| Siamo nel pieno della terza guerra sannitica e gli Etruschi ne approfittano, sotto spinta diplomatica degli stessi Sanniti, per aprire un’altro fronte di guerra. Si crea una coalizione di popoli, tra cui Galli ed Umbri, per arginare l’espansionismo romano verso il nord dell’Italia. Gli Etruschi formano un esercito con Galli Senoni, provinienti dalla pianura padana, e Umbri a cui offrono il saccheggio dei ricchi territori romani. Nella valle del Sentino si decide il destino dell’Italia. |
La coalizione antiromana contava su quattro componenti; i celti, rappresentati in maggioranza dai Senoni, una coalizione italica formata da Sanniti, Pretuzi e Lucani ed infine da Etruschi ed Umbri. A capo di questa coalizione vi era il sannita Gellio Egnazio.
Gli eserciti si raccolsero in due distinte località; Etruschi ed Umbri a Camars ( Camerino) Sanniti e Celti a Sentino. Furono previsti due accampamenti distinti perchè la strategia della coalizione prevedeva una manovra a tenaglia da nord e da nord-est per distruggere le forze romane. Le Legioni romane erano guidate dai consoli Publio Decio Mure e Quinto Fabio Massimo Rulliano. Al seguito delle due legioni vi erano un numero pari di alleati ( circa 20.000) e 1000 cavalieri campani Il primo scontro avvenne contro Galli e Sanniti a Camerino, questi annientano la legione di L. Scipione. I vincitori, saputo dell’arrivo dei consoli Rulliano e Mure da Spoleto, si diressero su Sentino per rafforzare la coalizione italica. I superstiti della legione di Scipione si unirono alle legioni in arrivo ripiegando verso Foligno.
Lo scontro di Sentino tra i Romani e la Lega Italica è raccontato dettagliatamente da Tito Livio:> .
I Romani lasciarono il campo, oltrepassarono il fiume Giano e si prepararono alla battaglia schierandosi nell'area del Maragone. L'esercito della Lega avanzò nella stessa direzione dal versante opposto, attraverso la pianura di Camoiano-Marischio. I due eserciti si scontrarono frontalmente con violenza ma nessuno dei due schieramenti cedette il passo. La sorte della battaglia si mantenne incerta al punto da far ritenere che se gli Umbri e gli Etruschi vi avessero preso parte, i Romani avrebbero avuto la peggio. Tuttavia, nonostante la situazione di sostanziale equilibrio, il comportamento dei due comandanti romani fu piuttosto diverso. All'ala sinistra, Fabio tenne i suoi uomini sulla difensiva perché sapeva che alla lunga i Sanniti tendevano a perdersi d'animo mentre i Galli, assai temibili nelle prime fasi dello scontro e per il fresco, nelle ore più calde della giornata avrebbero perso sia la grinta che le energie.
All'ala destra, Decio Mure, più giovane del collega, tenne invece un comportamento meno prudente e non solo sferrò all’attacco la fanteria ma anche la cavalleria. Quest’ultimi respinsero per due volte la cavalleria gallica, ma all’improvviso furono assaliti dai carri da guerra gallici che procedevano a gran velocità e rumore. Lo scontro fu molto violento, tanto che nella prima fase della battaglia i Romani ripiegarono verso i loro accampamenti essendo stati sorpresi dalle forti urla dei Galli e dalla rapida avanzata dei loro carri da guerra.
La cavalleria romana indietreggiò disordinatamente, fino a travolgere la stessa fanteria che volgeva all'attacco. Il console Mure tentò invano di fermare i suoi legionari in fuga e , visto che la situazione volgeva al peggio, decise di sacrificarsi facendo voto di morte gettandosi nella mischia, dove rimase ucciso. Questo sacrificio arrestò la ritirata dei Romani e la furia dei Galli venne contenuta. In realtà, a fermare gli avversari non fu il sacrificio del Console ma la stanchezza sopraggiunta ai Galli dovuta al clima estivo; infatti la battaglia si svolse nel mese di Agosto.
L'impeto dei barbari si attenuò: essi cominciarono a retrocedere travolgendo con i loro carri i propri guerrieri che battevano in ritirata. In quel difficile momento vi fu anche una forte resistenza da parte dei legionari triari che erano molto esperti nel superare situazioni critiche. Essi entrarono in combattimento in un secondo momento ed essendo freschi ed esperti, spezzarono lo slancio degli alleati. I Romani presero il sopravvento e spinsero i nemici verso la piana di Marischio-Camoiano. Incalzati da Fabio e dalle sue legioni, con una travolgente avanzata arrivarono fino agli accampamenti dei Sanniti e dei Galli. Nonostante una resistenza disperata, il campo dei Sanniti fu espugnato. Il loro duce Gellio Egnazio cadde nella difesa.
I Galli furono assaliti alle spalle e sterminati prima di arrivare al loro accampamento. I Romani ottennero una strepitosa vittoria, furono 25.000 i morti fra i Galli e i Sanniti, 8000 prigionieri e 8000 i caduti Romani. Fu una battaglia svolta con molte forze in campo accompagnata da movimenti di cavalleria e di carri che esigevano aree di combattimento molto vaste e la pianura di Fabriano era la più idonea per tali manovre militari.
T.Livio nel suo racconto conferma la vastità dei combattimenti affermando che “le spoglie del console D. Mure furono ritrovate dopo due giorni di faticose ricerche”. Il console Fabio, dopo lo scontro, bruciò in voto a Giove vincitore le spoglie nemiche ed eresse in suo onore un tempio. Di fronte a Bastia, nella località Molinaccio, al disopra dell'odierno bivio della strada diretta a Roma, esiste un'altura chiamata "Campo della Vittoria" dove negli anni passati sono stati ritrovati resti di capitelli, colonne e altri ruderi di un tempio. Purtroppo tali reperti sono andati perduti e quindi ci privano di un sicuro elemento di giudizio per valutare se il tempio fosse Romano o meno. Ritrovamenti simili sono andati dispersi nei pressi della chiesa di S. Maria in Campo. La battaglia di Sentino è stata considerata una delle più sanguinose del mondo antico. Essa ha avuto un peso decisivo sulle sorti future del popolo romano che, dopo questo scontro, si lanciò alla conquista di tutta l'Italia senza più incontrare, fino ad Annibale, avversari tali da metterne in pericolo l'esistenza. In conclusione si può presumere che la battaglia si svolse nella piana più estesa del territorio di Sentino ovvero quella dell'odierna città di Fabriano. I Romani vincitori, dopo la battaglia, non occuparono immediatamente l’agro Sentinate ed oltre perché convinti di aver dato una dura lezione alla Lega. Essi si ritirarono ad ovest degli Appennini.
L'occupazione dell' area conquistata non fu effettuata immediatamente perché nelle regioni del Sannio e dell'Etruria la situazione non era ancora sotto il pieno controllo. Lo scontro di Sentino causò ai Romani la perdita di quasi due Legioni, il che significò richiedere un forte impegno per spingersi fino a Sena e contenere al tempo stesso le azioni di guerriglia delle popolazioni celtiche collocate in Romagna. Sentino rimase temporaneamente sotto il dominio dei Senoni superstiti. Nel 293 a.C. un'altra vittoria Romana, ad Aquilonia rese Roma padrona del Sannio. Nel 291 a.C. fu fondata la colonia di Venosa in Puglia. Negli anni immediatamente successivi alla battaglia di Sentino, la situazione in Umbria ed Etruria si stabilizzò con le alleanze stipulate da Roma con Gubbio, Faleria, Cortona, Arezzo e Perugia. Nel 284 a.C. una coalizione tra Etruschi e Senoni sconfisse i Romani ad Arezzo, guidati da L. Cecilio Metello che rimase ucciso.
Dopo la campagna di Arezzo ,la reazione romana contro i Senoni fu, secondo le fonti, particolarmente feroce. Polibio e Appiano parlano chiaramente di genocidio. Secondo Polibio (2.19) la maggior parte dei Senoni fu uccisa, altri furono cacciati e i Romani si impadronirono di tutto il territorio. Anche Appiano (4.11) ricorda la riduzione in schiavitù di donne e bambini, l'uccisione di tutti i maschi adulti e la devastazione del territorio. In realtà l'intervento romano nell' Ager Gallicus non sembra avere avuto un esito così radicale e si articolò piuttosto in una serie di provvedimenti mirati a una graduale e sempre più massiccia occupazione territoriale, con la conseguente marginalizzazione dei gruppi Senoni. Intorno al 283 a.C. venne dedotta la colonia marittima di Sena Gallica, alla foce del fiume Misa(Sena) la più antica della cisalpina. Nel 273 a.C. furono fondate, in territorio Etrusco, le colonie latine di Cosa e Cere , nel 280 a.C. Vulci e Volsini e nel 264 a.C. Castrum Novum. Le popolazioni italiche avevano perso la possibilità di essere indipendenti e di svilupparsi in maniera autonoma lungo linee di sviluppo socioculturali proprie.