il restante battaglione, nelle valli del Drin e della Voiussa, con l’obiettivo di investire Kalibaki. La lotta è violenta e l’8 novembre l’attacco della “Centauro” viene sospeso, dal 15 inizia il ripiegamento che si conclude intorno al 27 dicembre quando le due colonne si riuniscono nei pressi di Argirocastro. Da quella data e fino alla metà di gennaio il reggimento viene smembrato, il II battaglione carri L. del tenente colonnello Pannaciulli viene inviato verso Himara, dove il giorno di Natale fa esplodere un deposito di munizioni, il IV del tenente colonnello Zappalà raggiunge la zona di Logorath, il I al comando del maggiore Congedo è dislocato nella valle della Voiussa a nord di Tepeleni, mentre il III viene trasferito nella valle del Devoli al di fuori delle dipendenze del 31°. Intanto il 12 novembre, proveniente da Bari, dove si è imbarcato l’11, sbarca a Durazzo il IV Battaglione carri medi, 32° Reggimento Carristi della Divisione “Ariete”, che viene messo prima alle dirette dipendenze del supercomando d’Albania, quindi di un corpo d’armata e infine alle dipendenze del 31°. Il 20 novembre inizia lo spostamento verso la linea del fronte e dai primi giorni di dicembre comincia una faticosa ed estenuante serie di spostamenti di plotoni o compagnie verso le località dove più forte è la pressione dei greci, in alcuni casi i carri vengono mandati verso valichi montani di oltre 2000 metri dove non servono assolutamente ma in compenso usurano motori, organi meccanici, freni e rischiano di precipitare nei profondi dirupi. Ai primi di gennaio del 1941 le due compagnie del IV medi si riuniscono e vengono spostate nella stretta di Klisura, punto di importanza strategica per la difesa italiana e punto di partenza per puntate offensive che tolgano pressione sulle vette del Golico. In collaborazione con i carri L. del II Btg, il 27 gennaio, dopo ricognizioni effettuate nei giorni precedenti dal comandante della prima compagnia tenente Passalacqua, nella mattinata parte all’attacco il plotone del tenente Panetta che visto il ponte sul Desnizes interrotto e l’impossibilità di guadarlo ritorna alla base di partenza con i carri danneggiati, ma nel pomeriggio su ordine tassativo del comando d’armata un secondo plotone, al comando del tenente Sategna, ritenta l’attacco. Come già sostenuto dal tenente Panetta, è impossibile superare il torrente, ma l’attacco ha luogo e si conclude con l’annientamento del plotone, con tre carri distrutti e l’ultimo carro che riesce a rientrare con morti e feriti. Il tenente Passalacqua, nel coraggioso tentativo di trovare e recuperare superstiti, parte seguito dal carro del ten. Panetta, ma appena arrivati sul luogo dove giacciono distrutti i carri del plotone Sategna, vengono a loro volta centrati dalle salve di decine di cannoni anticarro e da campagna che i greci hanno ammassato oltre il guado. Dei due carri uno, quello del tenente Passalacqua, riesce a tornare alla base di partenza ma dell’equipaggio non sopravviverà nessuno, mentre il secondo carro si ferma prima di arrivare al sicuro e l’equipaggio deve abbandonare il mezzo mettendosi in salvo a piedi fino alle linee tenute dai bersaglieri ( al tenente Passalacqua verrà concessa la M.O.V.M. per l’azione condotta). In pratica a causa dell’utilizzo scriteriato dei carri, in questa azione il IV perde 7 carri, due ufficiali e quindici uomini, un pesante bilancio per un risultato nullo, peraltro già scontato in partenza. Da quella data i carri leggeri e medi, sotto il comando valido e deciso del colonnello De Lorenzis, comandante del 31° e responsabile del settore della Voiussa, iniziano una continua serie di piccole, modeste ma redditizie azioni, fatte di cannoneggiamenti e mitragliamenti verso le linee greche e di rapidi sganciamenti, che provocano uno stato di allerta continuo nel nemico. Nel mese di febbraio in queste azioni vengono persi altri due carri M 13/40 nella stretta di Zagorias. A metà marzo un plotone di carri medi viene inviato in supporto agli arditi nella conquista di quota 731, la quota sacra di Monastir, ma anche questa azione si risolve in un fallimento con la perdita di 4 carri, tre distrutti dal nemico e uno finito fuori strada. Il 24 marzo il IV dispone di soli 18 carri M13/40 efficienti. Continua intanto la corvè dei piccoli L.3 che incessantemente svolgono il ruolo di mitragliatrici mobili, trasporto viveri, munizioni, posta e di portaordini. Tra il 23 e il 24 marzo il reggimento, composto dai resti dei tre battaglioni L. e dal IV medi, si trasferisce nei pressi di Tirana, dove trascorre una settimana dedicata al riordino ed al riposo, dopo cinque lunghi mesi di attività continua. L’officina reggimentale lavora a pieno ritmo per rimettere in efficienza i mezzi, ma se alla fine del periodo di riposo i tre battaglioni L. sono tutti in piena efficienza, il battaglione carri M ha dovuto procedere allo smantellamento dei carri più malandati per poter consegnare 18 carri in grado di combattere. Grazie all’arrivo dall’Italia di due battaglioni di complementi è possibile rimpolpare i reparti più ridotti mentre il resto dei nuovi arrivati costituiscono due battaglioni di carristi appiedati che ben si comportano durante la campagna contro la Jugoslavia. Infatti l’atteggiamento della Jugoslavia era repentinamente cambiato dopo che un colpo di stato aveva rovesciato il governo neutrale e filo-Asse, ammassando una potente armata di quattro divisioni quaternarie sui confini con l’Albania ed iniziando puntate offensive tese ad occupare porzioni consistenti di territorio albanese. Il 31° viene immediatamente inviato verso Scutari con il I, II, IV Btg. carri L. 3/35 ed il IV carri medi M13/40 mentre il III Btg. Carri L. rimane sul fronte greco. Si ricompatta la divisione “Centauro”, poiché oltre al suo 31° Rgt. Carristi è presente il 1° Rgt. Bersaglieri, che ha preso il posto del 5°, su due battaglioni autoportati, uno ciclisti e una compagnia motociclisti; il 19° Rgt. Cavalleggeri Guide; il XXII Btg. Bersaglieri motociclisti;la 131^ Compagnia Genio; 131° Rgt. Artiglieria. Dal 4 aprile i reparti sono impegnati a costruire una linea difensiva che, pur essendo molto sottile, garantisce comunque uno sbarramento valido all’avanzata jugoslava, ma soprattutto il terreno antistante, che va dal lago di Scutari alle prime propaggine montuose del Kossovo, è pianeggiante, prestandosi quindi finalmente all’utilizzo dei carri in massa, inoltre anche i due larghi letti dei torrenti Proni Banush e Proni That sono quasi asciutti e guadabili e sono presenti solo radi boschi e modesti abitati. Era proprio il terreno adatto per muovere a massa le formazioni di carri!. Il fronte è comunque difeso da troppo poche truppe cosicché sono frequenti le infiltrazioni, tra i capisaldi, di truppe jugoslave; nella notte tra il 7 e l’8 un forte attacco frontale e a tergo delle linee di difesa, effettuato con uno sbarco dal lago di un forte nucleo avversario, viene stroncato dai carristi appiedati, con la cattura di molti prigionieri. In previsione di ulteriori attacchi, il comando del 31° disponeva che le residue forze del IV medi passassero alle dipendenze dei Btg. L, così la 1^ Compagnia al comando del ten. Panetta passa sotto il comando del IV Btg. L del ten. Col. Zappalà, mentre la 2^ Cp. del ten. Camera passa alle dipendenze del I Btg. L del mag. Congedo, occorre ricordare che pur avendo assorbito la compagnia comando si tratta pur sempre di compagnie con solo 8/9 carri M 13/40. Fino al 13 aprile è un continuo tentativo da parte jugoslava di sfondare o aggirare la linea difensiva italiana ed è un continuo intervento dei reparti del 31° che in gruppi misti di carri L. e M, stroncato tutti i tentativi catturando centinaia di prigionieri. Gli jugoslavi si attestano sulla riva del Proni That, iniziando le trattative per giungere all’armistizio ed alla resa, ma mentre inviavano parlamentari al comando della “Centauro” per trattare, contemporaneamente provvedevano a posizionare decine di cannoni anticarro sulla riva del torrente. Rotte le trattative, alle ore 16,30 del 15 aprile arrivava al comando del 31° l’ordine tassativo di avanzare, superare il Proni That e dirigersi verso Ivanaj. Il col. De Lorenzis dispone il I e IV Btg. L. per l’attacco, con il supporto dei plotoni di M 13/40, tenendo il II carri L. come riserva e, alle 18, ordina l’attacco. Tutto sembra procedere per il meglio ma, giunti a circa duecento metri dal Proni That, si scatena la furiosa reazione degli jugoslavi, che con decine di mitragliatrici e cannoni anticarro investono la massa dei carri colpendoli ripetutamente. E’ un momento drammatico poiché il fuoco preciso del nemico apre vuoti paurosi tra le file carriste ma, il tempestivo intervento del ten. Col. Zappalà che,incurante del rischio che il ponte sia minato, attraversa velocemente insieme ai carri del I Btg. il ponte stradale, risolve la situazione critica venutasi a creare, aggirando e prendendo d’infilata le postazioni jugoslave, che devono anche fronteggiare i carri che sono riusciti a guadare il torrente ed ora sono sui pezzi. Il nemico volge alla fuga ma la vittoria ha richiesto un alto tributo di sangue, nell’ultima battaglia sul suolo albanese ben 16 carri L vengono distrutti o danneggiati gravemente oltre a 3 carri M13/40 distrutti ed un altro danneggiato. Dal giorno 16 inizia l’avanzata nel Montenegro che si conclude a Cavtat (Ragusa) dove si concluse la campagna jugoslava del 31° Rgm. Carristi. Il 23 aprile iniziava la marcia a ritroso verso l’Albania, il 25 il Rgt. sfilava a Scutari davanti alle autorità, il 26 era a Durazzo, il 27 a Fieri, il 28 a Tepeleni ed infine il 29 a Giorguzzati (a sud di Argirocastro) giungeva finalmente la notizia che la guerra era finita. Era durata sei lunghi mesi ed era costata decine di migliaia di morti, feriti e congelati, una guerra combattuta sui monti tra la neve ed il gelo, da truppe male attrezzate e mal comandate. In questa guerra i carri armati hanno avuto un ruolo marginale, usati più come deterrente che come forza d’urto, nella campagna jugoslava invece il carro armato, usato in modo appropriato, ha assolto brillantemente i ruoli difensivi ed offensivi propri del mezzo, dimostrando tutta la potenzialità insita nel mezzo.
Presidio del territorio sino all’armistizio
Il 31° rimasto a Giorguzzati dopo la fine del conflitto, fu raggiunto dal III Btg. L. distaccato per tutta la campagna presso la 9* Armata e da tutti i reparti sparsi in Albania, compresi i Btg. complementi, iniziando quindi un’opera di riordino dei mezzi alquanto malconci. Quando a metà maggio il Rgt. raggiunse Durazzo i quattro battaglioni carri L. erano al completo di mezzi e personale, mentre il IV medi, nonostante il recupero dei mezzi lasciati sui monti al confine con la Grecia, non allineava più di quattordici carri. Intorno al 20 maggio partivano i convogli verso l’Italia ed il 31° finalmente ritornava nei suoi accasermamenti alle foci del Tagliamento. Finita la guerra iniziava un periodo di stasi poiché,a differenza della Jugoslavia, la ribellione non si manifestò immediatamente, salvo le regioni al confine con il Montenegro. Tra le truppe rimaste in Albania come truppa presidiarla,senza dubbio erano presenti reparti corazzati e blindati, in quanto oltre alla GaF con Fiat 3000, dallo scarso valore bellico, furono inviati vari reparti di Cavalleria, inseriti poi nel raggruppamento celere dell’Albania. Tra questi il 19° Rgt. Cavalleggeri Guide che tra la fine del ‘42 e l’inizio del ‘43 ebbe un gruppo squadroni equipaggiato con carri L.6, operando con funzioni di ordine pubblico e truppa di presidio. Il 1° Rgt. “Nizza Cavalleria” nel ‘43 aveva il IV gruppo con L.6 e AB 41 dislocato a Dibra, il 13° Rgt. “Cavalleggeri di Monferrato” aveva il IV gruppo anch’esso su L.6 a Berat e probabilmente anche il Rgt. “Lancieri di Firenze” aveva un gruppo corazzato. E’ altresì probabile che compagnie autonome di carri L.3 siano state costituite, come unità mobili di rinforzo, a somiglianza di quanto avvenuto in Jugoslavia. Poi con l’8 settembre anche in Albania ci fu chi lottò contro i tedeschi, chi si arrese, chi si unì alla guerriglia e chi aderì alla R.S.I., ma questa è un’altra storia.
Appunti sui mezzi
I carri M13/40 appartenevano alla prima serie, quindi erano senza apparecchiatura radio, avevano i parafanghi lunghi, il martinetto sul parafango anteriore, due rulli di scorta posteriori, sulla torretta era assente la protuberanza che permetteva una maggiore depressione del cannone. Erano verniciati in grigioverde con il disco bianco, per l’identificazione aerea, dipinto sulla torretta. I carri L.3 e L.3 lanciafiamme erano verniciati in grigioverde, alcuni furono mimetizzati successivamente con macchie sabbia, i carri L.6 in giallo sabbia, le AB 41 giallo scuro o giallo scuro con mimetizzazione verde medio.
Carlo Cucut
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