| La pratica dei materiali di artiglieria si acquista soltanto con l'esame diretto dei materiali stessi; tuttavia essa è molto facilitata dalla preventiva conoscenza dei principali requisiti costruttivi che le artiglierie e le loro munizioni debbono possedere per rispondere alle esigenze dell'impiego in guerra. Tale conoscenza costituisce lo scopo di questo articolo. |
Le ultime quattro specie si indicano complessivamente col termine: proietti a grande capacità. E' ovvio che la spoletta deve avere azione tanto più ritardata quanto più grande é lo spessore della protezione che si tratta di perforare; e tanto più istantanea invece quanto più sottili sono le pareti del proietto, il quale altrimenti si romperebbe prima di scoppiare. I proietti perforanti hanno spolette munite di apparecchio ritardatore (in genere cilindretti di polvere compressa) che si può inserire o no tra la capsula ed il detonatore a seconda che lo spessore da perforare sia grande o piccolo.12. - Le granate viste sinora hanno azione prevalentemente esplosiva vedremo ora altri tipi di proietti, ad azione proiettiva; essi si distinguono in shrapnel e granate a frattura prestabilita: Lo shrapnel moderno (fig. 10) é una specie di piccola arma da fuoco «cannone nel cannone» costituita da un bicchiere di acciaio a fondello alquanto spesso e pareti sottili contenente dall'indietro all'avanti: una carica di polvere nera, un diaframma mobile, molte pallette di piombo indurito o di ferro tenute insieme con colofonia o zolfo fuso, una spoletta a doppio effetto comunicante con la carica per mezzo di un tubo pieno di polverine compresso.
Quando la lunghezza di miccia predisposta col graduare la spoletta ha finito di bruciare (il tempo durante il quale la miccia brucia sino allo scoppio si dice durata di scoppio la fiamma della miccia stessa da fuoco al polverino compresso che accende la carica interna, allogata nella parte posteriore: la deflagrazione di questa ultima spinge avanti con forza diaframma, pallette e spoletta: le pallette si distribuiscono in un fascio conico, a cagione del movimento di rotazione del proietto che imprime ad esse, per inerzia, una certa forza centrifuga.Le pallette sono capaci di mettere fuori combattimento un uomo finché conservano una forza viva superiore agli 8 kgm.; per un cavallo occorrono almeno 16 kgm3.
Le pallette di piombo conservano, meglio che quelle di ferro, la loro velocità, che all'atto dello scoppio é pari a quella residua del proietto, aumentata dalla spinta impressa dalla carica interna dello «shrapnel»; sono però più costose; tutto il proietto è di non facile lavorazione.La granata a frattura prestabilita (fig. 11) è una specie di «shrapnel» con carica interna centrale, economico: è costituita da un bicchiere di acciaio contenente una pila di rosette (cd anelli) solcate da intagli radiali in modo da rompersi facilmente; nella cavità cilindrica, risultante dalla sovrapposizione dei fori centrali degli anelli o delle rosette, si dispone la carica di scoppio.
La spoletta usata con la granata a frattura prestabilita è a doppio effetto (artiglierie campali leggere) od a percussione (artiglieria di medio calibro) od a tempo (artiglierie contraerei).
13. - L'unione di uno«shrapnel» con una granata in un proietto unico o granatashrapnel (fig. 12) ha lo scopo di rendere facilmente controllabile il tiro e colpire le truppe avversarie sia ferme dietro parapetti sia in moto. Ma il nome di proietto unico spetterebbe ad un proietto che unisse in sé tanto l'azione distruttrice su bersagli resistenti quanto quella proiettiva di pallette o schegge entro bersagli animati. 14. - Dobbiamo infine menzionare i proietti speciali: quelli cioè il cui caricamento è costituito da aggressivo chimico (tossico, soffocante od irritante), da materia incendiaria, da sostanze fumogene od illuminanti. Una varietà di questi ultimi è costituita dai proietti traccianti i quali, a partire da una data distanza, lasciano dietro di sé una scia di fumo biancastro, visibile anche di notte per la sua luminosità.
15. - Esaminati così sommariamente i proietti e cioè gli ordigni che si tratta di far giungere al nemico, vediamo in qual modo si può lanciarli. La forza del braccio dell'uomo, sola (bomba a mano), od accresciuta da congegni semplicemente meccanici (fionda, arco, balestra, catapulta, lanciabombe a forza centrifuga); la caduta (bomba d'aereo); il ruzzolamento (barilotti esplosivi, batterie di sassi in montagna); l'autopropulsione (razzi, racchette, proietti semoventi, siluri subacquei) rispondono a casi particolari che per evidenti ragioni non si possono impiegare contro la quasi totalità dei bersagli terrestri.
Si é pensato anche allo sfruttamento della energia elettrica come forza propulsiva; ma anche questo procedimento deve limitarsi a casi particolari di installazioni fisse (difese costiere).
Il mezzo più diffuso e più comodo in guerra é dato dalla espansione rapidissima di una grande quantità di gas entro un tubo chiuso da una parte, mentre dall'altra può scorrere il proietto che si tratta di lanciare. La subitanea violenta espansione imprime a questo proietto un movimento di traslazione che dura sino a che, prevalendo a poco a poco il peso sulla forza viva restante, il proietto raggiunge la terra, sempre che la, spoletta, funzionando a tempo, od urtando contro un ramo d'albero, un aeroplano. ecc., non ne abbia provocato lo scoppio in aria.
16. - Il gas che si espande può essere costituito semplicemente da aria compressa o prodotto da un esplosivo. La prima è stata usata a scopo bellico soltanto con lanciabombe di gittata modesta. Molto più pratico è l'impiego di esplosivi di lancio (detti polveri), ossia di sostanze che sotto l'azione di una fiamma, o di una piccola esplosione d'innescamento, deflagrano e si convertono totalmente in gas. Questi, dilatandosi a cagione dell'altissima temperatura sviluppata nella reazione, producono sulle pareti dell'arma e sul fondo del proietto la pressione sufficiente per imprimere a quest'ultimo la velocità necessaria.
Le polveri sono miscele di corpi diversi che si combinano fra di loro, oppiare sono composti chimici ben definiti, che, sotto l'azione della esplosione di una piccola quantità, di fulminante, si scompongono in sostanze meno complesse, le quali poi si ricombinano fra di loro dando luogo a composti gassosi con sviluppo di molto calore, e quindi tendenti ad espandersi violentemente.
Le polveri moderne (balistite, solenite, cordite, nitro-cellulose), di polvere non hanno che il nome, essendo formate di fili, tubi, placche, piastrelle, anelli, ecc. Esse producono pochissimo fumo, così da rendere assai difficile lo scoprire da dove è partito il colpo. La vampa, assai visibile di notte, si può attenuare mescolando alla polvere talune sostanze (ad esempio sali di potassio) in piccole quantità (sali antibagliore).
La quantità di polvere usata per un colpo dicesi carica di lancio. È evidente che per una data arma, variando soltanto la quantità di polvere costituente la carica, si fanno giungere i colpi a distanze diverse, ossia si ottengono gittate diverse; i due limiti massimo e minimo di questa variabilità sono dati: l'uno dalla resistenza dell'arma, e l'altro dal fatto che, al disotto di una certa proporzione tra peso di carica e volume iniziale della camera entro cui avviene la deflagrazione, (densità di caricamento), questa si compie in modo irregolare e dà luogo a velocità e quindi a gittate diverse da colpo a colpo. Quella proporzione-limite si dice densità di caricamento minima.[img align=right]http://modellismo.lineaweb.net/modules/xgallery/cache/albums/vitozita/granata_012.jpg>17. - Con una data arma, con un dato suo proietto, con una determinata carica di lancio, il colpo va più o meno lontano, a seconda della inclinazione dell'arma rispetto all'orizzonte.
Su terreno pianeggiante e poco inclinato, un colpo a granata da 75/27 sparato con il cannone di 75/27, mod. 911, con carica di qualità e peso determinati e tenendo la bocca da fuoco inclinata di 15 gradi sopra all'orizzonte, giunge sino a 5000 metri circa di distanza; un altro colpo, sparato con proietto e carica identici ai precedenti, ma con una inclinazione di 21 gradi, va a finire a circa 6000 metri; un terzo colpo.. sparato con inclinazione di 32 gradi giunge a 7000 metri; un quarto, con inclinazione superiore ai 41 gradi, cadrebbe più vicino del terzo.
Esiste dunque una inclinazione, che per il cannone da 75/27 modello 911 è di 41 gradi circa, alla quale corrisponde la gittata massima ottenibile con un dato proietto ed una data carica. Inclinazioni maggiori o minori danno sempre gittate inferiori alla massima su terreno orizzontale.
Per contro, tenendo fissa l'inclinazione, e diminuendo la carica, si hanno gittate decrescenti; mentre con l'aumentare successivamente le cariche si ottengono gittate crescenti.
Entro certi limiti, un dato punto del terreno può essere raggiunto con una carica forte ed una inclinazione piccola, oppure con una carica più debole e con inclinazione, in compenso, maggiore della precedente.
In questo secondo caso, anche l'angolo sotto il quale il proietto giunge a terra è maggiore che nel primo caso; conviene usare dunque una carica piccola quando si tratti di colpire obiettivi orizzontali oppure truppe o materiali riparati dietro ostacoli; è da preferirsi una carica maggiore, quando si vogliano colpire bersagli verticali non defilati. Questa considerazione, congiunta a quella della maggior economia di polveri, e del minor logorio dell'arma ottenibili con cariche ridotte, inducono ad adottare non una sola ma diverse cariche per ogni bocca da fuoco. È condizione favorevole alla sicurezza e celerità di tiro la costituzione delle cariche mediante un elemento fondamentale (carica minima), cui si uniscono, eventualmente, uno o più elementi aggiuntivi, eguali fra loro, per formare le cariche maggiori (fig. 15).
Anche con una sola carica di lancio e su uno stesso punto del terreno si possono ottenere, quando la installazione dell'arma lo consenta, due diversi angoli di arrivo a terra del proietto; e ciò dando all'arma due diverse inclinazioni, una minore e l'altra maggiore di quella corrispondente alla gittata massima. Il cammino seguito dal proietto nell'aria (traiettoria) ha pertanto forma assai diversa nei due casi.
Con ciò, però, si dà luogo, per la traiettoria più curva, ad un maggiore percorso nell'aria, e quindi a più forti e più disparate deformazioni della traiettoria da colpo a colpo; il tiro risulta cioè maggiormente disperso, nonostante la esattezza e la uniformità del puntamento.
18. Le cariche di lancio sono contenute in sacchetti: nelle artiglierie di minor mole sono racchiuse inoltre in bossoli d'ottone (talora di rame o di alluminio) destinati ad assicurare la chiusura ermetica al momento dello sparo; e formano così un cartoccio-bossolo (fig. 15). Nelle maggiori artiglierie la chiusura ermetica è data invece da parti elastiche o plastiche facenti parte del congegno di otturazione della bocca da fuoco. come si vedrà in seguito. Quando s'impiega il bossolo, questo porta nel suo fondello un cannello (fig. 13), costituito essenzialmente da una capsula piena di fulminato di mercurio, e da una piccola carica di rinforzo, destinate a metter fuoco alla carica di lancio, quando un percussore appuntito colpisca la capsula. Se il bossolo non esiste si usa, invece del cannello, una cartuccia-innesco, od un cannello a frizione (fig. 14) od infine un cannello elettrico che si introducono direttamente nell'otturatore (parte che chiude posteriormente l'artiglieria). La prima funziona, come il cannello dei bossoli, per urto di un percussore. Nel secondo l'accensione è data dallo attrito di uno sfregatoio in forma di seghetta contro una miscela fulminante. Nel terzo un filamento reso incandescente dal passaggio della corrente elettrica, o, più raramente, una scintilla elettrica fatta scoccare fra due punte metalliche poco distanti fra di loro, danno fuoco ad una carichetta che con la sua fiammata va ad accendere la carica di lancio.Nelle artiglierie a tiro molto rapido, e facenti uso di una sola carica, i proietti vengono uniti al bossolo come nelle cartucce nelle armi portatili; l'insieme del colpo completo si chiama allora cartuccia o cartoccio-proietto (fig. 15).
19. - Senza entrare in questioni di balistica interna5, si accenna semplicemente al fatto che la forma delle polveri (fili, strisce, piastrelle, anelli, placche, ecc....) e le dimensioni dei loro elementi, influiscono in modo notevole sull'andamento del fenomeno di sviluppo dei gas. Ai nostri sensi sembra che dal momento dello scatto alla partenza del colpo non passi alcun tempo; eppure in quell'istante si svolgono, uno dopo l'altro: detonazione della capsula fulminante, accensione della carichetta di rinforzo, infiammazione di un punto della carica di lancio, propagazione della combustione nella massa di questa, sviluppo più o meno progressivo dei gas, i quali si espandono nello spazio disponibile crescente con l'avanzar del proietto (assumendo movimenti rapidissimi e vorticosi - tanto meno regolari quanto maggiore è lo spazio rispetto al peso della carica), e sospingono il proietto che, vinte le prime forti resistenze - di cui esamineremo in seguito la natura - inizia e prosegue accelerandola con ritmo sempre più vivo, la sua marcia. La velocità è massima quando il proietto giunge col fondello a pochi centimetri oltre la bocca dell'arma; più in là, essa diminuisce gradatamente a cagione della resistenza dell'aria.
20. - Prendiamo ora uno qualunque dei proietti da 75/13 e proviamo ad infilarlo dalla parte del fondello, nella bocca dell'obice da 75/13; constatiamo che la corona appoggia sull'orlo della bocca (vivo di volata) impedendo al proietto di entrare maggiormente, e che di più il diametro esterno della corona stessa supera alquanto il diametro della bocca da fuoco, misurata in corrispondenza del fondo di certe scanalature (righe) che danno al cavo anteriore del pezzo un profilo simile a quello di una ruota dentata. È evidente che il proietto dev'essere introdotto nel pezzo dalla parte opposta, con l'ogiva in avanti e che ad un certo punto la forza della mano non basterà per farlo avanzare perché anche di là la corona appoggerà contro i pieni delle righe. Ma lo sforzo, che la nostra mano non riesce a compiere, sarà certo compiuto dalla pressione dei gas, col risultato di forzare le corone entro le righe intagliandole a forma di ruota dentata e trafilandole alquanto sia in corrispondenza dei vuoti, sia in corrispondenza dei pieni. Si concepisce così come i gas non possano sfuggire sul dinanzi del proietto; si è cioè praticamente soppresso il vento che esisteva sempre tra le pareti dell'arma ed il proietto quando, come all'inizio del secolo scorso, le armi da fuoco erano lisce internamente, ed i proietti non avevano corone. Si spiega inoltre il motivo per cui le corone sono fatte di metallo dolce e duttile (rame).
Uno sguardo all'interno dell'anima ci spiega lo scopo principale della rigatura: le righe sono inclinate a forma di spirale (fig. 16) e la loro inclinazione fa sì che ognuno dei dentini formatisi nella corona, appena il proietto avanza, strisci contro uno dei fianchi della riga corrispondente (fianco di sparo), spostandosi nel senso della inclinazione stessa e trascinando tutto il proietto in un moto rotatorio attorno al proprio asse. Il proietto quindi, per un fenomeno analogo a quello che si riscontra nel giroscopio e nella trottola, si mantiene sulla traiettoria con l'ogiva in avanti.
La rigatura si dice destrorsa (od a passo destro) ovvero sinistrorsa (od a passo sinistro) a seconda che le righe imprimono al proietto che avanza una rotazione di senso uguale o contrario a quello delle lancette dell'orologio, rispetto a chi resta vicino all'arma dalla quale il proietto stesso è uscito.
E' ovvio che il rame della corona si logori strisciando così sul fianco di sparo, assottigliando il dente e creando un vuoto tra l'altro fianco e il dente stesso; tendono così a prodursi sfuggite di gas, alle quali si pone un ostacolo aumentando la larghezza od il numero delle corone (i gas in genere rifuggono dal cacciarsi entro canali sottili e tortuosi) od aggiungendo, dietro ad esse, una fascia di amianto, od infine dando alle corone un profilo a scanalature circolari che vengono riempite di grasso (fig. 17).
22. - Data la forma allungata del proietto, e la sia pur lieve differenza fra il diametro del suo corpo cilindrico ed il diametro misurato etra i pieni delle righe dell'artiglieria, occorre sostenere il proietto nella parte anteriore, in modo che l'asse di esso coincida con l'asse della bocca da fuoco; servono a tale scopo corone anteriori pure di rame, dette corone di isolamento o di centramento diametro minore di quelle posteriori, che si dicono invece corone di forzamento (fig. 9).
Nei proietti moderni, usati da bocche (la fuoco di acciaio molto resistente, si preferisce sostituire la corona di centramento con una fascia di centramento (fig. 17), specie di rigonfiamento del proietto, tornito con particolare accuratezza, ossia con limiti di tolleranza molto bassi.
23. - Abbiamo parlato più volte dei diametri di alcune parti del proietto e della bocca da fuoco; a quali di questi diametri corrisponde il così detto calibro della artiglieria e dei suoi proietti? E' il calibro della artiglieria e quindi dei suoi proietti, il diametro misurato fra due pieni opposti della rigatura; una volta si esprimeva in centimetri arrotondati per approssimazione; ora si esprime in millimetri, pure arrotondati per approssimazione; ad esempio l'obice da 149/12 modello 1914 ha, esattamente, il calibro di millimetri 149,1. Il numero scritto sotto il segno di frazione indica la lunghezza dell'anima del pezzo espressa in calibri, ciò che dà una idea della possibilità d'impiego, con ciascuna artiglieria, di cariche molto ridotte - poiché, in bocche da fuoco molto lunghe, cariche molto piccole darebbero luogo a seri inconvenienti in seguito ai movimenti vorticosi dei gas, o all'esaurimento della loro forza espansiva nel vincere le resistenze che si oppongono al moto del proietto nell'anima. Si conviene di chiamare mortai le artiglierie più corte in proporzione al calibro e cannoni le bocche da fuoco più lunghe; obici quelle di lunghezza intermedia.
In Italia i limiti per le tre specie sono di 12 e di 17 calibri:
Così: mortaio da 305/8; obice da 75/13; cannone da 75/27.
Evidentemente le artiglierie capaci di lanciare i loro proietti con le velocità iniziali più elevate sono i cannoni; quelle capaci di dare le più piccole velocità iniziali sono i mortai,; queste ultime sono le più convenienti per eseguire tiri molto arcuati a distanze relativamente piccole, perché la velocità iniziale (misurata alla bocca dell'artiglieria) è un elemento che costa molto caro (consumo di polveri; forti spessori, metalli speciali, costruzioni complesse per le artiglierie, per i proietti, per le spolette...) e si perde poi rapidamente nell'aria; è dannoso quindi ch'essa ecceda di molto il valore sufficiente per dare i risultati voluti caso per caso, e cioè o grande tensione della traiettoria (bersagli verticali in terreno scoperto), o grande componente verticale della forza viva del proietto all'arrivo (bersagli orizzontali resistenti) od infine inclinazione della traiettoria, all'arrivo, sufficiente per colpire un bersaglio nascosto dietro un alto riparo.
I supercannoni del tipo di quelli che hanno bombardato Parigi nel 1918 hanno lunghezza attorno ai 150 calibri, velocità iniziali comprese fra 1000 a 1500 metri per secondo; gittate da 100 a 120 chilometri.
L'altezza massima raggiunta dai loro proietti è di parecchie decine di chilometri, di modo che parte della traiettoria si svolge in zone ove la densità dell'aria è minima, ciò che favorisce il raggiungimento di così grandi distanze.
24. - Per ottenere le velocità iniziali odierne - di parecchie centinaia di metri al secondo - occorrono bocche da fuoco molto resistenti; questa resistenza si può aumentare sino ad un certo limite ingrossando le pareti dell'artiglieria; ma oltre a quel limite l'aumento di peso che ne deriva, mentre rende estremamente difficile lo spostamento ed il maneggio delle artiglierie stesse, non ne accresce sensibilmente la resistenza.
Molto migliore risultato si ottiene cerchiando le artiglierie, ossia costruendole con un tubo interno (tubo anima) sul quale sono infilati a caldo cerchi o manicotti esterni che raffreddandosi restano forzati in modo da esercitare una compressione sul tubo interno (fig. 18).
Talora, invece di un tal procedimento, si è seguito quello di preparare la bocca da fuoco, senza rigatura, con diametro interno inferiore a quello definitivo e quindi dilatarla con spine tronco-coniche, o meglio con pressione idraulica (autoforzamento, fig. 19). Gli strati interni del metallo restano così compressi ed induriti, mentre quelli esterni, dilatati ma tendenti a ritornare ancora alle dimensioni primitive, fanno da cerchiatura forzata rispetto a quelli.
Un terzo procedimento, usato per alcune grosse artiglierie, è l'avvolgimento del tubo interno con fili o nastri d'acciaio molto elastico e resistente, tesi in modo da esercitare una compressione permanente sul tubo e sugli strati di filo sottostanti (cerchiatura a nastro). Una camicia esterna tiene insieme il tubo e ripara il filo, od il nastro, da rotture. Infine in talune artiglierie moderne il tubo interno, sottile, è messo a scorrimento dolce, in modo da potere essere sostituito facilmente; al momento dello sparo si dilata prendendo appoggio sul tubo esterno, spesso e resistente (forzamento iniziale negativo).