: Gruppi di Combattimento: formazione ed evoluzione |
Inviato da Vito Zita il 17/6/2006 12:57:02 (1981 letture)
| Stimolato dal bel lavoro di Andrea Sansoni, vi propongo questo studio sui Gruppi di Combattimento tratto - come citato nella fonte bibliografica - da una monografia edita dall'USSME nel 1951 e mai più ristampata. Si tratta dei caratteri generali su come si pervenne alla loro formazione ed al loro impiego. Mi auguro che possa implementre il lavoro precedente e che possa al tempo stesso dare maggior luce a queste formazioni che sono ancora poco studiate. | PRELIMINARI Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, le autorità italiane chiesero con reiterata insistenza al comando in capo alleato che venisse concessa una larga partecipazione delle truppe italiane alla guerra di liberazione contro i Tedeschi. Ma malgrado tutte le insistenze delle nostre autorità, la partecipazione delle nostre truppe alle operazioni venne limitata, in un primo tempo, ad un solo raggruppamento motorizzato di entità assai modesta. Il 20 dicembre 1943, in S. Spirito (sobborgo di Bari), presso la sede del XV gruppo d'armate anglo-americane, ebbe luogo una riunione alla quale parteciparono: per parte italiana i marescialli Badoglio e Messe, rispettivamente Capo del Governo e Capo di S. M. generale; per parte anglo-americana il gen. Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate, il gen. Alexander, comandante del XV gruppo d'armate, il gen. Smith, capo di S. M. del gen. Eisenhower, il gen. Richardson, capo di S. M. del gen. Alexander, il gen. Joyce, presidente della commissione alleata di controllo, il gen. Taylor, capo di S. M. della commissione alleata di controllo, il gen. Robertson, comandante dello «scaglione amministrativo avanzato» del comando in capo alleato. In tale riunione fu «accettata, come questione di principio, una più ampia partecipazione italiana alle operazioni avvenire». In sede di precisazione si stabilì che : - le truppe italiane destinate a combattere dovevano avere «armamento ed equipaggiamento non inferiore a quello anglo-americano»: per questo avrebbero provveduto gli Alleati; - le truppe italiane che avevano invece compito di occupazione, dovevano essere armate ed equipaggiate a cura dei comandi italiani, col concorso anglo-americano per ciò che si riferiva al vestiario. Una clausola che rendeva però aleatoria la questione di una più larga partecipazione delle nostre truppe alle operazioni attive sul fronte era quella che subordinava tutto «alle possibilità dei mezzi di trasporto». Sarà infatti questa una scusa che verrà sempre accampata tutte le volte che in seguito le nostre autorità cercheranno e insisteranno per aumentare il nostro sforzo operativo. Più tardi, ai primi di febbraio 1944, il capo della missione militare italiana presso il comando in capo delle forze alleate ritenne opportuno parlare coi generali Wilson e Devers, rispettivamente comandante in capo e comandante in seconda delle forze alleate nel Mediterraneo, intrattenendoli sulla necessità «di prendere una buona volta una decisione radicale riguardo la nostra cooperazione militare». Il gen. Wilson, pur esternando sentimenti amichevoli, non ritenne però di potersi per il momento pronunciare, in quanto ancora non sufficientemente orientato e al corrente di tale questione. Il gen. Devers dimostrò invece di essere bene al corrente e si disse anzi convinto «che l'apporto nostro alla guerra sarebbe stato di grande vantaggio», soggiungendo di essere senz'altro favorevole alla nostra partecipazione attiva; tuttavia, d'accordo col gen. Wilson, si preoccupò «soltanto di metterci in effettiva condizione di poter entrare in linea con i mezzi adeguati e di poter sostenere per lungo tempo la lotta». Assicurò infine di porre ogni buona volontà e «il suo cuore di soldato amico dell'Italia» per venire incontro ai nostri legittimi desideri. Giustamente il capo della missione militare italiana obiettò che, ove l'Alto Comando alleato avesse voluto davvero risolvere in linea di principio il problema di una nostra più larga partecipazione, senza dubbio «avrebbe saputo trovare i materiali ed i trasporti occorrenti». Ma materiali e trasporti, per le nostre truppe, non si trovarono; almeno per il momento. D'altra parte era ormai ribadito, sin dal convegno di S. Spirito, che le truppe italiane destinate a combattere a fianco degli Alleati avrebbero dovuto essere armate ed equipaggiate a cura degli Anglo-americani; non c'era quindi che da attendere che questi ultimi si decidessero a fornirci i materiali occorrenti (nota 1). A fine febbraio, dopo vari accordi intercorsi tra le nostre autorità militari e la Commissione alleata di controllo, sembrò che la nostra preparazione, in vista di una più larga partecipazione alle operazioni, cominciasse ad acquisire una forma concreta. Il 29 febbraio, infatti, il nostro Stato Maggiore dell'Esercito inviò alla commissione alleata di controllo copia di un progetto per il riordinamento delle divisioni «Piceno» e «Mantova» da impiegare in operazioni. Ciascuna delle predette divisioni sarebbe stata costituita come appresso: - comando (con una sezione carabinieri); - 3 reggimenti di fanteria (ciascuno su un comando, 2 battaglioni e 1 compagnia mortai da 81): - 1 battaglione mitraglieri divisionale (someggiato per la divisione «Piceno»; autotrasportabile per la divisione «Mantova»); - 1 battaglione controcarro (da costituire ex novo); - 1 reggimento di artiglieria (su un comando, 3 gruppi di piccolo calibro: 2 da 100 e 1 da 75, e i batteria da 20 mm.); - 1 battaglione .del genio (con 1 compagnia artieri e 1 compagnia mista t. e r.t.); - 1 sezione di sanità (all'atto dell'impiego operativo sarebbero stati inoltre assegnati a ciascuna divisione 2 ospedali da campo); - 1 sezione di sussistenza; - 1 autoreparto su 2 autosezioni (da costituire). Quale necessario serbatoio per i complementi sarebbe stato approntato un reggimento (il 120° fanteria). Forza prevista: per la divisione «Piceno» 429 ufficiali e 9.178 sottufficiali e truppa; per la divisione «Mantova » 427 ufficiali e 8.988 sottufficiali e truppa. Complessivamente, dunque, le due divisioni avrebbero avuto la forza di 856 ufficiali e 18.166 sottufficiali e truppa. Per il riordinamento della «Piceno», le disposizioni erano state già emanate ed erano anche in corso di attuazione. Per la «Mantova» si era sul punto di provvedere. Nessuna difficoltà esisteva circa il personale, per il quale c'era anzi modo di selezionarlo e ben inquadrarlo. Non così, invece, per le armi e le dotazioni di materiali, ove specialmente si fosse tenuto presente - come era stato raccomandato - quanto era stato stabilito nel convegno di S. Spirito, e cioè, che le truppe italiane destinate a combattere dovessero avere armamento ed equipaggiamento non inferiori a quello anglo - americano. Per tale motivo veniva presentata una richiesta di tutto il fabbisogno necessario, affinchè gli Alleati provvedessero al relativo rifornimento. Per aumentare il volume di fuoco delle unità di fanteria, fu proposto che venissero assegnati almeno 3 moschetti automatici ad ogni squadra delle compagnie fucilieri; complessivamente 130 per reggimento e 390 per divisione. Le armi automatiche sarebbero state così portate a 238 per reggimento di fanteria e a 776 per divisione. Con tutto ciò si era ancora lontani dal poter disporre di un volume di fuoco pari a quello delle divisioni di fanteria anglo-americane (nota 2). Particolare importanza era data al problema del rifornimento munizioni, per cui veniva richiesto agli Alleati un numero vario di unità di fuoco per armi portatili, mortai e artiglierie. Tutti questi preparativi, però, non approdarono a nulla, e le due divisioni, «Piceno» e «Mantova», continuarono ad essere impiegate in zona molto distante dal fronte, mentre in operazioni a fianco degli Alleati venivano impiegati soltanto i reparti del I raggruppamento motorizzato e del Corpo italiano di liberazione (C.I.L.), con un aumento graduale di forza e con un armamento esclusivamente italiano. Nel giugno 1944, le conversazioni per una maggiore attiva partecipazione delle forze italiane alle operazioni furono riprese per vedere di venire a capo di qualche cosa. Il 3 giugno vi fu una riunione a Napoli, alla quale intervennero i gen. Alexander e Mac Farlane da parte alleata, rispettivamente comandante del XV gruppo d'armate e capo della missione alleata di controllo, e, da parte italiana, il maresciallo Messe, capo di S. M. generale, l'amm. De Courten, ministro della Marina, e il gen. Infante, sottocapo di S. M. generale. Nella riunione, tra i vari argomenti trattati, vi fu quello della nostra collaborazione operativa. Il gen. Mac Farlane disse di aver ricevuto in proposito una lettera del Comando Supremo italiano relativa all'approntamento della divisione «Cremona». Il maresciallo Messe colse l'occasione per spiegare che, non solo occorrevano complementi per mantenere efficienti le truppe in linea del Corpo italiano di liberazione, ma occorreva pure prevedere in tempo che nuove unità venissero armate ed aquipaggiate a cura degli Alleati. Riteneva a tale riguardo che la «Cremona» fosse la migliore unità da approntare. Il gen. Alexander rispose che ricordava ed apprezzava le qualità combattive delle truppe italiane, contro le quali aveva combattuto sia ad El Alamein sia in Tunisia, e riconosceva altresì che, prima di portare nuove unità in linea, occorreva dare il tempo necessario perché potessero essere approntate con un equipaggiamento adeguato. Confessava tuttavia che il problema del riarmo di unità italiane non era stato effettivamente affrontato come si sarebbe dovuto e prometteva che avrebbe prospettato la cosa al Comitato dei capi di S. M. a Washington, sostenendo il nostro punto di vista. A conclusione dell'argomento, il maresciallo Messe chiese che nel frattempo venissero forniti, per l'addestramento, alcuni esemplari di armi alleate; al che il gen. Alexander, osservando che in effetti le armi erano di tipo assai diverso, promise che avrebbe disposto nel senso da noi desiderato. Anche l'indomani, 4 giugno, recandosi il gen. Infante, nostro sottocapo di S. M. generale, a Caserta presso il comando alleato a conferire col Capo di S. M., gen. inglese Harding, e col gen. americano Lemeniz, tornò a prospettare l'opportunità che venisse definita la questione dell'aumento della nostra partecipazione alle operazioni. Più tardi, il nostro Capo di S. M. generale si prospettò anche la eventualità di poter sostituire le unità di Marocchini sul nostro fronte con unità composte di Italiani, e il 24 giugno ne parlò col capo nucleo « I » presso la 5* armata americana. Qualche giorno dopo, il 26, il Comando Supremo trasmise un appunto all'ufficio «I» circa la possibilità di fornire per l'impiego in combattimento, alla parte alleata, altre grandi unità italiane, oltre al Corpo italiano di liberazione, già impegnato da tempo in operazioni. Si precisava pure che nel periodo di 1-2 mesi avrebbero potuto essere pronte ad entrare in linea 1-2 divisioni, per le quali però era «necessario che la parte alleata fornisse aliquote di armamento, mezzi automobilistici e mezzi di collegamento». Naturalmente, in tutto questo frattempo, i nostri stati maggiori avevano provveduto ad elaborare i particolari relativi ai materiali occorrenti alle unità da approntare, rendendone anche edotta la commissione alleata di controllo.
COSTITUZIONE Sulla base del piano generale, nel settembre 1944 vennero concretate, a cura del nostro Stato Maggiore dell'Esercito, le formazioni organiche. In base ad esse i Gruppi di combattimento sarebbero stati costituiti come appresso: - comando Gruppo dì combattimento, con quartier generale (28 ufficiali e 113 sottufficiali e truppa), 2 sezioni miste di carabinieri, (4 ufficiali, 100 sottufficiali e truppa, 2 fucili mitragliatori), un nucleo inglese di collegamento tra comando Gruppo di combattimento e comando inglese composto di 7 ufficiali; - 2 reggimenti di fanteria, ciascuno su i compagnia comando di reggimento (1 plotone comando, 1 plotone servizi, autocarreggio, 21 moschetti automatici, 2 mortai Piat), 3 battaglioni fucilieri, 1 compagnia mortai da 76 (su 2 plotoni mortai di 4 squadre ciascuno, 8 mortai da 76, 19 moschetti automatici, 6 fucili mitragliatori), 1 compagnia cannoni da 6 libbre - cal. 57 mm. - (su 1 plotone comando e 4 plotoni cannoni di 3 squadre ciascuno, 12 pezzi da 6 libbre, 22 moschetti automatici, 2 fucili mitragliateti, 1 mortaio Piat); ogni battaglione su 1 compagnia comando di battaglione (1 plotone comando, 1 plotone collegamenti, 1 plotone esploratori-guastatori, 56 moschetti automatici, 6 fucili mitragliatori, 2 mortai Piat), 3 compagnie fucilieri (ogni compagnia su 1 plotone comando e 3 plotoni fucilieri di 3 squadre ciascuno; in tutto 71 moschetti automatici, 14 fucili mitragliatori, 4 mortai Piat, 3 mortai da 50) e 1 compagnia armi d'accompagnamento (su 1 plotone comando, 1 plotone pionieri, 1 plotone carrette cingolate, 1 plotone mortai da 76 di 4 squadre, 1 plotone cannoni da 6 libbre di 2 squadre; in tutto 65 moschetti automatici, 16 fucili mitragliatori, 6 mortai Piat, 4 mortai da 76, 14 mortai da 50, 2 pezzi da 6 libbre). Totale dei 2 reggimenti: 234 ufficiali, 5.168 sottufficiali e truppa, 2.128 moschetti automatici, 400 fucili mitragliatori, 126 mortai Piat, 40 mortai da 76, 138 mortai da 50, 36 pezzi da 6 libbre; - I reggimento di artiglieria, su: 1 reparto comando (sezione comando e autocarreggio); 4 gruppi da 25 libbre (87 mm.) ciascuno su 2 batterie di 4 pezzi (totale in ogni gruppo: 8 pezzi da 25 libbre, 56 moschetti automatici, 6 mitragliatrici, 6 mortai Piat); 1 gruppo controcarro da 17 libbre (76 mm.) su 2 batterie di 4 pezzi ciascuna (totale nel gruppo: 8 pezzi da 17 libbre, 56 moschetti automatici, 6 mitragliatrici, 4 mortai Piat); 1 gruppo contraerei da 40 mm. su 2 batterie di 6 pezzi ciascuna (2 pezzi per sezione; totale nel gruppo: 12 pezzi da 40 mm., 108 moschetti automatici, 6 mitragliatrici, 4 mortai Piat). Totale del reggimento: 93 ufficiali, 1.433 sottufficiali e truppa, 32 pezzi da 25 libbre (87 mm.), 8 pezzi da 17 libbre (76 mm.), 12 pezzi da 40 mm., 388 moschetti automatici, 36 mitragliatrici, 36 mortai Piat (nota 3); - I battaglione misto del genio, su 2 compagnie artieri (ciascuna con 1 plotone operai, 2 plotoni artieri e 1 plotone artieri di arresto) e 1 compagnia teleradio (con 1 plotone teleradio per comando Gruppo di combattimento, 2 plotoni teleradio per reggimento di fanteria, cioè uno per reggimento, 1 plotone teleradio per reggimento di artiglieria). Totale del battaglione: 23 ufficiali, 797 sottufficiali e truppa, 34 fucili mitragliatori, 2 mortai da 50, 18 mortai Piat; - servizio sanitario con 1 sezione di sanità (2 reparti autocarreggiati, 1 reparto portaferiti su 2 plotoni, 1 plotone disinfezione e difesa antimalarica) e 2 ospedali da campo; totale del servizio sanitario: 26 ufficiali, 325 sottufficiali e truppa; - compagnia (poi reparto) trasporti e rifornimenti, su 3 plotoni trasporti (su 5 sezioni ciascuno), 3 nuclei autieri di riserva (1 per ciascun plotone trasporti), 2 plotoni misti; totale 13 ufficiali, 294 sottufficiali e truppa, 20 fucili mitragliatori, 20 mortai Piat; - deposito mobile materiali artiglieria e genio (poi parco mobile A.G.A.); totale 4 ufficiali, 69 sottufficiali e truppa, 4 fucili mitragliatori; - officine meccaniche: 1 officina mobile per comando Gruppo di combattimento; 6 officine mobili leggere (1 per ogni reggimento di fanteria, 2 per il reggimento di artiglieria e 2 per il battaglione misto del genio); 1 plotone officina per compagnia (poi reparto) trasporti; totale 7 ufficiali, 279 sottufficiali e truppa, 6 fucili mitragliatori, 1 mortaio Piat. Complessivamente il Gruppo di combattimento avrebbe avuto, come dallo schema organico già concretato d'accordo con la missione militare alleata: 432 ufficiali, 8.578 sottufficiali e truppa, 2.516 moschetti automatici, 502 fucili mitragliatori, 201 mortai Piat, 40 mortai da 76, 140 mortai da 50, 36 pezzi da 6 libbre (57 mm.), 32 pezzi da 25 libbre (87 mm.), 8 pezzi da 17 libbre (76 mm.), 12 pezzi da 40 mm., 1.183 automezzi, oltre ad autobotti, autoambulanze, rimorchi, motocicli, ecc.. Successivamente furono apportate alle formazioni organiche delle lievi varianti di dettaglio (p. es., soppressione del plotone pionieri nella compagnia armi d'accompagnamento di battaglione e suo trasferimento alla compagnia comando di battaglione, nella quale contemporaneamente fu soppresso il plotone esploratori-guastatori e furono assegnate una squadra tiratori scelti e una squadra informatori; costituzione della compagnia artieri del genio su 1 plotone comando e 3 plotoni artieri; sostituzione del nominativo di «deposito mobile (materiali artiglieria e genio)» con l'altro di «parco mobile A.G.A.»; eliminazione dei mortai Fiat dall'armamento del reparto trasporti e rifornimenti, ecc.); ma il Gruppo di combattimento rimase pur sempre, nella sua struttura organica fondamentale, quello previsto dalle formazioni organiche. Raffrontando il Gruppo di combattimento con le divisioni di fanteria anglo-americane, si poteva osservare: a) le divisioni anglo-americane erano ternarie (con 3 reggimenti di fanteria), là dove i Gruppi di combattimento erano semplicemente binari (con 2 soli reggimenti di fanteria); b) la divisione di fanteria inglese, oltre ai 3 reggimenti di fanteria, aveva ancora in organico un battaglione esplorante «Recce» e un battaglione mitraglieri; la corrispondente divisione americana, in più dei reggimenti di fanteria, aveva solo un reparto esplorante; il Gruppo di combattimento, in più dei due reggimenti di fanteria, non aveva alcun reparto speciale; c) il rapporto tra artiglieria e fanteria era molto in favore dell'artiglieria nella divisione inglese; un pò meno nel Gruppo di combattimento e nella divisione americana; d) la dotazione di armi automatiche era molto considerevole nella divisione americana; un po' meno nel Gruppo di combattimento; meno ancora nella divisione inglese.
QUESTIONI RELATIVE AL PERSONALE E AI MATERIALI Nella organizzazione dei Gruppi di combattimento le prime attenzioni e le prime cure furono rivolte al problema del personale, tenendo presente che nei Gruppi dovevano essere mantenuti soltanto uomini adatti al combattimento o ai connessi servizi tecnici. Per tal fatto il personale dei Gruppi doveva prima essere vagliato e distinto in quattro categorie: - personale che, avendo tutti i requisiti, doveva essere trattenuto nel Gruppo; - personale che, avendo tutti i requisiti, doveva essere trasferito per esigenze organiche ad altro Gruppo; - personale da trasferire presso unità che si trovavano già in servizio con gli Alleati; - personale che doveva essere smobilitato o perché aveva superato i limiti di età o per altre ragioni. Poiché nei Gruppi di combattimento si richiedeva un numero rilevante di specializzati, si dovette cercare di trame il maggiore numero possibile sia dai presidi sia dalle varie unità, a cominciare dalle divisioni di sicurezza (nota 4). I 6 Gruppi di combattimento dovevano in definitiva assumere in forza personale tutto selezionato, tenendo sempre presente che la loro forza complessiva doveva essere contenuta entro i limiti seguenti stabiliti dagli Alleati: 57.000 uomini, più il 10% per unità ausiliarie e complementi; in totale 62.700 uomini. Sembrerebbe a questo punto che, data la larga disponibilità di uomini, per la questione del personale non dovessero esserci vere e proprie difficoltà. Invece, anche su tale questione le difficoltà da affrontare e superare non furono poche, sia a causa delle continue richieste di personale fatte dagli Alleati per trasporti a salma o per servizi ausiliari di rinforzo ai carabinieri o per altre ragioni e che in ogni modo venivano a dissestare la compagine delle varie unità; sia a causa delle perdite di molti elementi in conseguenza di malattie, assenze arbitrarie, ecc.; sia infine a causa dello scarso gettito dato dai richiami. A tutto questo bisogna aggiungere le troppe pastoie burocratiche opposte dagli organi di controllo alleati, i quali finivano così con l'intralciare alle nostre autorità ogni pronta soluzione dei vari problemi organici; senza contare poi la diversa mentalità con cui erano viste le varie questioni (nota 5). Per fronteggiare il problema del personale occorrente ai Gruppi, si cercò di attingere gli elementi necessari, oltre che dalle normali fonti militari, anche in mezzo ai volontari e ai partigiani. Malgrado ciò, a fine dicembre 1944, e cioè alla vigilia dell'entrata in linea, i Gruppi «Friuli» e «Cremona» mancavano di 1.400 uomini ciascuno a causa di assenze arbitrarie (nota 6), gente in ospedale, in licenza, ecc. La mancanza di personale fece sorgere persino l'idea di contrarre il numero dei Gruppi di combattimento portandoli da 6 a 5, in maniera da poter tenere a numero e in piena efficienza quelli approntati. Vedremo infatti che il Gruppo «Piceno» verrà orientato verso un impiego diverso da quello di prima linea, sino a quando, nel gennaio 1945, perderà la qualifica di Gruppo di combattimento per riassumere quella di divisione, col compito di costituire a Cesano (tra Roma e Civitavecchia) un centro di addestramento per i complementi delle forze combattenti italiane. Allo scopo di assicurare il rifornimento del personale ai Gruppi di combattimento, venne intanto costituito un reggimento complementi così formato: - comando; - 2 battaglioni complementi di fanteria, ciascuno su 3 compagnie di complementi di fanteria; - 1 battaglione complementi misto su 2 compagnie di complementi di artiglieria, 1 compagnia di complementi del genio e 1 compagnia di complementi mista. Complessivamente il reggimento venne ad avere una forza organica di 148 ufficiali e 5.552 sottufficiali e truppa. D'accordo con la missione alleata, il nostro Stato Maggiore stabilì che il reggimento complementi dovesse raccogliere: - i militari, già appartenenti ai Gruppi di combattimento, che fossero comunque ridiventati disponibili perché cessati i motivi di assenza; - i militari richiamati appositamente per i Gruppi di combattimento; - i militari idonei incondizionatamente che si rendessero disponibili per altre ragioni. Circa la forza del reggimento complementi, il rappresentante della missione militare alleata espresse l'avviso, anche in considerazione che non poteva escludersi che i Gruppi di combattimento venissero impiegati contemporaneamente, che essa fosse portata e mantenuta al 10% della forza complessiva dei 6 Gruppi, in maniera che, anche detraendo gli ammalati, i militari in licenza, ecc., si potesse sempre fare assegnamento almeno sul 7% quale personale effettivamente impiegabile. Provvedimenti furono adottati per migliorare la situazione dei quadri che appariva tutt'altro che soddisfacente dal lato qualitativo; come pure si cercò di migliorare la situazione dal punto di vista delle dotazioni di materiali, disponendo la sollecita distribuzione di vestiario, coperte, teli da tenda, gavette, ecc., onde evitare ripercussioni morali sfavorevoli (assenze arbitrarie e diserzioni). C'era inoltre da assicurare il rifornimento personale per il reggimento marina «S. Marco», destinato al Gruppo di combattimento «Folgore». Ma per questo la Marina si era impegnata a provvedere i complementi nella misura necessaria. Fu tuttavia rappresentata la necessità che almeno 200 marinai venissero tenuti pronti nel reggimento complementi. Sotto la data del 25 novembre 1944, il reggimento complementi assunse la denominazione di «deposito addestramento complementi forze italiane di combattimento», e gli fu assegnato il compito di provvedere all'addestramento di tutti i complementi, ad eccezione però di quelli del genio artieri, per i quali fu disposto che l'addestramento venisse svolto presso gli stessi Gruppi di combattimento. In data 27 dicembre, il deposito addestramento complementi fu trasferito a Cesano (sud-est di Bracciano), dove, l'8 gennaio 1945, venne assorbito dal Gruppo di combattimento «Piceno», il quale assunse l'indicativo di «comando divisione «Piceno» (centro addestramento complementi per forze italiane di combattimento)». Il centro addestramento venne successivamente ordinato come segue: - comando centro; - 1 reggimento raccolta e smistamento complementi (1°), su 2 battaglioni complementi di fanteria e 1 battaglione complementi misto (con 1 compagnia complementi di artiglieria, 1 del genio e 1 dei servizi); - 1 reggimento complementi di fanteria (2°), su 3 battaglioni; - 1 reggimento complementi misto (3°), comprendente i scuola e gruppo complementi di artiglieria, 1 scuola e battaglione complementi del genio, e 1 battaglione complementi misto; - scuole di addestramento: scuola istruttori varie armi, scuola di fanteria, scuola autieri, scuola meccanici e operai di artiglieria. Con la scomparsa del Gruppo «Piceno», i Gruppi di combattimento vennero a ridursi a 5. Approfittando allora della campagna promossa dal Governo e dai vari partiti per gli arruolamenti volontari, il nostro Stato Maggiore propose che le autorità alleate consentissero la ricostituzione del Gruppo di combattimento «Piceno» e la costituzione di qualche altro Gruppo di combattimento, destinandovi i volontari. Ma non si ottenne nulla. Si cercò pure di assegnare ai Gruppi di combattimento una rappresentanza dell'arma di cavalleria, così come era stato fatto col Corpo italiano di liberazione. A fine novembre 1944, fu, infatti, disposta la costituzione di un gruppo squadroni «cavalleggeri Aosta» da assegnare, quale III battaglione, ad uno dei reggimenti di fanteria del Gruppo di combattimento «Piceno». Ma con la trasformazione del Gruppo «Piceno» in Centro addestramento complementi, venute a mancare le ragioni di tale formazione, furono date disposizioni per lo scioglimento del gruppo squadroni anzidetto. Infine, allo scopo di assicurare ai Gruppi di combattimento un pronto rifornimento di personale idoneo, il nostro Stato Maggiore propose alla missione militare alleata: - che venisse trasferito dal Centro addestramento complementi ai reparti ausiliari il personale meno idoneo all'impiego in reparti combattenti; - che venisse aumentato sino al 10% il personale in soprannumero dei Gruppi di combattimento, costituendo eventualmente presso gli stessi Gruppi un battaglione complementi da cui avrebbero potuto rifornirsi direttamente i reparti dei Gruppi, mentre il battaglione avrebbe potuto a sua volta rifornirsi dal Centro addestramento ad intervalli più lunghi; in tal modo ne sarebbe conseguita una maggiore tempestività nell'assegnazione dei complementi ai reparti; - che venissero avviati subito (primi di febbraio 1945) ai Gruppi di combattimento tutti i complementi idonei disponibili; - che fosse costituito, alle dipendenze del Centro addestramento complementi, un reggimento reclute, col compito di inquadrare e dare un primo addestramento formale alle reclute. Volendo inoltre assicurare l'immissione di volontari nei reparti combattenti, il 24 febbraio furono date disposizioni perché i Gruppi di combattimento in linea reclutassero sul posto, a discrezione del comandante del Gruppo, sino a 500 volontari per Gruppo. Le operazioni di arruolamento dovevano essere effettuate a cura dei distaccamenti del «Cerseti» (nota 7), i quali dovevano in proposito prendere tutti gli accordi con i comandi di Gruppo. Allo scopo di coordinare e invigilare su tutta l'attività addestrativa del personale dei Gruppi di combattimento e del Centro addestramento, venne istituito, alle dipendenze dirette del Capo di S. M. dell'Esercito, un ispettorato dell'addestramento per Gruppi di combattimento col compito di: - mantenere «stretto collegamento con le autorità militari britanniche specificatamente preposte all'addestramento»; - seguire «lo svolgimento dell'addestramento presso i Gruppi di combattimento - anche se in linea - ed il Centro addestramento complementi mediante frequenti ispezioni», avendo particolare riguardo alla preparazione tecnico - professionale dei quadri; - formulare proposte « intese a migliorare l'addestramento, specie per adeguare nel miglior modo i procedimenti britannici all'indole del combattente italiano»; - dare suggerimenti ai comandanti dei Gruppi di combattimento e del Centro addestramento complementi, «intesi a perfezionare l'addestramento per renderlo più aderente alle necessità dì impiego». Per i materiali le difficoltà furono rimosse un po' più rapidamente. Le deficienze che in un primo tempo si presentarono, particolarmente per le calzature, vestiario, carburanti, ecc., vennero ben presto ripianate a cura degli Alleati, i quali provvidero, oltre che alle armi pesanti, anche agli equipaggiamenti e alle dotazioni occorrenti. Né fu trascurato il lato igienico. Allo scopo di consentire ai Gruppi di combattimento di far fronte ai bisogni delle truppe dipendenti, fu assegnato a ciascun Gruppo di combattimento un reparto mobile bagni, costituito da 1 autobagno e da 2 bagni campali. Poiché non era possibile costituire con materiale italiano reparti mobili di lavanderia per i Gruppi di combattimento a causa della mancanza di tali materiali, furono interessate le autorità militari alleate perché provvedessero loro. Riguardo alle dotazioni di materiali, d'altra parte, era precisato, dalle autorità militari alleate, a titolo di orientamento e quale direttiva generale, che i Gruppi di combattimento dovevano «essere equipaggiati leggermente, non corazzati, autotrasportati eccezione fatta per le compagnie fucilieri della fanteria». La mancanza di unità corazzate in proprio, nei Gruppi, si farà però sentire nell'ambito operativo ai fini di un più pronto ed alto rendimento tattico. Tale mancanza era probabilmente la conseguenza di residuati preconcetti nei nostri riguardi, per cui ogni concessione continuava sempre ad esser circondata di limitazioni e cautele, talvolta eccessive, e tenuta su un piano costantemente al di sotto delle concessioni fatte, al tempo stesso, ad altre truppe combattenti. Confortava nondimeno il pensiero che alle truppe dei Gruppi di combattimento non sarebbero mancati un buon equipaggiamento e un buon armamento, non foss'altro che per le autorevoli promesse fatte da personalità molto in vista. L'11 novembre, per es., il generale Alexander, comandante del XV gruppo d'armate alleate, dopo una visita ai Gruppi di combattimento «Friuli» e «Cremona», aveva espresso il suo compiacimento in questi termini: «Sono stato molto bene impressionato per quello che ho visto. Voglio che vi rendiate conto che da questo momento fate parte della mia famiglia. Sarete trattati come le altre divisioni alleate ricevendo lo stesso equipaggiamento e lo stesso armamento. I vostri dispiaceri saranno i miei dispiaceri. Desidero che ci consideriate come vostri amici. Siamo tutti sulla stessa barca. Da due anni stiamo vincendo dure battaglie: vinceremo anche quella finale». Queste parole potevano, idealmente, considerarsi rivolte a tutti i Gruppi di combattimento e costituivano un impegno preso da una personalità in grado di poter fare ciò che voleva. Circa le condizioni di spirito delle truppe, anche nella fase iniziale della costituzione dei Gruppi di combattimento, esse potevano nell'insieme esser considerate abbastanza soddisfacenti. Certo non mancavano elementi negativi di disagio. Il prolungarsi delle operazioni di guerra, con tutte le conseguenti rovine non soltanto materiali; la persistente mancanza di notizie da parte dei congiunti che si trovavano al di là del fronte in territorio controllato dai tedeschi; la deficienza, nei primi tempi, di oggetti di vestiario e calzature; la suggestione di molte assenze arbitrarie rimaste impunite; la persuasione diffusa che, malgrado tutto, il nostro Paese avrebbe finito con l'essere trattato dagli Alleati come Paese vinto, con tutte le conseguenze della sconfitta, specie nel campo economico; le accese polemiche di stampa a sfondo propagandistico e disfattista da parte di talune correnti politiche; il fatto di non vedere estesa a tutti gli Italiani validi la partecipazione alla lotta di liberazione; il timore che le nuove unità combattenti italiane potessero essere avviate in teatri di guerra lontani; la mancata concessione di licenze ai militari aventi la famiglia in territorio liberato, erano elementi tutti che influivano senza dubbio in senso negativo e depressivo sull'animo dei soldati che si accingevano a combattere con i Gruppi di combattimento. Per questo le nostre autorità militari proposero, sin dai primi di novembre 1944, che venissero adottati i seguenti provvedimenti con carattere d'urgenza: - promuovere, attraverso la stampa, la radio, ecc., una intelligente valorizzazione del contributo dell'Esercito alla guerra di liberazione; - impedire la campagna denigratrice contro l'Esercito da parte di alcuni partiti; - sancire il principio che gli aventi obblighi di leva, chiamati alle armi, dovessero anteporre il dovere verso la Patria a qualsiasi interesse particolaristico e personale; - emanare severi provvedimenti coercitivi contro renitenti e disertori; - aumentare i sussidi alle famiglie e istituire polizze assicurative; - promuovere e incrementare l'assistenza morale e materiale a favore dei nostri combattenti da parte delle autorità politiche e militari e della stessa popolazione. Sotto la data del 5 dicembre venne costituita una sezione assistenza e propaganda presso ciascun Gruppo di combattimento. E poiché ben poco era stato fatto circa le proposte avanti riportate, a fine dicembre le nostre autorità militari tornarono a presentare al Governo proposte ancor più concrete, intese a rivalutare in modo tangibile lo sforzo bellico dei nostri combattenti con i provvedimenti seguenti: - portare l'indennità giornaliera di miglioramento rancio da L. 5 a L. 20; - aumentare gli assegni per le famiglie dei combattenti da L. 8 a L. 16 al giorno; - istituire una polizza assicurativa di L. 50.000 per ogni combattente che avesse almeno sei mesi di linea; - raddoppiare la razione delle sigarette; - dare ad ogni comandante di Gruppo di combattimento una cospicua somma al mese (un milione) da distribuire in premi ai soldati più meritevoli e più bisognosi e in sussidi alle loro famiglie. Anche in seguito, le nostre autorità militari cercarono di adottare una serie di provvidenze in favore dei nostri combattenti al fine di neutralizzarne le varie cause di disagio. Mercé le cure e le provvidenze adottate sia dalle nostre autorità centrali, sia da quelle alleate, il tono morale dei reparti dei Gruppi di combattimento andò gradatamente migliorando.
L'IMPIEGO DEI GRUPPI DI COMBATTIMENTO Sull'impiego dei Gruppi di combattimento, in una riunione del 4 ottobre tra il nostro Capo di S. M. dell'Esercito e il colonnello Pidsley, rappresentante della missione militare alleata, questi, convinto che i Tedeschi avrebbero difeso la pianura padana palmo a palmo lasciando negli abitati reparti ritardatori, espresse l'opinione che i 6 Gruppi di combattimento sarebbero stati tutti impiegati particolarmente per il rastrellamento degli anzidetti reparti ritardatori. Soggiunse che non era previsto l'impiego dei Gruppi di combattimento contro unità nemiche potentemente organizzate a difesa o armate di mezzi corazzati, data la mancanza, nei Gruppi stessi, di mezzi idonei. In base a tale orientamento circa l'impiego, fu previsto un programma di esercitazioni, da svolgersi al termine del ciclo addestrativo prima del trasferimento dei singoli Gruppi nella zona d'impiego, comprendente le esercitazioni seguenti: - attendamento; - occupazione di una posizione difensiva; - presidio di una testa di ponte; - contrattacco; - rastrellamento di nuclei ritardatori nemici in zone abitate. L'11 novembre, il generale Alexander, comandante del XV gruppo d'armate, tenne a precisare che i Gruppi di combattimento sarebbero stati impiegati ad addestramento «veramente ultimato» e che perciò non sarebbero stati «buttati in linea anzitempo». Da parte sua la missione militare alleata, nelle sue istruzioni, ribadì che era intendimento degli Alleati di impiegare i Gruppi di combattimento «in operazioni alle dipendenze di comandanti di formazioni alleate». Sin dalle prime direttive il nostro Stato Maggiore cercò di orientare l'addestramento dei reparti dei Gruppi di combattimento all'impiego su terreni di montagna. Ci fu anzi un momento in cui si parlò persino di costituire un Gruppo di combattimento da montagna. A questo proposito, negli studi eseguiti dal nostro Stato Maggiore, furono proposte due soluzioni: a) Costituire un Gruppo, di combattimento attrezzato per la montagna, con un congrue numero di muli e di automezzi idonei a speciali condizioni di viabilità in modo da rendere possibili i trasporti dalle rotabili alle zone d'impiego dei minori reparti (nota 8). Per questa soluzione occorreva: - decentrare alle compagnie i mortai da 76 e lasciare i mortai Piat con l'autocarreggio, allo scopo di risparmiare quadrupedi, dal momento che in montagna era poco probabile incontrare carri armati; - dotare i reparti dei quadrupedi occorrenti al trasporto delle armi e di una aliquota di munizioni corrispondente all'incirca alla dotazione di arma, al rifornimento dei viveri e foraggi per una giornata e al trasporto dei mezzi di collegamento; - sostituire una aliquota di automezzi pesanti o leggeri con un adeguato numero di carrette cingolate o autocarrette; - aumentare il numero dei conducenti e degli addetti al servizio veterinario e riparazione bardature (veterinari, maniscalchi, sellai). Da un computo fatto, veniva a risultare, nei confronti dell'organico fissato dagli Alleati per il Gruppo di combattimento normale, una differenza in più di circa 3.000 uomini e 2.844 quadrupedi. Qualora poi, una volta raggiunta l'Italia settentrionale, si fosse voluto, col personale alpino colà disponibile, costituire un Gruppo di combattimento alpino, si sarebbe potuto ottenere ciò trasformando il Gruppo di combattimento già attrezzato per la montagna e aggiungendovi i muli necessari (da 2.000 a 3.000 in più). b) Costituire un reggimento di artiglieria da montagna e una adeguata salmeria da assegnare a quel Gruppo di combattimento che si trovasse impegnato in montagna. Per questa soluzione si proponeva: - che il reggimento di artiglieria da montagna venisse formato su 3 gruppi di 2 batterie ciascuno; - che venisse formato un gruppo reparti salmerie (almeno 5 di 100 muli ciascuno), oltre ad un gruppo di autocarrette (almeno 2 autoreparti di 100 autocarrette ciascuno), da decentrare a seconda delle necessità. Questa seconda soluzione, mentre consentiva un ulteriore aumento delle unità combattenti, offriva il vantaggio di avere già pronta l'intelaiatura per dar vita ad una grande unità alpina quando, raggiunta la pianura padana, si potesse contare sulla utilizzazione del personale della specialità alpina. D'altro canto anche la missione militare alleata (col. Pidsley) sembrava propendesse per questa seconda soluzione, tanto vero che aveva richiesto, sin dal 4 ottobre, uno studio circa l'approntamento di un «reparto di artiglieria someggiata della forza di 700-800 uomini (in più delle sei unità combattenti), dotato di 16-8 pezzi da 75/13». Detto studio doveva precisare uomini, pezzi, quadrupedi, basti occorrenti in relazione alle disponibilità di munizionamento (in atto 90.000 colpi), mentre l'ispettorato d'artiglieria, per parte sua, allo scopo di aumentare tali disponibilità, avrebbe dovuto studiare la possibilità di trasformare il munizionamento da 75/27 in 75/13. Qualora poi si dovesse addivenire alla costituzione di un Gruppo di combattimento da montagna secondo le indicazioni date con la prima soluzione, circa la scelta si parlò del Gruppo «Legnano», che, secondo lo schema organico del piano generale, doveva avere nel reggimento misto 2 battaglioni alpini, e anche del Gruppo «Piceno». Ma il Gruppo «Legnano» entrò poi in linea con formazioni identiche a quelle degli altri Gruppi, mentre il Gruppo «Piceno» finì, come abbiamo visto prima, col trasformarsi in Centro addestramento complementi. Un punto su cui le nostre autorità insistettero presso gli Alleati, come abbiamo anche accennato prima, fu quello riguardante l'inquadramento operativo dei Gruppi di combattimento. Ai fini di un maggiore rendimento dei 6 Gruppi di combattimento fu prospettata l'opportunità che venissero costituiti 3 comandi di corpo d'armata, ciascuno dei quali avrebbe avuto alle sue dipendenze 2 Gruppi di combattimento e la prevista aliquota di unità ausiliarie, comprendenti elementi vari dei servizi, in parte già in corso di approntamento parallelamente all'approntamento dei Gruppi. Della cosa si interessò anche il Ministro della guerra del tempo, Casati, il quale scrisse al gen. Browning, capo della missione militare alleata, rappresentando la grande importanza che il fatto d'inquadrare i 6 Gruppi di combattimento in corpi d'armata italiani avrebbe avuto verso l'Esercito ed il Paese per i suoi riflessi militari, morali e politici. Ma il gen. Browning si disse dolente «di non poter prendere la proposta in considerazione», informando al tempo stesso che tale proposta era «stata già presa in esame dal comandante in capo delle Forze alleate in Italia», il quale aveva «deciso che nelle attuali circostanze la formazione di Corpi italiani o Quartieri generali dell'Esercito non era necessaria ne desiderabile». Si cercò di tornare ancora sull'argomento per via diplomatica preparando un promemoria per il nostro Ambasciatore a Londra (gennaio 1945), nel quale era messo in rilievo che il raggruppamento dei Gruppi di combattimento in unità maggiori (corpi d'armata italiani), «della stessa fisionomia del Corpo italiano di liberazione», avrebbe conseguito (nota 9): - «un maggiore spirito combattivo dei reparti, tenuto conto che sarebbe stato possibile sfruttare il senso di emulazione tra gli stessi Gruppi di combattimento; - «una maggiore affermazione, di fronte alla nazione, dello sforzo bellico che il Paese stava compiendo». Purtroppo, però, gli Alleati su questo punto furono irremovibili, anche contro il proprio interesse. Infatti, nell'offensiva generale dell'aprile 1945, vi fu un momento in cui 3 nostri Gruppi di combattimento - «Friuli», «Folgore» e «Legnano» - si trovarono ad operare insieme, a contatto tattico, sulla via di Bologna, agendo però alle dipendenze di comandi alleati diversi. Non v'è alcun dubbio che, ove in quella circostanza ci fosse stato un comando di corpo d'armata italiano a coordinarne gl'impulsi operativi, l'azione dei 3 Gruppi di combattimento - già meritoria - sarebbe riuscita ancor più redditizia. In definitiva, la concessione da parte degli Alleati di far partecipare le nostre unità alle operazioni con 6 Gruppi di combattimento, costituì senza dubbio la realizzazione delle nostre aspirazioni orientale costantemente ad una maggiore partecipazione attiva alla guerra di liberazione. Dobbiamo però soggiungere subito che tale realizzazione fu circondata di tante e tali cautele, limitazioni e restrizioni, da dare l'impressione che alla concessione si volesse dare un pò, al di fuori della consueta fraseologia di convenienza, il significato di un gesto compiuto con ostentazione umiliante e con una punta di sottintesa sfiducia. Senza addentrarci in particolari, possiamo infatti, a grandi linee, rilevare: a) I Gruppi di combattimento, ammessi dagli Alleati, dovevano essere 6, formati però tutti secondo un modello organico ridotto, di numero e di potenza, rispetto alle divisioni alleate. E allora tanto valeva far approntare, anziché 6 Gruppi di combattimento ad organici limitati, un numero minore di divisioni, per es. 3-4 divisioni, ma organizzate in modo integrale e completo, per ricchezza e potenza di mezzi, alla stessa maniera delle divisioni alleate. Si noti poi che al momento dell'impiego i Gruppi di combattimento non furono più 6, come era stato stabilito, ma 5, dato che il Gruppo «Piceno», per volere degli Alleati, si era dovuto trasformare in Centro di addestramento complementi, compito questo che avrebbe ben potuto essere affidato ad altra unità appropriata. Dei 5 Gruppi rimasti, solo 4 - il «Cremona», il «Friuli», il «Folgore» e il «Legnano» - furono effettivamente impiegati in combattimento, in quanto il Gruppo «Mantova», pur essendosi avvicinato al fronte operativo, al termine della guerra non aveva ancora avuto modo di essere impiegato in combattimento. b) Per ragioni politiche, senza tenere alcun conto della nostra sensibilità morale, non si volle che i Gruppi di combattimento conservassero la denominazione di «divisione », cui era legato un patrimonio ideale di tradizioni militari. Ne conseguì che le vecchie divisioni «Friuli», «Cremona», «Legnano», «Mantova», ecc., dovettero abbandonare la denominazione di divisione e assumere l'appellativo, che le diminuiva un pò, di Gruppo di combattimento, per riassumere poi, a guerra finita, l'antica denominazione di divisione. . Quale, dunque, il vantaggio di questo gesto umiliante? c) Ai Gruppi di combattimento si volle ostentatamente evitare di assegnare in proprio formazioni corazzate - assegnate invece doviziosamente ad altre unità alleate - le quali avrebbero, sui terreni in cui i Gruppi vennero poi impiegati, conferito all'unità una consistenza organica e una forza d'urto aderenti e adeguate alle esigenze della moderna guerra meccanizzata (nota 10). d) Per ragioni evidentemente politiche non si volle consentire che i Gruppi di combattimento venissero, com'era logico, utile e razionale, inquadrati in corpi d'armata italiani. La conseguenza fu che quando nell'aprile del 1945 si trovarono sul campo di battaglia ad agire fianco a fianco due nostri Gruppi di combattimento - «Friuli» e «Folgore» - sulla linea del torrente Gaiana, i comandi dei due Gruppi, per una migliore e rapida soluzione tattica dell'azione, sentirono il bisogno di accordarsi; laddove sarebbe bastata la superiore azione di comando di un corpo d'armata italiano per risolvere, rapidamente e quindi con un maggiore utile nella economia generale dell'azione d'insieme, il problema della più razionale coordinazione tattica degli sforzi delle dipendenti unità. e) Con la scusa della necessità del collegamento tra comandi alleati e comandi italiani, vennero distaccati presso ogni Gruppo di combattimento ufficiali alleati, i quali in realtà finirono con l'attribuirsi il compito di controllare tutta l'attività organica, addestrativa e operativa dei Gruppi. Il controllo fu talvolta da essi esercitato in maniera così pedante, minuziosa e umiliante da menomare, forse inconsapevolmente, il prestigio e l'azione stessa di comando dei nostri ufficiali. A tanto non si era arrivati neppure in precedenza, né col I Raggruppamento motorizzato, né col Corpo italiano di liberazione. Purtroppo tutto questo si spiega solo, ove si pensi che l'Esercito italiano era pur sempre, agli occhi degli Alleati, un Esercito vinto. E sull'Esercito vinto non manca mai di gravare tutto il peso morale della disfatta: oggi più che mai. Quando nella primavera del 1945 venne attuato il piano per una offensiva generale sul fronte italiano, 4 dei nostri Gruppi di combattimento erano già in linea con le truppe alleate. Le linee generali del piano offensivo alleato erano quelle di «distruggere gli eserciti tedeschi che si trovavano a sud del Po, effettuando un movimento a tenaglia, mediante il quale l'8a Armata (britannica) avrebbe dovuto avanzare con una direttrice, su per giù parallela alla strada n. 16, verso Ferrara e verso Bondeno, mentre la 5a Armata (americana) avrebbe attaccato al nord, occupando Bologna e superando il Po, nei pressi di Ostiglia» (nota 11). Successivamente, la 5a Armata avrebbe dovuto «sfruttare il successo, occupando la linea Verona-Lago di Garda, e tagliando fuori in tal modo il complesso delle forze tedesche nell'Italia del nord, mentre alla 8a Armata spettava il compito di attraversare il Po, per poi spingersi a nord-est, verso Venezia e Trieste». Gli attacchi delle due armate non dovevano risultare contemporanei, allo scopo di poter meglio utilizzare le forze aeree disponibili. L'8a Armata, infatti, avrebbe dovuto iniziare l'offensiva almeno tre giorni prima della 5a Armata, dal cui fronte avrebbe dovuto anche cercare di distogliere le eventuali riserve. Il terreno d'avanzata offriva ad entrambe le armate difficoltà grandi. La 5a Armata doveva in un primo tempo, sino allo sbocco in pianura, affrontare le difficoltà della zona montana, dove era schierata e dove il nemico aveva apprestato a difesa posizioni forti di per se stesse. L'8a Armata doveva superare una serie di corsi d'acqua in prevedibile piena primaverile. Alla vigilia dell'offensiva di aprile 1945, «il nemico aveva in linea 16 divisioni tedesche e 1 divisione repubblicana (fascista) italiana con 2 buone divisioni tedesche di riserva, mentre il resto delle sue truppe (nota 12) si trovava nell'Italia nord-occidentale. Le forze nemiche risultavano molto diluite nei settori montani occidentali, mentre le difese che correvano dal sud di Bologna al Lago di Comacchio erano ben guarnite». Poiché i nostri Gruppi di combattimento erano schierati 3 sul fronte dell'8a Armata britannica - «Cremona», «Friuli» e «Folgore» - e 1 sul fronte della 5a Armata americana - «Legnano» -, da queste premesse di carattere generale sarebbe conseguito : a) che i 3 Gruppi di combattimento «Cremona», «Friuli» e «Folgore» avrebbero iniziato l'azione offensiva con un anticipo di tempo rispetto al Gruppo «Legnano » ; b) che gli anzidetti 3 Gruppi avrebbero dovuto superare, nel corso dell'offensiva, una serie di ostacoli rappresentati dai successivi corsi d'acqua, mentre il Gruppo «Legnano» avrebbe dovuto in un primo tempo lottare contro il nemico annidato in posizioni montane assai forti; c) che essendo schierati tutti e 4 i Gruppi in prima linea, la loro azione offensiva sarebbe riuscita altamente redditizia nella economia operativa delle unità alleate. C'è anche da rilevare che i 4 Gruppi di combattimento vennero schierati su settori non troppo distanti l'uno dall'altro. Vi fu anzi un momento, nel corso dell'offensiva, che 3 nostri Gruppi - «Friuli», «Folgore» e «Legnano» - si trovarono, come abbiamo accennato prima, ad agire fianco a fianco, accomunati nella stessa manovra per la liberazione della città di Bologna. Alla vigilia dell'offensiva generale dell'aprile 1945, i capi alleati vollero far giungere alle truppe dipendenti la loro parola incitatrice (nota 13). Il maresciallo Alexander, comandante supremo delle forze armate alleate nel Mediterraneo, così disse nel suo proclama: «... La vittoria finale è vicina. Le forze tedesche sono stordite ed è sufficiente un colpo forte per metterle del tutto fuori combattimento. E' giunto per noi il momento di scendere in campo per l'ultima battaglia che porrà termine alla guerra in Europa. Voi sapete quello che stanno facendo i nostri camerati sui campi di battaglia dell'ovest e dell'est (nota 14). Tocca a noi eseguire ora la nostra parte decisiva. Non sarà una vittoria facile: una belva mortalmente ferita può ancora essere molto pericolosa. «Dovete essere pronti a dura, aspra lotta ; ma la fine è sicura, non esiste il minimo dubbio su ciò...». Per parte sua il gen. Clark, comandante del XV gruppo d'armate alleate, così si espresse nel suo proclama: «... Mai come ora ci si è presentata l'opportunità di inferire un colpo decisivo. Con il nemico già indebolito da recenti, poderosi colpi su altri fronti, la scossa che esso riceverà da un attacco in forze su questo fronte avrà molta importanza per accelerare la sua 'sconfitta e quindi per risparmiare vite umane e anticipare il giorno della vittoria su tutti i nostri nemici. E' perciò estremamente importante che ciascuno dedichi tutto se stesso al successo di questa nuova offensiva. Ognuno, qualunque sia il suo compito, deve oggi prodigarsi fino all'estremo nella esecuzione di queste operazioni in modo che al nemico sia negato ogni più piccolo possibile vantaggio e sia sfruttata ogni possibilità per schiacciarlo definitivamente. Tutti devono mettere oggi a profitto la passata esperienza, il loro ingegno, il materiale e finalmente il coraggio necessario per condurre la lotta fino in fondo, qualunque siano le difficoltà che potranno incontrarsi lungo la via che conduce alla completa vittoria. E' mia viva speranza che questa sia l'ultima grande offensiva da condurre dal XV gruppo d'armate. Che ciò sia o non sia dipende da noi (nota 15). Se sferreremo il nostro attacco con il massimo impeto e con persistente veemenza fino a costringere il nemico a ritirarsi, arrendersi o morire, la vostra e la mia speranza, che non vi sia cioè necessità di ulteriori operazioni, si avvererà...». Una nota simpatica, per l'apprezzamento fatto sul contributo italiano alla guerra di liberazione, era contenuta nel messaggio rivolto dal gen. Mac Creery, comandante dell'8a armata britannica, alle sue truppe: «... L'ottava armata sta per dare il colpo di grazia ai Tedeschi in Italia. «Le nostre armate in Germania, e quelle dei nostri alleati, hanno respinto il nemico barcollante verso Berlino, ma questi sta ancora combattendo, e non gli dobbiamo permettere di impiegare le sue armate d'Italia per guarnire il ridotto della Germania meridionale... «Sono particolarmente lieto che truppe italiane sono affiancate all'armata dell'Impero per dare il colpo di grazia alla potenza tedesca in Italia e per cooperare con gli intrepidi partigiani alla liberazione della Patria. «Insieme procederemo fino alla vittoria finale». La preparazione della 5a e della 8a Armata per la grande offensiva di aprile fu quanto mai accurata e minuziosa in ogni campo. L'8a Armata, sapendo poi di dover forzare più particolarmente una serie di corsi d'acqua successivi e zone lacustri, curò l'addestramento dei reparti con natanti adatti (nota 16), nella previsione anche di dover operare sia sul lago di Comacchio (poco profondo) che nelle zone inondate a sud di esso. La preparazione materiale fu fatta, da entrambe le armate, in relazione alla necessità, una volta iniziata l'offensiva, di mantenere giorno e notte una forte pressione sul nemico. Poiché un grande ruolo avrebbero avuto, prima e durante il corso dell'azione, i bombardamenti aerei e quelli dell'artiglieria, cure particolari furono rivolte nell'accumulare masse enormi di munizioni. Nel quadro di tutti questi grandiosi preparativi, anche i nostri 4 Gruppi di combattimento si predisposero - armi ed animi - per combattere l'ultima battaglia decisiva per la liberazione del Paese.
NOTE (nota 1) Nondimeno vennero nel frattempo impiegati in operazioni i reparti, prima del I raggruppamento motorizzato italiano, e poi quelli del Corpo italiano di liberazione, con armamento ed equipaggiamento italiani. (nota 2) Nelle divisioni di fanteria inglesi vi erano complessivamente (anno 1944) circa 300 armi automatiche per reggimento di fanteria e circa 1250 per divisione. Nelle divisioni di fanteria americane le proporzioni erano rispettivamente di 3.280 armi automatiche per reggimento di fanteria e di 13.927 per divisione (compresi fucili, pistole e carabine autom., mitragliatrici pesanti e mitragliatrici leggere). (nota 3) Riteniamo opportuno mettere a raffronto le dotazioni di artiglieria del Gruppo di combattimento con quelle delle divisioni anglo-americane. L'artiglieria della divisione di fanteria inglese comprendeva (1944): 3 reggimenti di artiglieria da campagna (assegnati normalmente uno per ogni reggimento di fanteria della divisione) su 3 gruppi da 25 libbre di 2 batterie ciascuno su 4 pezzi, totale per ogni reggimento 24 pezzi; 1 reggimento artiglieria controcarro su 4 gruppi da 17 libbre di 2 batterie ciascuno su 6 pezzi, totale 48 pezzi; 1 reggimento artiglieria contraerei su 4 gruppi di 3 batterie ciascuno su 6 pezzi, totale 72 pezzi da 20 o da 40 mm. L'artiglieria della divisione di fanteria americana comprendeva (1944): 3 gruppi obici da 105 di 3 batterie ciascuno su 4 pezzi, totale 36 pezzi; 1 gruppo obici da 155 di 3 batterie su 4 pezzi, totale 12 pezzi (vi erano inoltre obici da 105 in dotazione anche ai reparti di fanteria). (nota 4) A Roma, per es., furono raccolti 1.600 specializzati ed assegnati al Gruppo «Friuli». Per far fronte al bisogno di specializzati, si provvide anche a trasferirne da un Gruppo all'altro. Così, nel gennaio 1945, per es., fu disposto che gli specializzati del Gruppo «Piceno» passassero al Gruppo «Mantova» per ripianare le deficienze di quest'ultimo. (nota 5) Quando si trattò, per es., di immettere quali complementi i militari provenienti da Cefalonia, tutti artiglieri che avevano «legami fra loro» avendo combattuto insieme, le nostre autorità proposero di assegnarli ad un solo Gruppo che avrebbe poi provveduto a ripartirli tra i dipendenti reparti. Il rappresentante alleato allora li definì «uomini difficili» solo perché essi desideravano «andare in uno stesso Gruppo» ed espresse l'avviso che venissero mandati ad un Gruppo, ma per «essere adoperati come fanteria o artiglieria» a seconda del bisogno; che se poi insistevano per essere adoperati come artiglieri, dovevano allora essere «suddivisi in 2-3 Gruppi», soggiungendo a mò di conclusione: «o tutti insieme come fanti, o suddivisi come artiglieri». Al che, da parte nostra, furono affacciate riserve sul rendimento che si sarebbe potuto avere con una tale soluzione. (nota 6) Per stroncare il grave abuso delle assenze arbitrarie dai reparti furono adottati severi provvedimenti morali, disciplinari e penali. (nota 7) Il «Cerseti» era stato costituito allo scopo di riorganizzare i militari appartenenti ai centri abitati che venivano man mano liberati. (nota 8) Non è forse inopportuno ricordare la distinzione che si fa tra grande unità alpina e grande unità di fanteria da montagna. La prima scaturisce da uno studio organico minuzioso condotto in parallelo con quello dell'armamento e dei mezzi, e richiede una particolare selezione del personale in vista delle condizioni speciali d'impiego offerte dall'alta montagna, nonché salmerie in proporzioni tali da assicurare l'autonomia dalle strade per un periodo di almeno 12 ore. La seconda e un adattamento di unità di fanteria alla guerra di montagna, e richiede salmerie più ridotte e automezzi atti ad assicurare l'autonomia dalle strade per un periodo di 4-5 ore. Al tempo al quale ci riferiamo (1944), non era possibile costituire un vero e proprio Gruppo di combattimento alpino, in quanto mancava il personale idoneo alpino, disponibile per la maggior parte solo nell'Italia settentrionale occupata ancora dai Tedeschi. (nota 9) In tale circostanza fu pure espresso il desiderio che, ai fini di una maggiore partecipazione spirituale del Paese allo sforzo bellico compiuto dalle nostre unità combattenti, «all'atto dell'entrata in linea dei Gruppi di combattimento, venisse consentita l'emissione del bollettino di guerra italiano». Ma neppure questo desiderio venne accolto. (nota 10) In realtà, nel corso delle operazioni, ai Gruppi di combattimento vennero assegnate in rinforzo, a seconda delle necessità, unità alleate di carri. Ma non v'è dubbio che, ove i Gruppi avessero potuto disporre in proprio di formazioni corazzate; vi sarebbero state una più serrata unità di comando e una maggiore facilità e prontezza nelle intese, con la conseguenza di un più rapido e proficuo rendimento tattico. (nota 11) Da uno scritto del gen. Mac Creery, già comandante dell'8" armata, pubblicato in febbraio 1947, col titolo: Final offensive in Italy, nella rivista inglese «Journal Royal United Service Institution». (nota 12) Delle 2 divisioni in Italia (dallo scritto precitato del gen. Mac Creery). (nota 13) Si riportano qui in stralcio i proclami dei capi alleati unicamente per completare nelle linee generali il quadro della situazione ambientale nella quale si vennero a trovare i nostri Gruppi di combattimento al momento finale della guerra. (nota 14) Era il momento in cui le armate di invasione anglo-franco-americane dall'ovest e quelle russe dall'est erano riuscite a penetrare, combattendo, nel cuore stesso della Germania. (nota 15) Il gen. Clark non poteva certo ignorare che già da un pò di tempo il nemico cercava di avviare trattative segrete per la sua resa; ciò nondimeno egli, alla vigilia della resa del nemico, usava quel tono di vibrante intransigenza che si addice ad ogni comandante, rimettendo la decisione solo al valore risolutivo delle truppe. (nota 16) Tipo «Buffalo» o «Fantails». Simili veicoli venivano chiamati dagli Inglesi in Italia anche «Pale di ventilatori».
FONTE: Ministero della Difesa Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico, "I Gruppi di Combattimento (1944-1945)", USSME, Roma 1951 Pag. 5-45
Vito Zita
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