: La guerra a Roma, 1943/46 |
Inviato da Giulio_Gobbi il 1/5/2005 11:01:36 (1788 letture)
| Adolfo, Giuseppina e Annamaria, a Roma nella 1943 età compresa fra i 10 e i 15 anni. Conversazione avvenuta il 9 Marzo 2002 a Nettuno (Rm). Non si tratta di una vera e propria intervista, mi sono trovato a cena insieme con mia moglie, a casa di mio suocero, c'erano anche sua moglie e la sorella di lei, ho cercato di portare la conversazione dove m'interessava ed ecco cosa è uscito. Peccato di non poter riuscire a rendere le espressioni dei volti, gli sguardi, i gesti e i toni di voce. | Adolfo: Mia madre stava insieme a mio padre che lavorava per quella che all'epoca era la Centrale del Latte e si chiamava SCAT, stavano su un furgone della ditta dalle parti di Grosseto, il furgone era giallo e bianco e portava i contrassegni di Città del Vaticano, nonostante quello fu attaccato da aerei americani, tanto quelli che ne sapevano dei preti, sparavano a tutto quello che si muoveva sulle strade, mia madre morì, mio padre portava due schegge nella schiena, per ricordo, stavano insieme quel giorno, perché facevano quello che facevano tutti appena potevano, borsa nera, mia madre era andata a prendere della farina credo, mio padre che aveva già fatto la guerra di Libia si salvò perché d'istinto sapeva già cosa fare in caso di bombardamento. Gli americani su Roma non fecero incursioni solo a San Lorenzo, gli aerei avevano gli spezzoni, noi stavamo sull'Appia all'Alberone, quando c'erano gli allarmi mia madre ci portava a Villa Lazzaroni invece che al rifugio perché essendo un posto aperto diceva che stavamo più al sicuro lì.
Anna: Si, suonava la sirena, gli aerei portavano gli spezzoni sotto le ali, una volta stavamo correndo a rifugiarci in chiesa e presero quelli dietro a noi, non si salvò nessuno, tutti morti, c'era la Madre Superiora che si attaccava alle campane per far capire agli aerei che quella era una chiesa, sperava che i piloti riuscissero a sentire le campane e non attaccassero, scendevano bassi lanciavano gli spezzoni e sparavano.Una volta ci siamo rifugiati dentro ad un collettore in mezzo ai liquami, stavamo tutti stretti come sardine, appiccicati in mezzo al liquame, un'altra volta sotto ad un ponticello in mezzo all'acqua, si perdeva sempre qualche ragazzino, nei rifugi veri non era sicuro starci. E poi c'era la fame, avevamo sempre fame, quello che prendevamo con i bollini era poco, mi ricordo ancora mia nonna che tagliava il bollino con le forbici con solennità e ci mandava a prendere la roba da mangiare, una volta stavamo scendendo di corsa al rifugio con un pentolone di minestra e ci cadde per le scale, la raccogliemmo con i cucchiai e la mangiammo lo stesso, con tutte le formiche dentro.
Giuseppina: Ti ricordi di quella volta che andammo a rubare una gallina dalle monache di notte? Poi la mattina, venne la polizia in borghese a chiedere se non sapevamo niente di qualcuno che la notte era andato a rubare una gallina dalle suore, e c'era quella gallina dentro alla pentola che saltava fuori con la testa e mamma che teneva il coperchio e la ricacciava dentro. Poi ce la siamo mangiata, era buona quella gallina.
Adolfo: E non c'era neanche un gatto in giro, quelli che c'erano erano secchi e allampanati, come ne saltava fuori uno erano in cento a dire: "quel gatto è mio!" finivano in pentola i gatti. Io con i miei fratelli la notte andavamo a rubare le patate e la verdura dagli orti di guerra sull'Appia, o almeno dicevano che erano orti di guerra, mangiavamo tutto, pure le bucce di patata arrostite.
Io: Ma gli aiuti americani?
Adolfo: A chi gli pareva! Ti riempivano di sigarette, cioccolate e gomme americane. Lo sai perché i comunisti erano forti dopo la guerra? Perché passavano e ti davano i pacchi con la pasta, lo zucchero, il caffè e le scatolette, prima erano tutti fascisti, poi tutti comunisti, la realtà era che si stava dalla parte di chi ti dava da mangiare. Pure per questo hanno cacciato il Re, i monarchici non davano niente.
Anna: A sì, mi ricordo che stavamo in fila al lato della strada, i soldati americani passavano sopra i mezzi e ti buttavano le gomme e le cioccolate e noi ragazzini le acchiappavamo…
Mia moglie: E tutti quei poveri Ebrei che hanno preso……
Anna: E mica solo quelli. I tedeschi e i fascisti facevano le retate per prendere gli uomini e mandarli nei campi di lavoro in Germania. Entravano dentro casa spalancando la porta a calci e urlando ti spianavano il fucile in faccia, pure se eri una ragazzina di dieci anni, urlavano in tedesco e buttavano tutto per aria, io avevo una paura e mi mettevo in un angolo con la mamma e la nonna, aprivano gli armadi e li vuotavano, salivano pure sui soppalchi e buttavano giù tutto, mi ricordo ancora quando hanno trovato quello che abitava sotto a noi nascosto sul soppalco e lo hanno portato via per forza, cercavano gli uomini, urlavano con i mitra spianati e sfasciavano quelle povere cose che trovavano in giro.
Giuseppina: Si me lo ricordo, si chiamava Zuccheri… e quella volta che sul comodino c'erano quelle tre bamboline di coccio con cui ci giocavamo, sono entrati e le hanno rotte……ti ricordi?
Anna: E già, i nostri giochi erano quelli, la campana e le filastrocche, quando si poteva giocare, io che ero quella più grande (tre sorelle N.d.R.) mi toccava sempre andare a prendere quello e quell'altro, mi ricordo che c'era una signora che chiamavano "fraulin" (non ho capito se era un soprannome o se era una "signorina" ma non sono riuscito ad indagare oltre N.d.R.) aveva sempre le lire in tasca, dicevano che era il figlio che guadagnava tanto, mi dava mezzo soldo per andare la mattina alle sei a prendere mezzo litro di latte alla distribuzione, la distribuzione stava lontano da casa, e io ci andavo, con il bidoncino in mano, poi tutte e tre alle sei e mezzo stavamo già in fila dalle monache con le nostre ciotole di metallo per prendere il latte caldo e tre gallette per colazione, lo davano alle otto e mezzo, ma se arrivavi alle sette eri ultimo e non trovavi niente, mi ricordo che faceva freddo e camminavo dentro al cappottino con le mani ficcate in tasca ed i pugni chiusi per paura di perdere quel mezzo soldo e se incontravo qualcuno mi diceva: " a pupè, tielle bene dentro le manine che fa freddo!"
Adolfo: E non c'erano neanche le medicine, se ti facevi male o ti veniva qualche bolla, mia madre mi diceva di andare al prato a prendere la malva, faceva un impiastro con un po' di crusca, te lo legava sopra e via.
Mia Moglie: Sì ma dopo la guerra è andata meglio.
Adolfo: Macché meglio! La borsa nera c'era e peggio di prima, c'erano i soldi d'occupazione ma non valevano niente, si faceva il baratto, scarpe per farina…io le prime scarpe di pelle le ho avute nel 1950, prima portavamo gli zoccoli e i sandali che ci facevamo da soli con il legno o con i copertoni. Non c'era niente subito dopo la guerra, solo la fame e la miseria nera. Dal 50 abbiamo ricominciato un po' a respirare. Quando uscivamo fra giovanotti, c'era quello che aveva qualche lira in tasca e pagava pure per quello che non ce l'aveva senza fare discussioni, perché potevi stare sicuro che quello pure se aveva solo un soldo lo cacciava! C'era solidarietà ci si aiutava, non ci si nascondeva niente, spingevamo tutti insieme.
Io: Ma il referendum, e vero che hanno fatto brogli?
Adolfo: No, c'era molta confusione, ma quelle elezioni erano regolari come quelle di adesso.
Poi la conversazione ha cambiato strada, io so che mio suocero quando perse la madre è stato per parecchio tempo in collegio ma non si riesce a farlo parlare di quei giorni. Mi ha raccontato qualche altra cosa la settimana dopo.
Adolfo: Quando sono sbarcati gli Americani a Nettuno ed ad Anzio, io vedevo dalle finestre di casa i camioncini carichi di paracadusti della Nembo che andavano al fronte cantando, sembravano i padroni dl mondo, erano coperti di bombe a mano e fucili, ma ho visto anche ritornare gli sbandati, feriti stracciati e con gli occhi fissi, si trascinavano verso Roma. Erano solo ragazzi.....si, erano tempi duri quelli.
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